DI ALBERTO GROMETTO
LA CLASSICA CLASSIFICA.
Eccoci qua care amiche e cari amici mercuziani con un’altra classica classifica delle nostre! Le classifiche sbagliano, scontentano, semplificano ciò che non può essere meramente semplificato: ma io continuo ad amarle comunque, è più forte di me!
Procediamo dunque con una classica classifica in tema con il periodo che stiamo vivendo in questo momento dell’anno: il Natale! Che sia pieno di neve, che sia pieno di regali, che sia sopra ad una slitta trainata da nove simpatiche Renne oppure a bordo piscina su di un’isola caraibica, il Natale è sempre Natale: oh, oh, oh!
Lo si può amare, lo si può detestare, lo si può perfino odiare: noi di “Mercuzio And Friends” non possiamo certamente esimerci dallo schierarci però in difesa di quei celeberrimi e adorabili film natalizi che abbondano di questi tempi come la neve!
Fieramente passiamo dunque in rassegna la CLASSICA CLASSIFICA DEI DIECI PIÙ GRANDI FILM DI NATALE SECONDO ME!!!
And Merry Christmas!
MENZIONE SPECIALE:
Ho preso una dolorosa decisione, sofferta, nel momento stesso in cui scelsi di stilare questa classifica. Escludere qualsiasi opera cinematografica inerente “A Christmas Carol”. Il motivo è semplice, la ragione presto detta. Scrivere un pezzo che stronchi qualcosa è facile. Realizzare una recensione in cui celebri un’opera che ami molto è poco più complesso, ma comunque fattibile. Quando invece ti ritrovi a dover fare i conti con film tratti da quello che è in assoluto e in eterno, da sempre e per sempre, il tuo libro preferito in cima alla classifica di tutti i tempi, be’, allora lì le cose diventano leggermente più complicate e complesse, come potrete intuire.
Io amo il romanzo “Canto Di Natale” scritto nel 1843 da quel genio assoluto che è stato e sempre sarà Charles Dickens. Lo amo con tutto me stesso. Il mio libro preferito. Nessun altro è sopra. E prima o poi scriverò un articolo a riguardo, quando me la sentirò. Scrivere innanzitutto cosa è stata questa storia per il mondo e cosa è stata per me nella mia vita, è un’impresa veramente titanica. Ma prima o poi ce la farò.
Non sarei dunque imparziale inserissi nella classifica che segue una qualche opera cinematografica tratta da “Canto Di Natale”, da cui sono nate decine e decine di riduzioni, edizioni e versioni cinematografiche. Se dunque sarà necessario aspettare tanto tempo prima che scriva qualcosa sul romanzo, qui posso dire che sono deciso a stilare prossimamente una classifica dei migliori adattamenti per lo Schermo di “A Christmas Carol”, magari in un periodo in cui del Natale sentiremo la mancanza.
10 = THE SANTA CLAUSE – LA TRILOGIA (1994-2002-2006), regia di JOHN PASQUIN (il primo) e di MICHAEL LAMBECK (il secondo e il terzo)
Nello stilare questa classifica mi sono reso conto di una profonda verità. Io amo i film sovversivi, cioè capaci in qualche modo e misura di stravolgere completamente qualcosa di scolpito nell’immaginario collettivo che si dava per assodato. Perché sovversivo non significa provocatorio. Sovversivo significa semplicemente essere qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto ci si poteva aspettare originariamente. E questo vale anche per i film di Natale, ve ne accorgerete passando in rassegna questa mia Top Ten. Ma in apertura di questa mia classica classifica ho deciso di iniziare invece con una trilogia cinematografica che incarna il Natale nella sua più classica forma, che ti fa assaporare quella che è la figura cardine natalizia per eccellenza: Babbo Natale. Che lo si chiami Santa Clause, Saint Nicholas, Kris Kringle, Nick Christmas, Papá Noel, il Grande Rosso, San Nicola, Viejito Pascuero, Sinterklaas… Babbo Natale è e rimane sempre Babbo Natale! Questa trilogia, grazie al suo ingegnoso sguardo sul fantastico e al talento di un intramontabile Tim Allen, eroe del Natale e strepitoso attore capace di far sembrare vero tutto ciò che di pazzesco gli accade, ha mostrato al mondo intero cosa davvero significasse sentire quell’“Oh, Oh, Oh”! Narrando la storia dell’accigliato Scott Calvin, uomo comune anche un po’ lamentoso ma dalla battuta sempre pronta che si ritrova per una fortuita coincidenza a diventare Santa Clause, questa trilogia inscena la sua ascesa al Polo Nord, la sua crescita come portatore di gioia ai bambini di tutto il mondo, la sua vita sentimentale quando si trova alla ricerca di una Signora Clause, la sua crisi perfino ma, soprattutto, ci insegna quanto essere Babbo Natale possa veramente riempire la Vita.
09 = IL FIGLIO DI BABBO NATALE (2011), regia di SARAH SMITH e (co-diretto) BARRY COOK
Ecco, qua invece ci troviamo in presenza di uno di quei film sovversivi di cui sopra, assolutamente capaci di stravolgere quel qualcosa di solidamente sacro e fissato nelle menti della collettività facendo emergere un aspetto al quale non avevi mai pensato. Quel qualcosa di solidamente sacro è sempre lui, Babbo Natale. Mentre ciò di cui non si era mai pensato a proposito del buon Santa Claus è il fatto che potesse avere un figlio. O un padre. O una madre. Insomma: una famiglia. Salvo per un film che vedremo più avanti, bisogna dire quanto segue: solitamente, parlando di famigliari e prossimi al buon vecchio BN, escluse le Renne e gli Elfi, può essere raffigurata accanto a lui la sua cara e amata Mamma Natale. Ma al di là di questo, non si è mai effettivamente pensato ad una sua discendenza, o anche ascendenza. Non si era mai immaginato che quella di Babbo Natale potesse essere un’attività di famiglia, un mestiere ereditario che, di generazione in generazione, passa di padre in figlio. Come una sorta di azienda a conduzione famigliare. E non si era mai nemmeno lontanamente pensato che, come ogni famiglia, anche quella dei Claus potesse avere dei problemi, delle gelosie, degli egoismi e delle faide interne. Come ogni famiglia che si rispetti: tutti hanno i loro problemi! Poi è arrivato quello che a tutti gli effetti è, ai miei occhi, uno dei più bei film d’animazione natalizi mai realizzati. Al di là dello stile d’animazione che trovo fenomenale, al di là del cast vocale corale originale che trovo strepitoso (James McAvoy, Hugh Laurie, Jim Broadbent, Bill Nighy, Imelda Staunton), al di là di tante e tante sequenze che ritengo adorabili e divertenti, ciò che lascia veramente impressionati di questa pellicola è la brillantezza della sceneggiatura e l’originalità sconvolgente dell’idea di partenza. Babbo Natale non è una sola persona, ma tutta la sua famiglia. Ci ritroviamo così a guardare al passato, a colui che fu un tempo Babbo Natale e che vive di antichi ricordi non desiderando altro che soddisfare il proprio ego: il Nonno. Guardiamo al presente, ad un Babbo Natale che dovrebbe andarsene in pensione ma non ne ha nessuna intenzione perché non vuole ritrovarsi come il suo anziano genitore: il Padre. Guardiamo al futuro, ad un Babbo Natale che ancora non lo è, ma ambiziosissimo fino allo stremo brama ardentemente esserlo: il Figlio Maggiore. E poi c’è lui, che neanche ci pensa ad essere Babbo Natale, ma è quello che meriterebbe più di tutti di guidare quella slitta perché, anche se due miliardi di doni sono stati consegnati e solo un pacchetto non è giunto a destinazione, è disposto ad affrontare un viaggio da cardiopalma per esaudire il desiderio di quell’unico bambino: il Figlio Minore. Ricordandoci che nessuno è perfetto, ognuno dovrebbe ridere di fronte a quelli che sono i difetti di ogni famiglia al mondo: oh, oh, oh!
08 = FUGA DAL NATALE (2004), regia di JOE ROTH
Altra posizione della classica classifica, altro film natalizio, altro ribaltamento sovversivo. Il Natale ci viene venduto come il più bello e fantastico dei momenti dell’anno. Il Natale è gioioso, il Natale è festoso, il Natale è favoloso: però c’è tutto quel cibo da preparare, quei regali da fare, quegli addobbi da mettere, quelle feste a cui andare, quelle persone da incontrare, quella grossa grande fatica che ti fa dire anche… basta! Non bisogna pensare che sia tutto rose e fiori e vedere tutto in bianco e nero. Il Natale non è felice per tutti, e può essere veramente molto stressante. Questo film ce lo ricorda e per farlo mette in pista una coppia di attori formidabili che qui ci regala una performance di una comicità assolutamente e veramente esilarante, pur nella sua riflessiva profondità. L’Eroe del Natale Tim Allen, che qui (altro che Babbo Natale!) è tutto tranne che festoso o natalizio, è lo stanco e arcistufo Luther Krank. La moglie Nora, emotiva e un po’ instabile, viene portata in vita da una strappa-applausi Jamie Lee Curtis, magnifica interprete. Quello è un Natale particolarmente triste: per la prima volta dopo tanti anni la loro “piccolina” figlia Blair, oramai cresciuta e diventata donna, non passerà il sacro periodo delle feste insieme a loro. Che fare allora? Luther ha in mente l’idea vincente da un milione di dollari: non festeggiare il Natale, ignorarlo completamente e andarsene insieme alla moglie ai Caraibi per fuggire dalle feste. Nessun problema, no? No, se hai dei vicini di casa come quelli dei Krank, che del Natale han fatto la loro missione di vita. Per loro è possibile vedere una casa nel loro magnifico quartiere decorato a festa non addobbata? È accettabile che alcuni di loro si rifiutino di organizzare il solito party festivo preferendo andare al centro commerciale sotto una lampada abbronzante in vista della vacanzina caraibica? Ma soprattutto possono sopportare di non vedere sul tetto, come per ogni altra dimora della zona, il sacrosanto pupazzo di neve Frosty, loro amatissimo idolo? No: pertanto si deve combattere e combattere ancora per impedire tale sacrilego sacrilegio! Capitanati da Vic Fromayer (un epico Dan Aykroyd) incontrastato Rais e Boss del quartiere, il vicinato tutto farà fronte unito per porre sotto assedio la dimora dei Krank e ingaggiare una lotta all’ultimo “Oh, Oh, Oh!”. Le cose non andranno secondo i piani per nessuno: ma ciò che più conta è che alla fine essere parte di una comunità o essere veramente in festa, non significa mettere il più alto numero di lucine possibile o organizzare più party che si può, e non è nemmeno (udite udite!) mettere Frosty sul tetto… la sola cosa che conta è lo stare insieme, anche quando le cose vanno male, anche quando di festeggiare non hai nessuna voglia. Lo stare insieme e l’esserci sempre, soprattutto nei momenti di bisogno.
07 = BUFERA IN PARADISO (1994), regia di GEORGE GALLO
Anche in questo caso siamo in presenza di personaggi tutt’altro che natalizi che però si trovano in un film assolutamente e totalmente natalizio. Al centro vi è una rapina e il desiderio di essere ricchi. Niente generosità o altruismo. E neppure il desiderio di voler essere più buoni. Almeno apparentemente. I tre ridicoli e pagliacceschi fratelli Firpo si improvvisano buffoni banditi per fare un colpo dei più facili e dei più fruttuosi possibili: svaligiare la banca poco protetta ma tanto fornita di un piccolo sperduto paesino in mezzo al nulla. Combineranno un mezzo disastro e la bufera li costringerà a fermarsi molto più del previsto, oltre che a riconsiderare quanto fatto. Applausi strameritati al trio protagonista. Abbiamo Bill, impersonato da un eccezionale Nicolas Cage, attore meritevole del più assoluto rispetto e amore, colui che dei tre criminale vero non è, ma che ha dentro di sé quell’istinto e quella voglia, al punto da lasciarsi convincere e mettersi a capo della banda. Abbiamo Dave, bugiardo patologico peggio di Pinocchio, praticamente incapace di dire la verità, in grado di mentire su tutto e per tutto. Abbiamo Alvin, inguaribile cleptomane un po’ sciocco e ingenuo, eppure con una purezza senza pari e un grande grande grande cuore, pur rubando come non ci fosse un domani. Tre personaggi iconici che si ritrovano in una pellicola che, pur caratterizzata da una trama semplice, riesce però a incantarci e a trasportarci in quel paesino fatto da brave persone che non meritano il male che hanno avuto. Chissà se, tra un disastro e l’altro, di questo se ne accorgeranno anche i tre protagonisti. Braccati dalla polizia e persino dall’FBI, inscenata dallo stressato e comicissimo Agente Shaddus Payser (un monumentale, come sempre, Richard Jenkins), cosa faranno questi Tre Re Magi che invece di portare doni se li prendono? L’importanza delle seconde chances, credo che sia il senso di un film straordinario come questo qua. Del resto, come dice Cage, su una lapide sono scritte due date, la nascita e la morte. In mezzo un solo trattino, che dovrebbe essere la nostra vita intera. Cosa rimarrà di quel trattino se non siamo capaci di dare o prenderci delle seconde chances? Specie se a Natale.
06 = POLAR EXPRESS (2004), regia di ROBERT ZEMECKIS
Credere. È questo ciò su cui si basa uno dei più straordinari e incredibili film d’animazione natalizi mai realizzati. Credere. Ha fatto la storia del cinema, questa pellicola. È entrato nel Guinness dei Primati. Trattasi infatti del primo cartone realizzato in CGI totalmente tramite l’uso della tecnica della Performance Capture. Il Genio, perché di Genio con la G maiuscola si tratta, che ha reso possibile tutto questo è tra i più grandi Eroi della Settima Arte, colui che ci ha donato tanti e tanti di quei meravigliosi capolavori che non bastano due mani per contarli tutti, l’uomo rivoluzionario che ci ha portato dappertutto e in ogni dove: il Maestro Robert Zemeckis. Solo lui poteva farci sognare come ha fatto con questa pellicola, solo lui poteva farci travolgere dall’incanto vero come da un treno in corsa, solo lui poteva fare quello su cui si basa questo film: farci credere. Perché era impossibile nel 2004 credere che qualcuno potesse davvero essere capace di realizzare un’impresa di questo tipo. Eppure credeteci: è possibile. Ogni fotogramma trasuda di un senso di meraviglioso stupore e incantevole magia nel raccontare la storia di un bambino che non riesce più a credere in quell’uomo di rosso vestito che in una notte consegna regali in tutto il mondo. Non crede più. Oh, lui lo vorrebbe. Vorrebbe davvero saper credere. Poi arriva dal nulla davanti a casa sua, non visto e non sentito da nessuno fuorché il protagonista stesso, il Polar Express, come una visione. Il buffo capotreno scende e spiega che quello è il mezzo che porta alcuni bambini al Polo Nord, per conoscere voi sapete chi. Ed è allora che comincia la vera avventura. Lunghissimi piani sequenza di un virtuosismo eccelso, inquadrature impossibili nella vita vera ma qui rese possibili, una grafica e dei colori che segneranno l’immaginario per sempre. E una storia di una dolcezza sconfinata, che ha il potere di farti credere, credere davvero. Tom Hanks, assoluta protagonista in questo film, tramite la tecnica utilizzata ha la possibilità di interpretare svariati personaggi tutti insieme, dando prova del suo sempre poliedrico ed eccezionale talento attoriale: lui è l’eccentrico capotreno, lui è Babbo Natale, lui è il padre del ragazzo, e sempre lui è il misterioso e ambiguo vagabondo/fantasma che si aggira sui tetti del treno tra gli scompartimenti ricordando continuamente al protagonista il suo dilemma. Credere o non credere? Personaggio, quest’ultimo, veramente insolito per un film d’animazione, eppure capace di emanare un qual certo fascino. Dobbiamo ringraziare lui, il Regista, il Genio. Robert: tu sei stato capace di credere. Ed è così che tu ci hai fatto credere. Perché Babbo Natale esiste davvero, se ci credi. Ed è possibile realizzare un film come questo, se ci credi. Basta solo crederci, non serve altro. E tu ci credi?
05 = FRED CLAUS (2007), regia di DAVID DOBKIN
Abbiamo già parlato prima di quanto e come fosse sovversivo e stravolgente immaginare Babbo Natale come una professione, un’attività ereditaria di famiglia. Ma realizzare una storia il cui protagonista assoluto non fosse il Grande Rosso ma suo fratello, lo ha fatto solo questa pellicola. Perché sì, Santa Claus ha un fratello, a quanto pare. Si chiama Fred, odia il Natale ed è vissuto sempre all’ombra più grande e ingombrante del più celebre e illustre fratellino minore. Quando il piccolo Nick nacque, secoli prima, il giovane Frederick fece una promessa. Che sarebbe stato il miglior fratello maggiore del mondo e che ci sarebbe sempre stato per lui. Le cose però sono andate in modo molto diverso. Nick non ha mai avuto bisogno di chissà quale aiuto: era talmente buono e generoso da diventare un santo. Fred invece era quell’altro, il dimenticato incapace di fare qualcosa, il tipo a cui la madre dice sempre “Perché non provi a essere come tuo fratello?”, quello che non è diventato Babbo Natale. Sono trascorse le epoche, il Natale ha preso decisamente piede nel mondo e per tutta la famiglia Claus, regola poco nota della santità, il tempo si è fermato e la vecchiaia non esiste. Condannato dunque a rimanere per l’eternità o giù di lì nell’ombra del fratellino, il dimenticato Fred, cresciuto disilluso e arrabbiato e triste, è diventato un combina-guai incredibile, un pasticcione dalla parlantina svelta che non la smette mai di parlare, un pazzesco crea-casini. Il presupposto è semplicemente geniale, così come la scrittura e l’interpretazione di ogni personaggio presente nella pellicola. Vi sono intere sequenze che a distanza di anni, per come sono state girate e rese, vivono nella memoria. Un film straordinario che ribalta tutto per come prende Babbo Natale e lo mette da parte con lo scopo di raccontare invece la storia del fratellone che nessuno sa chi sia: Fred Claus. Un applauso a parte meritano le interpretazioni, a cominciare proprio da quella del protagonista. Noi di “Mercuzio And Friends”, a chiunque ce lo chiederà, risponderemo sempre che tra i più alti e sommi talenti comici geni della risata che esistono vi è sicuramente quell’incredibile Vince Vaughn. Come quel gigante di un metro e novantasei riesce a farti spaccare la mascella dalle risate con uno dei suoi discorsi-fiume, quasi nessun altro al mondo! E tutto questo riuscendo comunque spesso a dare un leggero tocco di malinconia ai suoi personaggi, in questo specifico caso poi trattasi di una malinconia assoluta, azzarderei a dire. E ancora: abbiamo un Babbo Natale ultra-stressato dal mega-lavoro, che mangia a più non posso per sopperire all’affaticamento, che casca a pezzi dalla tensione. E chi meglio di quella perla di interprete capace di muoversi tra dramma triste e comicità ridanciana di Paul Giamatti? E ancora: Kathy Bates nella parte della madre frustrante, Rachel Weisz che porta in vita la fidanzata innamorata di Fred, e un Kevin Spacey che come sempre risulta essere strepitoso, in questo caso in una parte veramente particolare. E poi tanti, tanti, tanti tocchi d’artista, di puro genio, per un film che ti vuole raccontare cosa davvero significhi stare in una famiglia: soffrire. Soffrire per non essere apprezzati, soffrire per non essere stati capaci di essere all’altezza di quello che avevamo promesso, soffrire perché si ama. Il Natale è anche questo, e tale pellicola ce lo dice molto bene. Ma non importa quanta sofferenza e incomprensione si possa trovare lungo il percorso: se alla fine tuo fratello ha bisogno di te e tu gli vuoi bene davvero, quella slitta la guidi anche tu insieme a lui.
04 = NATALE IN AFFITTO (2004), regia di MIKE MITCHELL
Un altro film che prende il Natale e te lo capovolge stravolgendolo. La famiglia in festa, felice di essere riunita, intorno alla tavola imbandita, tutti più buoni, contenti di essere insieme. Peccato che qui invece il protagonista, il giovane rampante manager di successo Drew Latham, interpretato da un professionista della recitazione come il divertentissimo ma qui anche triste Ben Affleck, sia solo. Nessuna famiglia. No genitori, no figli, no fratelli. Nessuno significa nessuno. Ha solo una fidanzata alla quale chiede, poco prima dell’inizio delle festività, di andare alle Figi in prima classe con lui il giorno di Natale, proposta che la disgusta dal momento che quello per lei è un giorno che va passato insieme alla famiglia. Terrorizzato all’idea di rimanere più solo di quello che è già, Drew si reca nella sua casa di infanzia e si imbatte (o meglio: ci sbatte contro) nella rissosa e per nulla festosa famiglia Valco. Abbiamo la triste e depressa madre Christine, impersonata da una Catherine O’Hara da applausi; abbiamo il figlio Brian, un eccezionale Josh Zuckerman, molto orso e sempre attaccato al computer piuttosto che passare del tempo con i suoi genitori in continua lite tra loro e in aperta crisi matrimoniale; abbiamo il burbero e irascibile capofamiglia Tom, interpretato da un James Gandolfini a cui basta un’alzata di sopracciglio per farti ridere a crepapelle, il quale preferirebbe ammazzare Drew a suon di botte piuttosto che vederselo davanti… ma è ben pronto a cambiare idea nel momento in cui questi gli offre 250.000 dollari in contanti perché i Valco siano la sua famiglia per Natale. Dovranno giocare a palle di neve, addobbare l’albero ed essere sempre pimpanti e felici. Essere forzati ad essere natalizi in cambio di denaro: questa è la premessa geniale e assolutamente capovolta del Natale descritto in questo film. Ne succederanno di tutti i colori: la missione “albero di Natale” sarà un mezzo disastro dai contorni epici, assumeranno due controversi e discutibili attori teatrali per interpretare i nonni e arriverà pure la figlia maggiore di casa Valco, una splendida Christine Applegate, che scombinerà le carte. Ma in fondo esiste il Natale perfetto e la famiglia perfetta? Mamma e papà che urlano lanciandosi addosso i piatti, fratellini pigri che stanno tutto il giorno in pigiama a lagnarsi, nonni porcelli che raccontano le loro avventure erotiche: non so a voi, ma a me sembra che non possa esserci niente di meglio. Perché è già questo il meglio. Non esiste la famiglia perfetta col Natale perfetto, ma esiste quella famiglia disastrata che non scambieresti per nulla al mondo e nella quale non potresti essere più felice. Per citare una battuta del film: “Un Natale di merda, eh?”.
03 = ELF (2003), regia di JON FAVREAU
Babbo Natale è senz’altro importante, lo stiamo dicendo in tutte le salse da quando abbiamo iniziato questo nostro festoso viaggio festivo, ma non dobbiamo scordarci di coloro senza i quali il vecchio barbuto non potrebbe fare tutto quello che fa: gli Elfi!!! E quando si sente parlare degli Elfi di Babbo Natale, non esiste film che racconti di loro meglio di questo qua. Anche se effettivamente non racconta propriamente di un Elfo, ma piuttosto di un Elfo che Elfo non è, anche se oramai è l’Elfo migliore che ci sia. La storia dell’umano Buddy che, bebè orfano e abbandonato, gattona fino ad entrare nel celeberrimo sacco di Santa Claus ritrovandosi catapultato al Polo Nord ove viene adottato da un Elfo e cresciuto come fosse un Elfo, è tra i più divertenti, esilaranti, teneri, dolci, comici e deliziosi racconti natalizi mai realizzati. Gran parte del merito spetta sicuramente ad un attore con un talento, un’anima e un cuore talmente grandi e straordinari che non appartengono a questo mondo: mi sto riferendo a Will Ferrell, il protagonista, quel piccolo Elfo alto un metro e novantuno che sa incantare con un solo gridolino, un solo gesto buffo, una sola fantastica espressione. Il nostro sempre esaltato e iper-entusiasta Buddy/Will arriverà però a scoprire la verità su stesso decidendo così di intraprendere un viaggio nella Grande Mela per poter incontrare il padre che non ha mai conosciuto: inutile dirlo, porterà un sacco di scompiglio! Rari, pochi altri film sono stati capaci di mostrarti New York come questo qua; rari, pochi altri film sono stati in grado di raccontarti lo Spirito del Natale come questo qua; rari, pochi altri film hanno saputo imprimersi nell’immaginario collettivo diventando un vero e proprio patrimonio culturale come questo qua. Oltre all’immortale ed eternamente affascinante Will, meritano grandi ovazioni lo stellare Peter Dinklage in uno dei più epici camei di sempre, il tenero Padre Elfo adottivo Bob Newhart, l’incantevole donna che saprà stregare il cuore del nostro Buddy interpretata da Zooey Deschannel e ovviamente la straordinaria, comica e dolce performance del compianto James Caan nei panni di Walter Hobbs, padre naturale di uno dei nostri eroi natalizi preferiti. Walter rimane completamente spiazzato dal ciclone Buddy che, come attraversa il Lincoln Tunnel ed entra in città, causa una rissa in un centro commerciale con un finto Babbo Natale ricevendo per questo un’ordinanza restrittiva, distrugge casa per farne addobbi natalizi, sconvolge l’ufficio del padre. Eppure Hobbs, pur spiazzato e scioccato, non potrà fare a meno di amarlo, quel suo figlio Elfo che non sapeva di avere. E visionando tale pellicola, vi chiederete anche voi come si possa davvero non amarlo. Quel tontolone testa di cotone di Buddy, la cui attività preferita è sorridere e che sopra qualsiasi cosa da mangiare (pasta compresa) mette lo sciroppo, lascerà il segno sia in coloro che incontrerà sul suo cammino sia in noi, insegnando a tutti che “Se nel mondo vuoi portare la magia del Natale, più forte che puoi devi cantare!!!”.
02 = KLAUS (2019), regia di SERGIO PABLOS
Il film che avrebbe dovuto vincere l’Oscar come Miglior Film D’Animazione 2020. Non lo ha vinto. Ha fatto incetta di premi nel corso della 47ª edizione degli Annie Awards, i cosiddetti prestigiosissimi “Oscar del Cinema D’Animazione”, si portò a casa ben sette statuette, tra cui quella come Miglior Film Animato. Ma nessun Oscar, pur venendo candidato. Non esisteva pellicola che meritasse quell’Oscar più di questo film. Ma non sono gli Oscar, signore e signori, a determinare la grandezza di un’opera cinematografica. “Klaus”, che è stato ideato, co-sceneggiato, diretto e co-prodotto da un talento dei più eccezionali, Sergio Pablos, ha vinto però qualcosa di infinitamente più grande e importante. L’immortalità. I nostri cuori. La Vera Bellezza. Questo si è portato a casa. Perché anche dopo che hai finito di vederlo, questo film rimarrà insieme a te per sempre. Siamo in presenza di una pellicola che si prefigge di raccontare a modo suo come è nato il Natale, ma in realtà fa molto di più. Quello che fa è portarti lì, a Smeerensburg, un desolante isolotto freddo e ghiacciato dove assistiamo alla straordinaria vicenda di… Babbo Natale? No, non è lui il protagonista. Il nostro eroe è tutt’altro che eroico in questo caso: trattasi dell’ironico, sarcastico, viziato, egocentrico ed egoista Jasper, che viene costretto dal padre, patron delle poste, ad essere assegnato d’istanza in qualità di postino in quel remoto angolo di mondo. Un bel brutto colpo per Jasper, soprattutto considerando che è un’offerta che non potrà rifiutare: o così, oppure addio comodità, ricchezze e bella vita! La sua missione è affrancare 6.000 lettere di sua mano, solo allora potrà far ritorno alla grande città. Jasper avrà dunque per tutto il tempo quell’unico obbiettivo in testa, per il quale sarà disposto a fare qualsiasi cosa: qualsiasi. Anche inventare il Natale! Ebbene sì, lo sventurato Jasper scopre infatti amaramente a sue spese che là dove è stato mandato non si spediscono lettere, e questo perché si odiano tutti profondamente: in città abitano due clan rivali, i Krum e gli Ellingboe, nemici da sempre e per sempre, i quali vivono per potersi detestare. Come può fare Jasper a… far sì che si amino? No, a lui non interessa quello, a lui interessa solo far del bene a se stesso, tornarsene a fare la vita da nababbo, è per quello che sta lavorando! Anche perché, se non pensa lui a se stesso, chi altro lo farà? Questo è il suo modo di ragionare. Ma dunque che fare? Non sembra esistano soluzioni. Poi un giorno incontra lui, il possente, inquietante e silenzioso falegname/boscaiolo che vive solo come un eremita lontano da tutti in una casa piena zeppa di giocattoli da lui fabbricati: il signor Klaus. Succede quasi per caso, come spesso capita con le cose più belle della vita. Klaus e Jasper si ritroveranno infatti ogni notte a consegnare giocattoli a bordo della loro slitta ai bambini di tutta la città. Il primo lo fa perché c’è tanta infelicità nel mondo e così spera di curarla. Il secondo solo per diffondere la voce secondo la quale, per avere un giocattolo da Klaus, basta scrivergli… una lettera! Forse Jasper, dopotutto, può sfangarla. Klaus inizialmente dubita, è solo da tanti anni e non vorrebbe entrare in questa cosa. Jasper però, che ha il suo fine personale da perseguire, riesce a convincerlo spiegandogli quanto quei bambini sono felici grazie a lui. Succede però qualcosa che nemmeno Jasper aveva immaginato: la bontà. I bambini, indifferenti alle questioni dei clan, giocano tra loro felici e, credendo che Klaus consegnerà i giocattoli solo se si comportano bene, come ha detto una volta Jasper, iniziano a fare del bene. E anche gli adulti vengono come contagiati. “Un vero atto di bontà ne ispira sempre un altro”, queste le parole di colui che, oramai lo avete capito, diventerà Babbo Natale. L’animazione è incredibile, la regia straordinaria, i disegni incantevoli e meravigliosi: ogni singola inquadratura, ogni microscopico secondo, ogni piccolo momento è un’opera d’arte raffinata quanto un quadro d’artista. Siamo in presenza di arte nella sua forma più alta e pura. Gli interpreti vocali sono tra i più magnifici possibili: ne citeremo solo due, tra i molti. Il Jasper del simpatico, divertente e incredibile Jason Schwartzman, attore sempre capace di muoversi tra il drammatico e il comico con una grazia senza pari. Il Klaus di J. K. Simmons: più che un autorevole interprete, per me uno dei più grandi tra i grandi. E poi c’è la storia, che incarna quello che secondo me significa davvero il Natale. Il finale non merita di essere raccontato, perché non esistono parole abbastanza grandi per descriverlo. In quell’isolotto duro e ostile è arrivata la gioia, la felicità e la meraviglia. È arrivata la bontà. Ma Jasper non può davvero avere niente di meglio? Starsene su un puzzolente isolotto da brividi con quella gente stramba e bislacca a fabbricare e portare ogni notte giocattoli con quel pazzoide boscaiolo? Davvero? Beh, sapete che c’è? Forse è proprio questo il meglio possibile.
01 = IL GRINCH (2000), regia di RON HOWARD
Siamo infine arrivati al Numero Uno. Film sovversivi dicevamo, pellicole capaci di prendere il Natale e ribaltarlo completamente stravolgendolo. A mio parere non esiste un film natalizio più sovversivo di questo. Abbiamo parlato di Elfi, famiglie in festa e soprattutto di Santa Claus, grande protagonista del Natale. In questo caso invece ci troviamo in presenza del suo preciso opposto. Nessun vestito rosso, nessuna slitta, nessun Elfo. Al posto della barba bianca una folta pelliccia verde su tutto il corpo, al posto delle Renne il suo fedele e dolcissimo cane Max, un po’ di pancetta ma non sicuramente quel celebre pancione. Stiamo parlando proprio di Lui, lo avete già sicuramente capito tutti quanti, è impossibile non conoscerlo: dopo Babbo Natale, è senz’altro lui il personaggio più iconico di questo periodo. L’Anti-Babbo Natale, colui che odia il Natale con tutto se stesso, il pazzo tipo strambo che invece di portare doni se ne va di casa in casa per rubarli. Il… il… il… IL GRINCH!!! Conosco persone che ad oggi parlano come lui e usano in continuo le sue espressioni (tra tutte, una: “Porcospino!”)… conosco gente che ogni anno se lo vede più e più volte… non conosco invece persone che non lo conoscano! E non mi riferisco ad un adattamento qualsiasi, dato che di film e special televisivi tratti dall’epico racconto in versi (il Grinch parla spesso in versi, anche se lo odia!) di quel visionario del Dr. Seuss ne hanno fatti a pacchi nel corso degli anni. Ma ve n’è uno che batte tutti gli altri e mi riferisco al capolavoro (sì, non ho paura di queste dieci lettere: CAPOLAVORO) diretto da uno dei più brillanti registi cinematografici esistenti: Ron Howard. Ne ha fatte davvero tante di pellicole e diverse sono delle perle, ma forse tra tutto ciò che ha realizzato il film che più di ogni altro ha cambiato intere generazioni rimanendo scolpito nella memoria collettiva è proprio il suo personale Grinch targato anno 2000. Il lavoro che c’è dietro, dalle scenografie alla resa visiva, dalla regia alla fotografia, passando per i costumi, le interpretazioni attoriali e ogni singola battuta è qualcosa di incredibile: è quella combinazione magica che, quasi come fosse una congiunzione astrale, permette ad una pellicola di diventare immortale e fissarsi nelle menti di tutti coloro che la vedono. Parte del merito però va sicuramente anche a Lui, e dico Lui, badate bene, utilizzando la “L” maiuscola: Jim Carrey. Il Grinch e Jim Carrey, per chi vi scrive, sono oramai la stessa cosa. E credo che questo valga quasi per chiunque altro. Jim Carrey è un attore monumentale, immenso, che ha saputo cambiare il mondo con le sue faccette, la sua risata, le sue espressioni pazzoidi fuori di testa. Ma, per chi vi scrive, benché conosciuto per tutta la sua assurda e stralunata comicità, ci troviamo in presenza di un interprete completo sotto ogni punto di vista, e che in realtà è anche un attore drammatico capace di farti piangere dalla commozione con uno sguardo. Nel portare in scena un personaggio che, per come è stato scritto e interpretato meriterebbe di essere considerato patrimonio dell’umanità, questo Jim Carrey in stato di grazia dà fondo a tutto il suo magnetico talento, sensazionale fascino e immense doti (comiche quanto drammatiche) e cambia, letteralmente, il mondo. Forse solo in film come “The Truman Show” e “Se Mi Lasci Ti Cancello” aveva saputo essere così eterno, come in questo caso. Ogni suo discorso stralunato, ogni suo piccolo gesto, ogni sua microscopica espressione ha il sapore dell’immortalità in ogni momento, che sia quando ha un diverbio con la voce narrante (quella, per intenderci, di Sir Anthony Hopkins, un colosso!) o che dica qualcosa di dolce alla piccola Cindy Chi Lou o parli a Max, Carrey fa la Storia. Questo film riesce a portati in un Altrove che non esiste, dentro un fiocco di neve, ove si trova Chinonsò e i suoi abitanti Nonsochì che amano il Natale e che eppure hanno bisogno di questo strambo e pazzo uomo verde peloso per ricordarsi cosa davvero significhi festeggiarlo: stare insieme a chi si ama. Il Grinch era convinto fossero i regali o le decorazioni o il cibo a fare il Natale, ed è per questo che dopo la visita di BN è passato lui a rubare tutto. Ma il Natale non si può rubare, perché il Natale ha un altro significato. E così non erano i regali o gli addobbi o il cibo che mancavano al Grinch che odiava il Natale, ma la bellezza dello stare insieme a qualcuno. Siamo tutti un po’ come il Grinch, siamo tutti un po’ orsi in collera col mondo a volte, e ci sentiamo tutti un po’ soli. Quindi, invece di guardare un’agenda nella quale gli unici impegni che hai sono l’autocommiserazione, fissare il muro, cenare con se stessi, guardati intorno. E se c’è qualcuno lì vicino che ti ama, allora è quello il tuo Natale. Grazie Grinch di avercelo fatto capire tu.
Buon Natale, care amiche e cari amici di “Mercuzio And Friends”.
Passate delle buone feste.
Mangiate biscotti, aprite i regali e… naturalmente guardatevi un film!
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