DI ALBERTO GROMETTO
Quando si dice che la Vita, il Mondo, l’Esistenza siano un unico grande flusso che scorre e che va e che viene, che fa, crea, sorge ma anche disfa, distrugge e tramonta, spesso si pensa che questa sia solo una “cazzata New Age”. Ma a dire il vero pure chi pensa ciò fa parte di questo flusso più grande di Noi e che al tempo stesso è Noi. Ognuno ne viene sovrastato, eppure ognuno lo compone.
Il ciclo della Vita, Madre Natura, l’Eterno Divenire: tutti questi saranno oramai noti e arcinoti luoghi comuni, ma non per questo sono meno veri. Panta rei (πάντα ῥεῖ) declamava già nel VI secolo a. C. il filosofo greco antico efesino Eraclito. Significa: Tutto scorre. Ciò che ci circonda e ciò che è dentro di Noi. Il bello e il brutto, il Vivere e il Morire, il luminoso e l’oscuro. Io, tu, Noi. È lo Scorrere dell’Esistenza. E tutti quanti, che ci piaccia o meno, ne facciamo parte. E se la cosa, in parte, può rattristare o preoccupare… d’altro canto è, in qualche modo e misura, pure molto rassicurante. E soprattutto: inspiegabilmente meraviglioso, al punto da non necessitare di parole, ché giammai ne racchiuderebbero l’inesprimibile significato.
Ecco, è proprio un film che lascia senza parole quello sul quale spenderemo qualche parola a questo giro. Non solo: ma è un film “senza parola”. Esatto, le parole non ci sono, manco mezza lettera, nemmeno l’ombra… ma questo non significa che non parli. Parla, parla tantissimo, come un fiume in piena che straripa, scorre e porta tutto via. Come la Vita, che corre via dilagante e spazzando tutto quanto, quello stesso “tutto quanto” di cui ognuno di Noi fa parte, che “vive” grazie ad ognuno di Noi e che ognuno di Noi “fa vivere”.

Protagonista un micetto, di quelli teneri con due luminosi occhioni dolci e che emettono amabili versetti, ma pure di quelli con una pellaccia dura a morire, neri nel manto ma pure con una sfortuna nera da caricarsi sul groppone, capaci di resistere ai colpi della vita. Un tipo solitario insomma, che non ha bisogno di nessuno. Sì, okay, però il fatto è che non è una solitudine scelta o voluta. Magari, avesse potuto scegliere, non sarebbe stato solo. Ma così è, e non ci può far niente. E, in fondo, di chi ha bisogno lui? Solo perché tutto quanto è un flusso, non significa che non possa esserci un rivolo d’acqua staccato e separato dal resto, o no? Eh no, quel micetto non ha proprio bisogno di nessuno. Mai avuto, e mai ne avrà.
Non ha bisogno di nessuno nel momento in cui fa ritorno a casa, bella, arredata… ma nemmeno l’ombra di un umano per tutto il film, figuriamoci di un padrone! Non ha bisogno di nessuno quando fa il suo incontro con un gruppo di cagnoloni che… non sono cattivi… ma decisamente un filo irruenti ed eccessivamente giocherelloni! Non ha bisogno di nessuno nemmeno nel momento in cui il suo angolo di mondo viene travolto e stravolto dal flusso, quello delle acque (su tutto il Pianeta? Chi può dirlo!) che straripando inondano ogni cosa sullo stile del Diluvio Universale… ah no, fermi tutti, aspettate un momento! Forse lì in effetti… forse lì in effetti come può cavarsela da solo con tutte le condizioni peggiori possibili a suo sfavore, compreso l’arrivo prepotente e violento e distruttivo del più storico e peggiore nemico di tutti i gatti: L’ACQUA!??!
Forse che il suo Destino, dopo un’esistenza passata “da solo” fosse pure morire “da solo”? E invece no, questo no! Perché a quanto pare non è il nostro Destino a decidere il nostro Destino, ma solo Noi possiamo. Noi, che non siamo solo Noi, questo è certo! Ma in quel “Noi” vi è contenuto il Mondo e i suoi abitanti, e tutte le Grandi Forze della Natura Onnipotente che ci portano dinanzi ad occasioni, scenari e soprattutto entità, anime, flussi che sono come Noi… e poi sta al singolo decidere se stare dentro quel “Noi” oppure no.

Quando il Mondo gli crolla addosso a suon di acqua, quel micetto non molla, sceglie di non venirne sommerso, e così si ritrova come per caso (o perché è stato il flusso a portarlo lì?) su una sorta di scialuppa di salvataggio. E su quella scialuppa troverà… “gli altri”.
E chi sono questi altri? Un capibara professionista in pisolini sonnecchianti che non vuole fare altro che una e una cosa sola, dormire! Un lemure che soffre di un evidente disturbo ossessivo compulsivo, perché nel momento in cui trova un oggetto (un qualsiasi oggetto, di norma di produzione umana) se lo tiene ben stretto, e vuole conservare ogni piccolo souvenir e microscopica fetenzia che riesce a grattar via, alla stregua di un folle e scriteriato collezionista di paccottaglia, sua unica ragione di vita. Ritroverà pure uno di quei cagnoni, un labrador troppo tenerone!, che è assoluta e piena incarnazione di quell’allegria giocherellona e spassosissima che ti investe come un treno, ma di cui al tempo stesso non puoi più fare a meno. E ci sarà pure un uccello rapace, che ha voluto salvare quel gattino anche a costo di ferirsi un’ala, e che in qualche stramba maniera inspiegabile ha un che di più grande, di più profondo, di più meraviglioso… di qualsiasi cosa quel micetto abbia mai visto.

Ma come? Ma davvero? Ma siamo sicuri? Se vuole vivere ancora, si dovrà sopportare tutta ’sta gente qua? Ma povero micetto, tanto valeva morire piuttosto, no? Altrimenti è l’esaurimento nervoso! Eppure, forse forse, alla fin fine… non è mica male quel tipo di esaurimento nervoso, no? Certo, non sarà sempre facile: si litigherà, si discuterà, ci si accapiglierà. Per forza!, quando quel labrador linguacciuto continua a volerti leccare tutto quanto e saltella come una furia scatenata, o ancora quando a quel maledetto pazzoide di un lemure cade un oggetto in acqua e quello sembra voler a momenti capottare la barca per poter recuperare quanto ha perduto. Che gentaglia insopportabile!
Eppure, quando sarai in difficoltà e avrai bisogno di aiuto, ecco che loro ci saranno. Quando non saprai che fare e ti verrà (letteralmente!) a mancare la terra sotto i piedi, loro ci saranno. E infine, quando attorno a te tutto si farà buio e ti sentirai come affogare, ecco che una zampetta pelosa verrà in tuo soccorso… e loro saranno lì. Sì, della gentaglia davvero insopportabile… e che amerai “non sopportare” ogni giorno, tutti i giorni. Purché rimangano accanto a Te. Tu parte di loro e loro parte di Te, tutti nello stesso, grande, immenso, sovrastante flusso. E che sa essere un flusso infinitamente più potente di qualsiasi inondazione possibile.
Primissima produzione lettone della Storia a venir candidata al Premio Oscar come Miglior Film Internazionale 2025, strafavorita nella categoria dedicata alle migliori pellicole d’animazione, presentata in anteprima mondiale assoluta alla 77esima edizione del Festival di Cannes. La storia non sarà particolarmente originale: tante volte abbiamo visto pellicole in cui la sublime bellezza di Madre Natura veniva omaggiata ed elogiata e ritratta, e tante volte abbiamo sentito racconti di animali diversi che però mettevano da parte le loro divergenze e univano le forze, tra differenze e similitudini, onde poter creare un gruppo capace di sopravvivere, vincere e, soprattutto, stare insieme. Ma le eccezionali animazioni a dir poco straordinarie e sorprendenti, le emozioni in grado di suscitarti e alcune scelte coraggiose la rendono un’opera memorabile e diversa da qualsiasi altra.

Dell’Umano, eccezion fatta per gli oggetti che fanno capolino lungo il percorso, non c’è traccia. Soprattutto, manca quella cosa che forse più d’ogni altra distingue nell’immediato l’uomo da qualsiasi altro animale: la parola. Nessun animale che dice “Che succede, amico?” oppure “Questo è tutto, gente!”. No, in questo film gli animali fanno come fanno nella vita vera: miagolano, abbaiano, emettono versetti e gridolini… ma non parlano, né fanno cose come costruire case oppure scrivere… no, son animali che fanno gli animali! Eppure non c’è bisogno di parole, per essere esseri umani. L’Umanità non è appannaggio esclusivo dell’Umano. E anche in un gruppo di animali animaleschi che non sanno nemmeno cosa significhi dialogare, si può scorgere Vera Umanità, quando ci si riferisce ad essa come la capacità autentica e assoluta e profonda di provare sentimenti, sentirseli dentro di sé e poi volerli semplicemente esprimere. Perché quegli animali sono veri umani molto più di quanto non lo sia la stragrande maggioranza degli umani cosiddetti “reali”, e sanno comunicare pure meglio di loro! Quel gattino non ha bisogno della parola per dire a quelli che son diventati i suoi amici, la sua famiglia, il suo branco… chiamateli come volete, tanto le parole in quel mondo non esistono!… per dire a loro che gli vuole bene.
Senza parole, dicevamo. Ma con tanto da dire.

