DI PIETRO BERRUTO
Con l’uscita prossima di Venom: The Last Dance giunge l’occasione perfetta per parlare di uno dei simbionti, ma per variare rispetto al film, ne ho scelto uno dei pochi che non sarà presente nella pellicola, Red Goblin di Alex Paknadel.
Red Goblin, per chi non lo sapesse, è l’identità segreta di Norman Osborn II (che per praticità chiameremo Normie), ragazzino di circa dieci anni, recentemente dotato del proprio personalissimo simbionte, Rascal, e figlio di Harry Osborn, morto da tempo. Il deuteragonista della storia è Norman Osborn I, nonno del protagonista, precedentemente Green Goblin, ora desideroso di redenzione per le sue azioni passate. Ad affrontare i due, c’è Goblin King, un uomo di nome Phil Urich, ex seguace di Osborn senior, redivivo, desideroso di vendetta e affiancato dalla Goblin Nation, gang di fanatici idolatranti Green Goblin. Come si può immaginare, l’albo affronta principalmente il tema dell’eredità: sia Norman che Normie faticano a definire la loro identità in relazione al passato. Normie, preadolescente ribelle cresciuto negli agi, si vergogna dell’identità criminale del nonno e del passato doloroso del padre, tossicodipendente e anch’esso supercriminale. L’essere affiancato a Rascal, che è stato creato sinteticamente dal simbionte Carnage, un altro pericoloso assassino, fa risuonare in entrambi il tema della discendenza problematica, ma al tempo stesso contribuisce a creare un rapporto affiatato tra i due, simile a quello che c’è tra un cane e il suo padrone. Norman, ora “buono”, desidera distanziare sé stesso dal Green Goblin e perciò è contrario alla presenza di Rascal nella vita di suo nipote, temendo che lo possa portare ad un percorso simile al proprio o a quello di Harry. L’idea di Norman che le persone non possano cambiare sebbene lui stesso sia in un certo senso cambiato è la differenza, la vera differenza tra i percorsi dei due Osborn: Norman non è disposto, che sia per un senso di iperprotettività nei confronti di suo nipote o perché lui stesso non riesce a perdonarsi da solo, a perdonare gli altri, in dissonante contrasto con Normie di idee più ottimistiche. Inoltre, l’idea stessa di resuscitare il defunto Phil Urich come nuovo Goblin King è una scelta illuminata da parte di Paknadel, poiché egli metaforicamente incarna i peccati degli Osborn che risorgono dalla tomba per venire a vendicarsi. La domanda, perciò, che Paknadel si pone è: “Le colpe dei padri dovrebbero ricadere sui figli?” visto che è Normie che deve “risolvere” i problemi di Norman. Ad una domanda complicata la risposta sembra essere allo stesso modo articolata e, secondo gli eventi dell’opera, è la seguente: “No, i figli non dovrebbero risolvere i problemi dei genitori, ma lo fanno lo stesso perché i genitori stessi non sono riusciti a risolverli”. Così si esprime il tema del trauma generazionale e delle responsabilità purtroppo passate da una discendenza all’altra.
Red Goblin tocca anche il problema dell’educazione dei giovani utilizzando il simbionte come metafora e non è nemmeno la prima volta che ciò accade, visto che il tema era stato accennato nella run di Venom scritta da Rick Remender prima e da Cullen Bunn poi, in cui Venom sviluppa un lato più eroico essendo ora legato all’eroe di guerra Flash Thompson. La missione di Normie è dimostrare a suo nonno che il simbionte non è cattivo nel profondo perché può essere educato nel diventare uno strumento per il bene, similmente a come i cani possono essere educati nell’essere feroci o docili. Il cambiamento di Rascal, da bestia ad amico del ragazzino, si specchia nell’arco narrativo di Normie e Norman: entrambi vogliono dimostrare di essere migliori di ciò che gli Osborn erano in passato. Nonno e nipote vogliono essere eroi nonostante la loro genetica sembri dire il contrario. Importante è perciò per Normie l’incontro con Dylan Brock, figlio di Eddie Brock e attuale ospite di Venom, il quale affronta gli stessi problemi del giovane Osborn, avendo ricevuto da suo padre il simbionte nero. Dylan, eroe, funge da esempio positivo per Normie che quindi comprende ancora di più che i simbionti (e le persone di conseguenza) possono essere buone nonostante tutto e perciò possono fare del bene. Tutto ciò viene fatto notare anche con il titolo della seconda raccolta del volume, chiamata intelligentemente Natura/Cultura.
I primi sette numeri sono disegnati dalla talentuosa artista Jan Bazaldua, che riesce ad alternare molto bene gli aspetti grotteschi dei simbionti e dei goblin e l’innocenza e l’infantilità del personaggio protagonista. A Bazaldua viene particolarmente bene la fluidità sanguigna di Rascal, che risulta particolarmente schifoso (è una cosa buona, tranquilli) all’interno del volume. All’ottavo numero, Bazaldua viene sostituita da Chris Campana, che ha uno stile meno elegante e più asimmetrico, risultando un peggioramento generale dell’opera nell’ambito artistico.
Red Goblin di Paknadel è apparentemente un libro con un cattivone protagonista, ma è in realtà una storia dolce ed ottimista sulle famiglie e sulla speranza nelle nuove generazioni. I simbionti si sono rivelati un ambiente molto popolare fra i fumetti Marvel e il fatto che siamo giunti ad un terzo film con protagonista Venom ne è la prova.
A proposito del film di Venom…
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