DI ELODIE VUILLERMIN
Quella che state per leggere è una storia fantaecologica avvenuta in un futuro prossimo in una metropoli che per comodità è stata chiamata Milano.
Ma tutto il mondo è paese, perciò potrebbe trattarsi anche di Parigi, di Londra, di New York o di Brasilia.
Dopotutto i suoi personaggi sono inventati.
Quindi non se la devono prendere il sindaco, le autorità, i giornalisti, le contesse e le forze dell’ordine e della cultura milanesi se pensano che in una circostanza del genere loro si sarebbero comportati in modo diverso.
Alla fine scoprirete che vicende come quella di Clorofilla dovrebbero capitare più spesso, e dappertutto, coi tempi che corrono.
Dopo una simile premessa, credo sia difficile non essere interessati a leggere il libro e a scoprire come va a finire.
Il tutto comincia durante la notte di San Lorenzo. Sotto un cielo di stelle cadenti, in una metropoli dove lo smog la fa da padrone e le piante stanno morendo, si uniscono i destini di più personaggi: due fratellini che bussano alla porta sbagliata, un botanico scontroso e solitario, una portinaia dal carattere deciso, una bambina silenziosa e responsabile, e infine una piccola aliena per metà vegetale e per metà umanoide.
I personaggi sono caratterizzati nel modo unico e peculiare tipico della Pitzorno: sembrano strambi, ma sono molto più profondi di quello che sembra. Tra i miei preferiti c’è il professor Erasmus, uno stimato botanico e socio onorario di un movimento il cui nome è tutto un programma: Lega dei nemici dei bambini, cani, gatti e animali affini. Tale Lega è un gruppo di adulti scontrosi, arcigni e chiusi di mente che odiano tutto ciò che corre, ride, sporca, mette in disordine e fa rumore. Dei personaggi così antipatici che ti viene da chiedere se odiano pure l’aria che respirano.

Erasmus ha dedicato tutta la sua vita alle piante perché sono silenziose, tranquille, non comportano troppe attenzioni e non ti rendono la vita difficile. Sostiene, senza vergogna alcuna, che esse sono meglio di qualsiasi bambino o animale domestico. Si azzarda a parlare in questo modo come un qualsiasi professorino esperto rompiballe, ma (e qui sta l’ironia del personaggio) ha avuto un’esperienza minima oppure nulla con bambini e animali. È come se io, da un giorno all’altro, mi dichiarassi massima esperta in musica jazz e mi mettessi a criticare chi non la sa suonare bene, pur non avendo mai preso in mano un sassofono. Eppure, nonostante questa grande contraddizione nel suo carattere, Erasmus è un uomo di buon cuore.
Altro personaggio che ho amato alla follia è la signora Cesira, la portinaia di Erasmus, una donna forte, ragionevole e coscienziosa. La sua determinazione è senza pari e non esiste persona che la metta in difficoltà o le imponga regole, anzi, semmai è lei a intimidire gli altri e crearsi le sue regole. Nemmeno le forze dell’ordine o lo stesso professor Erasmus la mettono in soggezione. Se con gli ottusi o i malintenzionati è una leonessa feroce, con i bambini o le persone in difficoltà diventa subito una mamma chioccia. Non a caso prende subito in simpatia Michele e Francesca, oltre a essere un’ottima madre per la sua bambina, Lorenza, che ha insistito per tenere con sé sfidando l’autorità del professor Erasmus.
Molto apprezzati anche i tre protagonisti bambini. Lorenza, in quanto figlia di una portinaia, ha imparato presto che bisogna avere occhi e orecchie sempre in allerta e analizzare bene i discorsi e le intenzioni di tutti, se vuoi evitare che scoprano i tuoi segreti. Vorrebbe avere amici della sua età, che a causa delle regole assurde di Erasmus non ha mai avuto, e sente la mancanza di una figura paterna nella vita. Michele, in quanto fratello maggiore, sa che deve occuparsi in tutto e per tutto della sorellina Francesca; quest’ultima, dal canto suo, vorrebbe essere più indipendente ed è stufa che i grandi le dicano sempre cosa deve o non deve fare.
I destini di tutti loro ruotano attorno a Clorofilla, giovane aliena proveniente da un mondo dove tutti sono per metà vegetali e le piante sono esseri senzienti che parlano e camminano. L’atmosfera inquinata della metropoli rischia di ucciderla, perciò Erasmus la tiene sotto osservazione nel suo laboratorio, prendendosene cura come se fosse una delle sue amate piante e tenendola lontana da qualsiasi malintenzionato, fino a che il padre dell’aliena non tornerà a riprendersela.
Ognuno ha un’evoluzione. Il doversi prendere cura di Clorofilla e la necessità di superare una crisi comune rinsalda i legami tra i vari personaggi. Erasmus si affeziona ai bambini finiti per errore sotto il suo tetto e impara a trattare Clorofilla quasi come una figlia, al punto che arriva a difenderla da gente che vorrebbe vivisezionarla in nome della scienza. Lorenza, che odiava il botanico, impara a considerarlo un amico, addirittura un padre. Perfino i membri della Lega scoprono che bambini e animali non sono così pessimi come li hanno sempre dipinti.

Il romanzo comincia come una commedia degli equivoci. Michele e Francesca sbagliano indirizzo senza accorgersene e finiscono per credere che Erasmus sia davvero loro zio, stupendosi di trovarlo così diverso da come la loro mamma lo aveva descritto. Cesira è convintissima che il professore abbia due nipoti e lo rimprovera perché convinta che lui glieli abbia tenuti nascosti di proposito per tutto quel tempo. Erasmus, dal canto suo, dubita di sé stesso e finisce per credere alla versione dei fatti di Cesira; dopotutto, smemorato com’è, potrebbe davvero averli sempre avuti, quei nipoti, ed essersene dimenticato per un motivo o per un altro. Mentre si realizza questo fraintendimento, alla trama si uniscono la componente del romanzo di formazione e quella fantascientifica, poiché l’arrivo di Clorofilla in casa implica che i protagonisti debbano prendersi cura di lei e mantenere segreta la sua esistenza.
Se ne inventeranno di ogni pur di depistare i giornalisti, i direttori di museo e gli altri adulti impiccioni della metropoli. Ma ci si mettono anche i bambini che, con la loro ingenuità, finiscono per creare nuovi casini per sé stessi e per i grandi. Senza contare quelli che romanzano le notizie e gonfiano in modo esagerato un palese errore, così che la verità non venga mai scoperta. La storia è un sovraccarico continuo di verità nascoste ed equivoci che si trascinano dietro problemi sempre più grandi, come un’onda anomala che travolge tutto al suo passaggio, fino al momento finale in cui la metropoli si trasforma in una giungla (nel senso letterale del termine), ogni inimicizia crolla, due famiglie si riuniscono e tutto assume un tono fiabesco. Tra foreste che spuntano sul tetto di un palazzo, battaglie sul pianerottolo tra una portinaia e un gruppo di acide zitelle e uomini idioti (dove la portinaia è la vincitrice assoluta), bambini che fuggono correndo sui tetti, salvataggi non necessari da parte dei pompieri, navicelle spaziali che piombano in città, animali che invadono le strade e sospetti rapimenti di minori, di bizzarrie ne capitano in continuazione e non ci si annoia mai con la lettura.
I libri della Pitzorno non sono mai soltanto per bambini, e questa storia lo dimostra pienamente. L’autrice ci fa ridere dell’assurdo dietro a certi modi di pensare, dei comportamenti molto sopra le righe (quasi da cartone animato) a cui certi personaggi si lasciano andare, eppure ci fa anche riflettere su quali siano i modi di agire da seguire per migliorare il mondo e quali quelli da evitare a qualunque costo. Il tutto tramite il suo stile ironico e intelligente.
A finire sotto i riflettori sono, molto spesso, i difetti degli adulti. Sono burberi, impiccioni, non conoscono la buona educazione e molti non sono nemmeno bravi genitori. Criticano e giudicano qualcuno o qualcosa senza prendersi neanche la briga di conoscerlo, o basandosi su piccole valutazioni superficiali; un vizio che purtroppo hanno in molti al giorno d’oggi. Non solo, hanno anche la presunzione di essere importanti e di imporre le proprie regole e convinzioni agli altri. Sfruttano i problemi altrui per lucrarci sopra o accrescere la propria fama. Per fortuna esistono eccezioni come la signora Cesira.
Gli adulti della Lega sono i peggiori. Perdono tempo dietro problemi minuscoli come i bambini che ridono troppo forte o i cani che fanno pipì sul tappeto, quando il vero problema è là fuori, davanti ai loro occhi: che la natura sta morendo e l’inquinamento è sempre più minaccioso. Perché mai un fanciullo che ride andrebbe visto come qualcosa di negativo? La risata, nella loro ottica, è un rumore fastidioso, ma in realtà è una manifestazione di felicità. Se ai bambini togli la possibilità di ridere, li privi della loro gioia e spontaneità, non li aiuti a crescere come persone normali. E se mentre gioca rompe un vaso o sporca in giro? Ok, può capitare, ma è normale quando si è piccoli. Basta dire loro, gentilmente, di stare più attenti la prossima volta, anziché togliere loro la possibilità di giocare, di esprimersi, insomma di essere bambini.
Gli adulti della Lega, poi, basano le loro argomentazioni su prove poco credibili, sciocchi luoghi comuni o altre informazioni sapute per sentito dire. Non saprebbero nemmeno riconoscere il loro nemico se lo vedessero in faccia, perché nel tempo scordano perfino che aspetto aveva l’oggetto del loro odio. Per loro contano molto più la reputazione personale, i propri interessi, il modo in cui gli altri li vedono.
Quando l’esperto di turno (che alla fine non è esperto per niente sull’argomento trattato) si mette a sparare idiozie, nessuno ha testa per contestarlo, anzi, tutti gli vanno dietro come capre. Addirittura lo applaudono, si commuovono, cercano di conservare parti del suo sudore o rimediare un bacio da lui come le fan scatenate di una qualsiasi boy band.
E i bambini? Come gli adulti, anche loro commettono errori, certo, ma lo fanno in buona fede. Proprio in quanto piccoli, non hanno la piena consapevolezza delle proprie azioni. I loro sbagli, in questa storia, diventano più che altro delle nuove occasioni, delle opportunità per migliorarsi, addirittura salvano delle vite.
Tramite una narrazione onnisciente, grazie alla quale abbiamo in anticipo un assaggio delle cose interessanti che succederanno, il libro riesce a unire con sapienza diversi registri, dal comico al serio, dal tenero al malinconico.


Non solo, la Pitzorno mette in luce problemi attualissimi: ci insegna l’importanza di creare il giusto equilibrio tra spazio urbano e vegetale, di trattare la natura come una preziosa compagna con cui collaborare anziché una misera risorsa da sfruttare, di non sottovalutare l’importanza del verde nella nostra vita. Dopotutto è grazie alle piante se i gas nocivi diventano aria pulita e respirabile, oltre a prevenire l’inquinamento delle acque, a garantire una migliore termoregolazione dell’ambiente o a evitare il rischio di desertificazione. Perciò d’ora in poi tenete conto che ogni foresta abbattuta per fare spazio a fabbriche, ogni filo d’erba che seppellite e soffocate nel cemento, ogni centimetro quadrato che appartiene di diritto a Madre Natura e viene convertito in suolo urbano senza un minimo di coscienza, è un crimine compiuto anche contro noi stessi. Tecnologia moderna e natura possono coesistere, basta volerlo e impegnarsi perché nessuno dei due prevalga sull’altro.


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