DI GIOSUE’ TEDESCHI
Se il mondo stesse per finire, come te la passeresti? Andresti in giro senza vestiti? Faresti finalmente quel corso di paracadutismo che immagini da sempre? O magari troveresti del tempo per la tua famiglia, i tuoi affetti, quelle persone che nella frenetica routine giornaliera non trovano posto pur essendo importanti? Oppure, come Carol, non faresti niente di tutto ciò? Continueresti con la tua vita normale; casa, lavoro, i figli a scuola, pilates il sabato e club del libro la domenica?
La fine del mondo in Carol e la fine del mondo è come ce la immaginiamo un po’ tutti: un pianeta qualunque da qualche parte dell’universo entra nell’orbita della terra e in poco tempo si schianterà sopra e allora ogni forma di vita dirà addio. Eccetto gli orsetti d’acqua probabilmente, quelli sono il backup dell’universo e non saranno mai cancellati. Magari invece ti immagini la fine del mondo in conseguenza di una qualche stupidissima guerra nucleare o altre scelte opinabili da parte di chi può maneggiare il potere distruttivo delle armi; nel caso di Carol non va così.
La fine della terra, per Carol, è stata molto più pacifica della fine per guerra nucleare. Questo pianeta sconosciuto e bellissimo, chiamato Kepler, pieno di onde azzurre e vortici di chissà cosa sulla superficie un certo giorno compare nel cielo con la chiara intenzione di darci un abbraccio. La NASA prova a fare i suoi calcoli, alcuni fondano sette per i telegiornali allarmisti, altri fondano sette perché hanno sempre voluto farlo, qualcuno prova a pensare a una soluzione e le migliori menti del mondo si ingegnano per salvare l’umanità, ma niente. Non c’è niente da fare: a tutti noi restano poco più di sette mesi di tempo prima di sparire per sempre.

La fine del mondo è un bel periodo in realtà. Un periodo, quello prima dello schianto, in cui tutte le cose futili e le sovrastrutture della società e le nostre paranoie e paure possono esser messe da parte. Tanto che valore hanno più? Nessuno continuerebbe a lavorare fino all’ultimo giorno della Terra, per chi dovrebbe farlo? I soldi non hanno più valore, mi prendo quello che voglio e basta. Tanto anche se ti pago, che te ne fai? Nessuno crede più nei soldi. Nessuno crede più nei pochi semafori funzionanti, nessuno crede più nelle corporazioni o nel “non ho abbastanza tempo“. Ogni aspetto viene relativizzato rispetto alla fine del mondo imminente che ci riporta e ci ancora nella nostra natura umana. Perché dovrei usare questi sette mesi che restano in un qualunque modo che non mi faccia piacere?
Per Carol la fine del mondo è un incubo. Un periodo, quello prima dello schianto, in cui tutta la sua routine crolla in pezzi senza che lei possa farci niente e si ritrova abbandonata a sé stessa, alle sue paure e alle sue paranoie. Ora come le può combattere? Tutti intorno a lei stanno “vivendo La Vita“, facendo quel viaggio, inviando quel messaggio, scalando quella montagna, e lei si sente lasciata indietro. Continua a pagare le rate della carta di credito scaduta, ma poi le scrive il direttore della banca dicendo più o meno: “Carol, gentilissima cliente, la ringrazio personalmente per la sua fedeltà durante questi anni, ma perché continua a pagare? Nessuno viene più in ufficio, nessuno la inseguirà se non paga. La smetta, la prego“. Carol fa un giro in macchina per schiarirsi le idee e si ferma al semaforo. Carol ci ha provato a fare come tutti gli altri, ad andare alle feste per la fine del mondo, a godersi la vita come la società comanda. Non fa per lei. Il rumore non le piace, le folle la fanno sentire soffocata. Perché dovrebbe usare questi sette mesi come la società dice che dovrebbero essere usati?
Carol era felice della sua routine. Era felice di andare al lavoro ed era felice di avere pochi colleghi con cui bere al bar il venerdì sera. Era felice di vedere i suoi genitori durante le festività e parlare al telefono con sua sorella. Era felice di non avere figli, i bambini la avevano sempre disgustata (e per buoni motivi). Era felice di non essere sposata e non desiderava nessun grande cambiamento nella sua vita. Solo che poi è arrivato Kepler. Chi diavolo gli ha chiesto di entrare nella perfetta orbita della sua vita? Lei non voleva fare paracadutismo, viaggiare, vivere La Vita; Carol voleva solo la vita che aveva, niente di più e niente di meno.

Per un colpo di fortuna o per l’influenza degli astri le capiterà di incontrare altri come lei. Altre persone che non volevano che il mondo finisse. Che erano contente delle loro vite o che, pure con la fine del mondo, non avevano molto altro da fare. Questi reietti, questi perfetti cittadini lavoratori, questa gentaglia che non si sa godere la vita, l’immagine della società moderna essenzialmente, si ritrovano ogni giorno nello stesso posto e fanno quello che facevano prima. Come se non ci fosse alcun pianeta nel cielo, come se nulla fosse entrato nella loro orbita.
Eppure qualcosa è diverso. Cosa? Carol e gli altri, a modo loro, ognuno coi suoi tempi, pure loro ritornano un po’ alla loro natura umana. Non facendo rafting, bungee jumping, o crociere infinite. In un banalissimo edificio di una banalissima società come milioni di altre loro ritrovano qualcosa di prezioso che oggi sembra sia scomparso: l’empatia. Si conoscono, si riconoscono. Finiscono per diventare amici e se non riescono a salvare il mondo almeno salvano il loro, di mondo.
Una miniserie animata da mangiare in un boccone, ironica, irriverente, e profonda. Affrontare la realtà con gli occhi della fine del mondo vuol dire affrontare la realtà con i tuoi occhi, liberi da influenze che segui e nemmeno tu sai perché. Non sentirti triste o di sbagliare se il tuo vero te è seduto in un ufficio, l’importante è sapere chi si è ed accettarlo. Fino alla fine del mondo.


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