DI MARCO FERRERI
In questi ultimi sussulti d’estate è stato tempo, da parte del Pennivendolo Ubriacone, di prendersi qualche giorno di meritato riposo. Tuttavia, la passione per la lettura non va mai in vacanza, per cui anche da questo periodo di otium è scaturita una nuova recensione!
Barbera al Museo è un romanzo pubblicato per Ivvi Editore da Marzia Verentino, alla sua prima fatica letteraria. Lavoro che ha prodotto una simpatica commedia romantica dai toni piacevoli e scanzonati, che grazie alla sua girandola di eventi, plausibili ma narrativamente intriganti, invoglia il lettore a berla tutto d’un fiato.

Alla goccia, come si dice nel gergo di noi ubriaconi. Alla goccia e senza pensieri, come si consuma un bel bicchiere di Barbera d’Alba durante la grigliata di Ferragosto. Se vi garba, il collegamento tra titolo e vino fatelo pure voi lettori, come se fosse uno di quegli stupidi test per determinare se l’utente di un sito è un umano oppure un bot.
In termini di trama, Barbera al Museo ruota intorno alle vicende di Rebecca, una donna single sulla trentina che lavora nel reparto comunicazione del museo della sua città. Nel tempo libero, in compagnia del fidato cane Barbera, si giostra tra la gestione del problematico gatto della sorella, fuggita alle Canarie per amore, le sue amicizie e una serie di rocambolesche avventure romantiche. Esse costituiscono il succo della vicenda, specialmente quando l’enigmatico e spavaldo fotografo di fama internazionale Luca Moa viene scelto dal nuovo direttore per una mostra nel museo e Rebecca si trova a dover collaborare con lui per l’allestimento.
Nonostante l’intreccio possa odorare di già visto, vi sono alcuni elementi che lo rendono particolarmente simpatico: innanzitutto un rimpallo di punti di vista nel corso della stesura, il quale include anche quello della stessa Barbera, sapientemente praticato per spezzare il ritmo della narrazione o divergere l’attenzione su aspetti e personaggi secondari durante l’avvicinamento a un picco della trama. Ciò dà adito alla nascita e allo sviluppo di diversi archi narrativi, i quali coinvolgono e dunque aiutano la caratterizzazione dei personaggi secondari. Essi talvolta si sviluppano in parallelo e in altre occasioni si intrecciano a doppio filo con quello di Rebecca.

Ed è proprio quest’ultima a costituire un altro grande pregio del romanzo: la protagonista infatti, pur presentando un background piuttosto normale, non si rivela la classica giovane donna letteraria affascinata dall’arte e di conseguenza dall’artista misterioso, che facendosi travolgere dagli eventi e dalle emozioni trova la propria strada verso l’amore e la felicità. Si tratta invece di un personaggio che afferma fortemente la sua identità, passando attraverso rifiuti, attrazioni e incertezze, che sfrutta le pieghe degli eventi, prima di tutto, per riflettere su sé stessa, ciò che desidera e ciò che la vita le sta offrendo.
Lui le concedeva poche e distratte attenzioni e non riusciva a capire quale ruolo potesse avere lei nella sua vita. Perché si ha sempre un ruolo nella vita degli altri.
Marzia Verentino – Barbera al Museo
Il risultato è un intreccio, che, al netto del focus sulle vicende lavorative, personali e amorose della protagonista, restituisce una visione a tutto tondo delle parti in causa, approfondendo con successo la loro psicologia e caratterizzazione. Il risultato è una serie di personaggi “vivi” e verosimili, che ricoprono il proprio ruolo nella storia con personalità, rivelando le loro peculiarità senza scadere nello stereotipo duro e puro.
In conclusione, Barbera al Museo è una storia molto piacevole, uno di quei racconti confidenziali che, nelle lunghe notti di agosto, si possono ascoltare da una vecchia amica, narrato con il giusto mix di ironia, piacevolezza, concretezza e attenzione ai dettagli.


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