Una Notte Violenta E Silenziosa – Forse alla fine il Natale conta ancora

DI ALBERTO GROMETTO

È la mattina di Natale. Il caminetto spento, i biscotti mangiati e… e sotto l’albero? Un mucchio di pacchetti!!!

Esatto: BABBO NATALE È PASSATO IN CITTÀ!!!

Quanti bei regali!, gridano i bambini allegri mentre scartano quei doni. Sono felici davvero… ma per cinque minuti solamente. Forse anche meno. Poi chiedono subito nuovi regali. E si lamentano se non li ricevono immediatamente!

Ma come cazzo si può essere Babbo Natale se questi marmocchi si comportano così? Lui si fa il culo tutto l’anno, lavora ogni Natale tutta la notte, e… e per cosa? Per ’sta merda?  

Questo è il tono su cui si muove UNA NOTTE VIOLENTA E SILENZIOSA, tra le pellicole natalizie più originali mai realizzate da sempre! Il norvegese TOMMY WIRKOLA dirige quello che è a tutti gli effetti l’incontro tra una tradizionale e classica favola natalizia con tanto di caminetto e pacchetti sotto l’albero e il più violento e sanguinario e soprattutto cazzaro Quentin Tarantino che mai possa esserci! Il risultato è un film folle tutt’altro che classico e tradizionale. 

È innovativo e veramente singolare prendere il più canonico e rappresentativo dei personaggi natalizi, il caro e buon vecchio Babbo Natale, e ribaltarlo completamente raffigurandolo come un uomo deluso, depresso, disilluso. Santa Claus è triste perché i bambini di oggi non apprezzano nulla, hanno pretese sempre più alte ed è impossibile accontentarli. 

Abbiamo dunque a che fare con un Babbo Natale politicamente scorretto, assolutamente inaccettabile, che piscia dalla slitta, affoga i dispiaceri nell’alcool e chiama le Renne «Bastarde!». Uno dei motivi per cui questo film va visto, e anche applaudito, è certamente l’interprete protagonista DAVID HARBOUR, semplicemente in stato di grazia, capace di donarci un memorabile Santa Claus indimenticabile che è pura estasi!

È dunque la Vigilia di Natale e il caro BN, fermandosi di bar in bar, barcollante, fa il suo lavoro, quel lavoro che un tempo amava e verso il quale ora non prova alcuna attrattiva, al punto di pensare ufficialmente al ritiro definitivo. Poi però succede che si imbatte in una famiglia. Che è la meno natalizia e festosa possibile: si odiano tra loro e si fanno tutti schifo a vicenda.

La villa di questa famiglia, ricca-straricca e molto potente, si ritrova proprio quella magica notte assediata da dei criminali contro cui il nostro avvilito e demoralizzato eroe barbuto finirà per combattere, a suon di decorazioni natalizie mortali, addobbi assassini, ghirlande e lucette killer e… e tante martellate. Un sacco di sangue e moltissimi morti. Sì, Santa Claus non è solo bravo a consegnare un mucchio di regali, ma può anche far fuori un mucchio di persone.

Il geniale utilizzo e totale ribaltamento di tutti i simboli natalizi più conosciuti e rappresentativi possibili fanno di questa pellicola il massimo esempio di come la più straordinaria delle invenzioni non consista tanto nel crearsi qualcosa da zero che prima non esisteva quanto invece nel prendere quel che già esiste e saperlo usare in maniera del tutto nuova e differente. E così la classifica famigliola felice durante i giorni di festa diventa un covo di parenti serpenti pronti ad azzannarsi l’un l’altro, la Stella dell’Albero e il bastoncino da zucchero e la lama di un pattino armi contundenti con cui infilzare le teste dei cattivoni, e Santa Claus un rabbuiato Kris Kringle depresso cronico che uccide a destra e a manca quando si tratta di salvare coloro che se lo meritano davvero. 

Il cuore, il tema, il centro di tutta la grandiosa operazione narrativa messa in atto nel film sta proprio in questo. Non nel raccontare di una famiglia perfetta in cui tutti sono felici, ma di una odiosa e disfunzionale tenuta insieme solo da meri interessi lucrativi. Non nel narrare di una pacifica Vigilia bella edificante ma di una notte di sangue e botte. Soprattutto, non nel mostrarci un Babbo Natale sempre allegro ed entusiasta, ma uno amareggiato e abbattuto che invece di «Oh, Oh, Oh!» dice cose come «Puttanate!» oppure «Un altro Natale di merda!».

In tal senso, è impossibile non menzionare quello che è un altro fenomenale personaggio del film: l’antagonista principale, il capo della banda criminale, l’ideatore del colpo. Interpretato da un impressionante JOHN LEGUIZAMO, capace di conferire al suo personaggio, in apparenza il classico sarcastico bastardo, una drammaticità profonda e una complessità nascosta, egli è un tipo che picchia tosto e pesta duro quanto il caro Babbuzzo, dotato di una gran parlantina svelta e vivace e che sa quel che vuole. Soprattutto, è una persona per cui il Natale è solamente una stronzata trascurabile. Eppure, se trascurabile, perché fa usare nomi in codice natalizi a tutta la sua squadra e parla costantemente per metafore natalizie? Perché in realtà per questo Jimmy Martinez alias “Mister Scrooge” il Natale è tutt’altro che trascurabile. È ciò che, secondo lui, gli ha rovinato la vita. Non esiste niente di più importante per lui del suo odio verso questa festa. Nemmeno il motivo per cui ha fatto quello che fatto, il suo amore per i soldi, è così importante. Davvero molto ironico, come tutto nel suo piano fosse calcolato nei minimi dettagli eccezion fatta per Lui, proprio Lui, il simbolo per eccellenza che rappresenta quel che odia di più: Santa Claus. 

(Quando Mister Scrooge capisce di trovarsi di fronte al vero Babbo Natale, dice: «Forse tutta la mia vita merdosa puntava a questo. Perché quando ti ucciderò, tutta questa festa maledetta finalmente finirà. A qualunque costo.»)

Un applauso fragoroso spetta anche alla messinscena. Una regia all’ultimo grido capace di regalarci svariate perle, tra cui virtuosi piani sequenza nei quali la telecamera stessa, volteggiando, sembra fare a botte insieme a Babbo Natale & Co. Un montaggio frenetico e teso ed emozionante, sia nelle scene d’azione dei combattimenti sia in molte altre sequenze. Una fotografia iconica, caratterizzata da una sorta di patina natalizia, che dona alla pellicola una fortissima e precisa identità visivo-estetica che corrisponde a quella narrativa. Inquadrature sempre perfettamente indovinate. Musiche, spargimenti di sangue, tutto magnifico. Insomma, uno Sguardo che ci fa credere che ogni momento non poteva essere raccontato meglio di come è stato raccontato. 

Al di là della genialità della sceneggiatura, della freschezza della storia, della grandezza delle interpretazioni attoriali, del suo essere così brillante ed originale pure a livello di messinscena, quel che infine colpisce e sorprende è la sua inaspettata profondità. Sì, esatto: non siamo in presenza di un mare di sangue e botte fine a sé stesso, ma di una Storia capace, in mezzo all’oceano di risate ed emozione adrenalinica che ti regala, di imbastire un racconto sincero e commovente sul vero significato del Natale. Sottolineo: VERO.

In un mondo popolato da film di Natale quasi tutti uguali tra di loro, fatti con lo stampino, buonisti e smielati, e talvolta pure ipocriti, una pellicola originale e pazzesca come questa qua è un vero e proprio dono prezioso che vale tutto l’anno, non solo il 25 Dicembre! Perché questo film ci dice una cosa importante:

Basta vedere il Natale come un momento di pura gioia e felicità assoluta, perché non è così. Dicono che durante le festività natalizie la percentuale dei suicidi raggiunga il suo picco. Sarà vero? Non sarà vero? Non ne ho idea, però lo si dice dappertutto. Perché? Perché è proprio durante il momento in cui “si sta con i propri cari”, che si pensa ai propri dolori, a quello che non si ha più, a chi si è amato e perso. 

E dunque che fare? Che senso ha credere ancora nel Natale? Non sarebbe meglio a questo punto eliminarlo? 

Il cattivone del film lo distruggerebbe senza pensarci due volte! Sarebbe il sogno della sua vita, quella vita che il Natale gli ha distrutto e che lo ha portato ad essere quello che è diventato. Mi risulta impossibile non menzionare una delle scene più toccanti della pellicola, giunta quasi a sorpresa. Un dialogo tra BN e “Mister Scrooge”. Questi sta raccontando di come quella festa lo abbia rovinato, al che Santa Claus dice: «Mi dispiace, Jimmy. Veramente. Ma mi occupo di doni, di allegria natalizia, non mi immischio nella vita delle persone». Risposta: «Ah, sì? Sì, beh, forse dovresti, cazzo!».

Io quasi mi sciolgo in lacrime di fronte a queste parole, in cui vi è racchiuso il significato più recondito e profondo dell’intera vicenda.

Quanto sarebbe bello esistesse qualcuno di perfetto capace di esaudire i nostri desideri più profondi, restituirci quello che abbiamo perso e darci la Felicità? Ma non è così che funziona la Vita, mi spiace. La Felicità è una questione di fatica e dolore e sforzi e sofferenza e bisogna costruirsela. È bello un essere magico e perfetto che arriva e ci dà tutto quello che vogliamo, ma qualcuno che è umano proprio come noi e soffre come noi, e comunque si sforza ogni anno di renderci felici, beh, quello allora è un miracolo. 

Non è che siccome Babbo Natale ha poteri magici, sa fare un sacco di cose e ogni anno consegna regali in tutto il mondo questo significhi automaticamente che non abbia sentimenti e che non possa rimanere deluso. Sarà magico, ma è anche umano. E quando si è umani, talvolta la bizzarra, strana magia delle cose nelle quali ti sei imbattuto per una stravagante coincidenza del caso, di quelle cose che ti sei ritrovato a vivere per la vita, svanisce tutto ad un tratto. E tu non ci puoi fare proprio niente. Vale anche con i sentimenti umani. Vale anche con la Signora Natale, che lui ama ancora, adesso e per sempre. Ma a volte, anche se vuoi a tutti i costi che qualcuno sia felice, la magia svanisce. E allora, lo ripeto: CHE FARE?  

Questo film è una dimostrazione di cosa significhi fare del Cinema per davvero, di come davvero si racconti una Storia. E lo si fa tenendo a mente quel che si vuole raccontare, ciò che si vuole davvero significare. Il cinismo totalmente dissacrante con cui viene raccontata una vicenda che sulla carta dovrebbe essere natalizia risulta infine essere paradossalmente la scelta più natalizia possibile. Perché quello che ci viene raccontato non è il Natale perfetto (che non esiste), ma quello vero e reale e autentico, quello che anno dopo anno va a perdere sempre più di significato, quello della magia che si sta esaurendo, e questo perché sempre più persone stanno smettendo di crederci per davvero.

(È anch’egli umano. Un umano che può rimanere ferito emotivamente. E che può ferire, in questo caso fisicamente!)

Ma alla fine nessuno merita di rientrare per davvero nella “Lista dei Cattivi”. Non i membri della famiglia, che saranno perfidi ed egoisti, ma alla fine qualcosa di buono e che li unisce forse ce l’hanno. Non il boss criminale, che è intelligente e ambizioso, ma è rimasto ancora quel bambino che un tempo amava il Natale fino a quando non perse tutto. E di certo non Babbo Natale, che a dispetto delle sue delusioni e sofferenze, quando una bambina in difficoltà gli chiede aiuto, lui fa quello che fa da tutta la vita: lottare per la felicità di quella bambina. E sarà quella bambina a ricordargli chi lui sia stato e, bene o male, sempre sarà. A ricordargli che forse, in fin dei conti, il Natale conta ancora qualcosa. Che lui conta ancora qualcosa. 

La gente potrà anche smettere di credere in Te, Babbo Natale. Fino a quando ci sarà anche solo una persona che crede, nulla allora sarà perduto. Immagino quanto possa essere dura e difficile, ma qui abbiamo ancora bisogno di Te. Avremo sempre bisogno di Te. Anche se così può non sembrare. E invece abbiamo bisogno di credere in quelle nove renne volanti, negli Elfi del Polo Nord e nel tuo “Oh, Oh, Oh!”. Abbiamo bisogno di credere in Te. E non importa se non sei perfetto o onnipotente, e se ogni tanto dici “Merda!” o cose di questo tipo. Quello che conta è che Tu ci sarai sempre, per noi. Quello che conta è che quando tutto ci sembrerà buio e oscuro, noi guarderemo verso il Cielo e sentiremo dei campanelli. E non penseremo a regali o a pacchetti. Ma penseremo: Allora qualcuno si ricorda di me!

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