DI ALBERTO GROMETTO
Diciamolo subito senza mezzi termini: io sono un malato di PREMI OSCAR!!!
Lo sono perché amo il Cinema con ogni fibra della mia anima. Il che però non implica assolutamente che io debba allora forzatamente amare anche gli Oscar. Però, devo ammetterlo, è innegabile il fascino di quella Cerimonia, con le sue statuette dorate e i suoi discorsi e le sue tradizionali ritualità, che diventa a tutti gli effetti l’Evento dell’Anno, l’occasione che tutti i cinefili hanno per riunirsi e parlare di film dibattendo come non ci fosse un domani!
E come ne esci, da questi Oscar, dopo averli così tanto lungamente attesi tutto un anno intero, e specie negli ultimi mesi immediatamente precedenti la Cerimonia? Dipende. Dipende da chi vince. Questo è poco, ma sicuro! Non prendiamoci in giro: dipende sempre da chi vince.

Ecco, questa 97esima Cerimonia dei Premi Oscar è e sarà sempre per me una delle più indimenticabili, memorabili, meravigliose che abbia mai vissuto nella mia Vita. Alla pari forse solamente con quella del 2020, quando incoronarono Vincitore Assoluto uno di quei capolavori ineguagliabili che m’han formato come cinefilo: «PARASITE» di BONG JOON HO. Ma in questo caso è stato ancora diverso: perché se nel ’20 non era per niente prevedibile la vittoria di chi volevo io, quest’anno ne era stata addirittura pronosticata la disfatta. E così, a conseguire un trionfo storico e assoluto senza precedenti, è stata la mia pellicola preferita di questa edizione, quella per cui tifavo io, che aveva conquistato il mio cuore, certo!, ma che però sulla carta fino a pochi giorni fa sembrava destinata a non portarsi a casa proprio un bel niente. E invece ha vinto TUTTO QUANTO.
Prima o poi mi prenderò il tempo di scrivervi del legame che mi lega da diverso tempo ad un mio Idolo, Eroe e Maestro: SEAN BAKER. Lui, del quale se ne fregavano tutti al punto che il suo film precedente è stato distribuito in Italia che peggio non si poteva passando completamente inosservato!, si è ritrovato a riscrivere la Storia del Cinema la scorsa notte, ai Premi Oscar 2025, diventando nel corso di una sola sera uno dei cineasti più premiati di sempre. Lui, che manco era mai stato candidato ad un Oscar prima del 2025. E che adesso è divenuto una delle UNICHE TRE PERSONE IN TUTTA LA STORIA DEL CINEMA AD AVER VINTO QUATTRO PREMI OSCAR NELL’ARCO DI UNA SOLA NOTTE: prima di lui, ci erano riusciti solamente WALT DISNEY e proprio BONG JOON HO.
QUATTRO OSCAR??? E TUTTI PER UN SOLO FILM???

Partiamo dal principio.
La Cerimonia ’25 è stata lunga, molto più dell’anno scorso, a dispetto di qualsiasi tentativo di accorciamento fatto nell’ultimo lustro, scatenando dibattiti e polemiche a non finire (come quando si prese la porca decisione schifosa di assegnare dei premi durante lo stacco pubblicitario per poi annunciarli in seguito attraverso un montaggino “ad hoc”). Ciò non di meno, è risultata comunque decisamente piacevole, divertente e simpatica.
Lo storico presentatore statunitense di talk show televisivi CONAN O’BRIEN, qui alla sua prima conduzione in fatto di Oscar, è uno che il suo mestiere lo sa fare, è simpatico, strappa sorrisi e risate, tutto sommato piace e ritengo abbia fatto un gran bel lavoro. La sua entrata in scena, uscendo dalla schiena della Demi Moore protagonista di «THE SUBSTANCE», salvo poi tornarci dentro perché ha perso una scarpa e deve recuperarla, è già iconica e spassosissima. Inoltre, malgrado quanto stiano dicendo in moltissimi, il fatto che per una volta agli Oscar non si sia parlato di politica è molto positivo: fare del Cinema non significa che non bisogni interessarsi a temi e tematiche che ci devono riguardare tutti in quanto Umani, al di là del proprio credo politico, ciò non di meno quella degli Oscar è “La Serata Dedicata alla Settima Arte per eccellenza”, la politica non dovrebbe rientrare, e c’è un tempo e un luogo per ogni cosa.

Purtroppo però, si sa, anche nell’assegnazione dei premi rientrano sempre altri fattori che col Cinema non c’entrano proprio un bel niente.
E qui non si può non menzionare quella che a tutti gli effetti è una delle sole due, vere, uniche, amare, grandissime delusioni di tutta la serata (dopo vedremo qual è l’altra). «EMILIA PÉREZ» era stato salutato come un capolavoro assoluto capace di unire la gente nel suo essere un folle, appassionante e travolgente inno all’accettazione e alla lotta in nome della diversità. Ma questo era prima. Prima di quei tweet. Quasi dieci anni fa la spagnola KARLA SOFÍA GASCÓN, l’Emilia del titolo, primissima donna trans ad essere stata nominata ad un Oscar come Miglior Attrice Protagonista, salutata come un’eroina nel momento dell’annuncio della candidatura, scrisse dei tweet ritenuti ad oggi razzisti e controversi. E che cinque giorni dopo l’annuncio delle candidature sono saltati fuori dal remoto passato. E così lei, e insieme a lei questo film, questo film che s’era guadagnato più nomination di qualsiasi altra pellicola in gara (ben 13), stabilendo il record storico di pellicola non in lingua inglese ad aver ottenuto il maggior numero di candidature di sempre agli Oscar… sono stati colpiti e affondati. Completamente, totalmente, inequivocabilmente. Spazzati via, strada sbarrata completamente, è la fine di questo film così come di Karla. E questo è uno schifo.

L’eccezionale e pazzo pazzeschissimo musical, passato da essere una perla a venir considerato una schifezza, è un gioiello che per questioni che lasciano veramente il tempo che trovano è stato preso e buttato via nella spazzatura. A fronte di quelle 13 candidature, solamente due statuette portate a casa. E pensare che era considerato uno dei più papabili alla vittoria come Miglior Film 2025, insieme al più fortunato (ma neanche troppo!) «THE BRUTALIST». Soprattutto, era scontatissimo e dato come certissimo che «Emilia Pérez» sarebbe stato il Miglior Film Internazionale dell’anno. Non aveva rivali, nessun tipo di concorrenza. Del resto, si sa!, da sempre quella pellicola che, facente parte della cinquina dei Migliori Internazionali, rientra anche nei Migliori Film, vincerà sicuramente – quantomeno – il Film Internazionale. È il segreto di Pulcinella! Però in questo caso le opere internazionali che facevano parte anche dei dieci migliori film erano DUE. Nessuno avrebbe mai pensato certamente che avrebbero dato il Premio al brasiliano «IO SONO ANCORA QUI», che dei dieci titoli migliori film era il meno chiacchierato di tutti. Pellicola, ci tengo a precisare!, molto bella ed emozionante, per quanto emotivamente e fattualmente molto molto pesante e faticosa. Forse anche per questo risulta essere il titolo di cui s’è parlato meno. E che però è stato a sorpresa (ma non così imprevedibilmente, a ben rifletterci) – incoronato MIGLIOR FILM INTERNAZIONALE 2025. La punizione per Emilia e Karla.

Dunque l’ennesima sconfitta di NETFLIX, il colossale gigante dello streaming, che aveva puntato tutto sulla pellicola del grande JACQUES AUDIARD, quell’«Emilia Pérez» per cui ha speso 40 milioni, 20 per comprarlo dopo la vittoria a Cannes e 20 per pubblicizzarlo, tutti finiti nel cesso. Da anni oramai Netflix piazza uno o più titoli nei candidati Migliori Film, rimanendo però sempre a bocca asciutta: quella statuetta ancora non l’ha vinta, per quanto sembrava davvero esserci andata ad un soffio a questo giro. Dopo lo scandalo dei tweet, ogni campagna promozionale è stata immediatamente interrotta e i signori dello streaming han chiesto a Karla di non presentarsi alla Cerimonia. Salvo poi ripensarci a qualche giorno dalla serata. In quella che si è rivelata, al contrario di quella del ’24, una “Notte da Oscar” delle più imprevedibili e incerte possibili, le due statuette che si è portata a casa «Emilia Pérez» erano due delle sole quattro categorie “certissime e sicurissime”. Miglior Canzone Originale per «EL MAL» e ovviamente Miglior Attrice Non Protagonista alla splendida e scintillante ZOE SALDANA, statuetta meritatissima! Momento veramente commovente quello che ha visto l’incredibile Zoe ritirare il suo Oscar: salendo sul palco in lacrime, inneggiando alla madre e alla famiglia, continuando a gridare che erano tutti lì con lei, esprimendo amore per il marito… ci ha tenuto a sottolineare come lei, figlia di immigrati, fosse la prima americana di origine dominicana a ricevere un Oscar. Ma che non sarà l’ultima. Dopo tutti i ringraziamenti commossi, ha infine dedicato il Premio alla nonna, che arrivò in America nel 1961, e che spera sarebbe stata felice di vedere la nipote cantare e recitare in spagnolo, proprio nel film per cui ha vinto il più prestigioso degli onori di tipo cinematografico. «Muchas gracias», ha concluso.

E le altre due categorie certissime? Quali sono? Senz’altro il Miglior Attore Non Protagonista. Il frizzante ed energico KIERAN CULKYN, nel fantastico e meraviglioso «A REAL PAIN», ha brillato e il suo è un altro Oscar veramente meritato. Casinista e chiassoso, dichiarando che aveva sempre fatto l’attore ma non sapeva come diavolo fosse arrivato fin qui, facendosi pure scappare una parolaccia nel mezzo del discorso, Kieran, che fino all’altro ieri era conosciuto per essere “il fratello nella vita vera del ragazzino di Mamma, ho perso l’aereo” (Macaulay Culkyn), esce dall’ombra e, sotto quei riflettori, ringrazia la persona che l’ha portato fin lì, quel mito di JESSE EISENBERG, che di «A Real Pain» è l’autore, lo sceneggiatore, il regista, il produttore e pure l’interprete protagonista. Sei un genio, gli dice Culkyn, ma aggiunge: Goditi questa cosa perché non te la dirò mai più. E infine ricorda alla moglie la promessa che lei gli aveva fatto un anno fa: se avesse vinto l’Oscar, avrebbero fatto il quarto figlio!

L’altra categoria certissima è ovviamente quella della Miglior Attrice Protagonista. Interprete fenomenale, vincitrice di qualsiasi altro riconoscimento pre-Oscar, osannata a non finire tra critica e pubblico, amata e idolatrata e adorata, la sua Elisabeth Sparkle in quello sbalorditivo capolavoro assoluto di «THE SUBSTANCE» lascia annichiliti, basiti, stupefatti! Trattasi di… ah, no. No, vero. Eccola qua, l’altra terribile e tremenda delusione della serata, oltre che il fallimento nerissimo che ha travolto «Emilia Pérez». La pellicola della sublime CORALIE FARGEAT si porta a casa solo Trucco e Acconciatura. Il makeup era in effetti sensazionale. Ma… ma nient’altro. Non porta a casa proprio nient’altro! E invece l’incoronazione trionfale e gloriosa della protagonista, quella sensuale, meravigliosa, bellissima sessantaduenne che è DEMI MOORE e che non era mai e poi mai stata nominata ad un Oscar fino a questo momento, non c’è stata. La davamo tutti come una certezza assodata, sicurissima, ovvia. E invece, totalmente a sorpresa, non c’è stato niente. Una campionessa pure di eleganza, dal momento che non si è minimamente scomposta quando hanno detto un altro nome, al posto suo. Quello della venticinquenne MIKEY MADISON, protagonista di «ANORA», e che aveva comunque firmato una delle più sensazionali performance mai viste da tanti anni a questa parte. Il suo è stato un discorso vero, emozionato, di chi non s’aspettava mai più una cosa del genere. Ha reso omaggio alle sex workers dal momento che ne interpretava una nel film, ha espresso una profonda gratitudine nei riguardi del suo regista SEAN BAKER, e ha – teneramente – ricordato di aver vissuto a Los Angeles tutta la vita, ma che Hollywood le era sempre sembrata così lontana. E adesso, mi verrebbe da dire, ne è la Regina.

In ogni caso, il mio tifo, almeno per quanto riguarda la Miglior Attrice, era tutto per Demi. Certamente «The Substance» e «Emilia Pérez» sono, sopra ogni altro, i due veri grandissimi sconfitti della serata. Ed erano due dei titoli più belli dell’anno, per me. I due più belli, dopo quell’«Anora», mio preferito in assoluto. Certamente può gioire anche «Io Sono Ancora Qui», con protagonista quella formidabile e fenomenale attrice che è FERNANDA TORRES, considerando la sua inaspettata vittoria trionfale come Miglior Film Internazionale 2025. Gli altri contendenti? Nessuno troppo contento o soddisfatto, a dire il vero. Inizialmente ricordo si dicesse che «CONCLAVE» sarebbe stato il Grande Vincitore, e invece si porta a casa una sola statuetta, quella per la Miglior Sceneggiatura Non Originale. L’outsider «I RAGAZZI DELLA NICKEL» risulta troppo sperimentale per portarsi a casa una sola statuetta. Manco mezzo premio per «A COMPLETE UNKNOWN». E non parliamo di «DUNE: PARTE DUE»: impossibile vincesse Miglior Film, ha già da ritenersi soddisfatto di essersi portato a casa Miglior Sonoro e Migliori Effetti Speciali (o Visivi, che dir si voglia). E poi c’è «WICKED»: come era prevedibile, poche statuette. Anche meno di quelle pronosticate: solo due, Costumi e Scenografia. Però ha vinto un premio ben più importante. E non mi riferisco agli oltre 700 milioni guadagnati al botteghino, e che certo non fanno schifo! Ma mi riferisco piuttosto ad esser stato protagonista di uno dei momenti più indimenticabili della Notte: quello che ha visto le due protagoniste CYNTHIA ERIVO e ARIANA GRANDE, Elphaba e Glinda, regalarci un’esibizione di quelle di cui non ci si dimenticherà mai.

Colgo l’occasione anche per fare una meritatissima menzione specialissima all’uomo che ha presentato il vincitore della Miglior Scenografia: uno dei geni più divertenti che esistano, quella leggenda di BEN STILLER che, nel mentre che sottolinea quanto debbano essere millimetricamente precisi gli scenografi, rimane (volutamente) bloccato su una pedana che avrebbe dovuto portarlo da una botola sotterranea sul palco. Saltellando e cadendo in quella botola a più riprese ricorda i candidati. Per poi, dimostrando un’agilità veramente notevole (vorrei averla io, a vent’anni, la sua agilità da sessantenne!), tirarsi fuori dalla botola con un salto e annunciare il vincitore.

C’è ancora «THE BRUTALIST», non scordiamocelo, dato che agli Oscar se lo sono come dimenticato! Eh sì, spiace dirlo, in teoria dopo «ANORA» è il secondo vincitore della serata in termini meramente numerici di statuette incassate, ben tre. La Miglior Fotografia ad esempio, che era scontato. La Miglior Colonna Sonora Originale, che invece era per nulla prevedibile considerando che non è un musical… ma che ha battuto due musical! Però sulla carta era, insieme ad «Emilia Pérez», uno dei due grandissimi strafavoriti di questi Oscar. Secondo i pronostici, sarebbe dovuto essere l’erede del Trionfatore «Oppenheimer», che fu il Vincitore Assoluto del ’24. Sceneggiatura, Regia, Montaggio, Film… e invece si è pappato tutto «Anora»! E sapete perché? Anche qui lo scandalo. È un film questo che è stato punito per l’uso dell’intelligenza artificiale: tema caldo caldissimo nel quale adesso non ci addentriamo; ci limiteremo solo a dire che il regista BRADY CORBET ha utilizzato l’IA per ritoccare le voci dei suoi protagonisti, così che il loro accento assomigliasse maggiormente a quello ungherese. La punizione però non è toccata all’interprete protagonista ADRIEN BRODY, che stava per rischiare di perdere ma così non è stato: è lui, a distanza di 22 anni da quando vinse la prima volta, il Miglior Attore Protagonista 2025. Rendendosi autore del discorso più lungo della serata, che per ben due volte hanno tentato di interrompere mettendo la musica ma a nulla è servito, lui si è rifiutato di lasciare il palco, ci ha tenuto a dire che prega che il nostro passato, riferendosi alle guerre dei tempi che furono, possa insegnarci qualcosa di modo da costruire un mondo più felice e inclusivo.


Parlando di un mondo più felice e inclusivo, la vittoria di «NO OTHER LAND» come Miglior Documentario era prevedibile. Bellissimo pensare sia opera di un collettivo israelo-palestinese di persone che, a dispetto di tutto e pure della Storia con la S maiuscola, si sono dichiarati fratelli sul palco del Dolby Theatre. Altrettanto prevedibile l’incoronazione del dolcissimo e al tempo stesso irresistibile lettone «FLOW» come Miglior Film D’Animazione. Aggiungo ancora il groppo in gola che ho provato nel momento in cui ho visto l’87enne MORGAN FREEMAN salire sul palco per ricordare il collega e soprattutto amico GENE HACKMAN, scomparso qualche giorno prima a 95 anni, uno di quegli attori che ha cambiato per sempre la storia di intere generazioni di cinefili.


E infine, finalmente, veniamo a… QUELLO. Lo so bene!, sono stati gli scandali e le polemiche e altre questioni che nulla hanno a che fare col Vero Cinema ad aver portato allo scenario che ha visto trionfare… il migliore di tutti. Gli altri candidati, che sulla carta erano fortissimi, sono stati “tolti di mezzo” da fattori diversi. E questo ha spianato la strada ad «ANORA», che comunque è un capolavoro ai miei occhi, destinato alla Grandezza, e che DOVEVA vincere rispetto a qualsiasi altro nominato in gara quest’anno. Ha vinto quello che doveva vincere, anche se non per i giusti motivi. Ma io sono contento. Sono felice, davvero, all’idea che il migliore di tutti, il mio candidato del cuore, abbia trionfato e spopolato, dimostrandosi il MIGLIORE su tutti, senza precedenti. Ha vinto la Statuetta (MERITATISSIMAMENTE!) per ognuna delle Tre Scritture da cui è composto un film: Miglior Sceneggiatura Originale, Miglior Regia, Miglior Montaggio. Un capolavoro, come «Anora», ha bisogno di tutte e tre per essere tale. E vedere lui, il Glorioso Maestro SEAN BAKER, salire su quel palco ben quattro volte nell’arco di quell’epica serata leggendaria è stata la più bella delle sorprese, per me che lo amo e idolatro da così tanto tempo. Cinque Oscar in totale, compreso Miglior Attrice Protagonista, per il Miglior Film 2025: non c’era storia, nessuna concorrenza!, ogni rivale sgominato. E pensare che fino a qualche giorno fa, stando ai pronostici non doveva vincere neanche una sola statuetta! È assurdo, se ci pensate. Sean e il suo film erano “l’ultimo degli ultimi”. Proprio come quei personaggi di cui Baker ha sempre raccontato durante tutta la sua vita. E invece quella Notte sono stati i Primi. È senza precedenti. Ripeto: senza precedenti storici! I suoi quattro discorsi, sarò di parte, ma sono stati i migliori della serata: ha celebrato l’importanza dei montatori che salvano film, ha detto scherzando che come montatore ha salvato la pellicola da un pessimo regista (ricordiamolo: lui era sceneggiatore, regista, montatore e coproduttore del suo film), che in sala di montaggio faceva entrare solamente ed esclusivamente i due colleghi produttori (di cui una è sua moglie) e il cane Bunson il quale dà ottimi consigli, ha espresso un profondo rispetto nei confronti della comunità dei sex workers, ha dichiarato il suo amore per il cinema indipendente (del resto è stata la casa cinematografica di produzione e distribuzione della NEON in primis proprio con «Anora», e della A24 in secundis con «The Brutalist» a dominare la serata) e ha infine fatto quanto di meglio poteva fare. E cioè: ha parlato del motivo per cui gli Oscar esistono (o dovrebbero esistere). Il CINEMA! Ha ribadito l’importanza – SACRA – della sala. E così, ha rivolto un appello a tutti: registi, distributori, cinefili. Ha pregato i registi di tutto il Mondo di continuare a fare film da proiettare in sala, cosa che lui ha fatto e farà; i distributori di non dimenticare i cinema; e i genitori di portare i loro figli in sala, perché questa passione rimanga viva e si tramandi alle prossime generazioni. Sua mamma, di cui ricorreva proprio quel giorno il compleanno, ha spiegato Sean, lo ha portato al cinema quando aveva 5 anni. E questo cambiò la sua esistenza per sempre.
È dentro il buio della sala, con il solo film di fronte a Te, che ci scopriamo tutti quanti veramente simili, veramente umani: ridotti a soli occhi che guardano, ma al tempo stesso innalzati ad un potere sconfinato, quello di poter vivere vite diverse dalla propria. Ed è solo dinanzi ad un film, solamente dentro un cinema, che i Sogni diventano Vita e la Vita Sogno.
P. S.: Non posso citare in conclusione, dopo quello che è stato il quadruplo trionfo di Sean Baker, il momento migliore dell’intera serata. Come se già non fosse abbastanza grandioso avere Ben Stiller agli Oscar, all’inizio di tutto fa la sua leggendaria apparizione l’eroica icona anti-Oscar per eccellenza. È da anni che lo si vorrebbe portare alla Cerimonia, ma ancora non è mai stato candidato. Quest’anno però, pur non candidato, quel Geniaccio Favoloso dell’attore e produttore cinematografico ADAM SANDLER ha fatto infine la tanto agognata comparsa: nessuno smoking o cravattino per lui, ma pantaloncini corti e felpa blu con cappuccio in testa. Il conduttore Conan O’Brien ha allora inscenato un siparietto nel quale faceva notare a quel magnifico uomo di di Adam che non era vestito in modo consono. Al che quest’ultimo parte con una piazzata pubblica, affermando che nessuno aveva notato il suo outfit fino a quel momento, che Conan lo aveva voluto umiliare, e che lui era contento di essersi presentato in quel modo, che gli piace come veste e che rimane comunque “una brava persona”. Poi se ne va, alla stregua del KING quale è, invitando tutti a una partita a basket per mezzanotte. La gag più epica possibile, la quale però ci insegna anche qualcosa di importante e di cui ci si dimentica, specie in occasioni e ambienti come quelli degli Oscar: scegli di essere te stesso, sempre, e se alla gente non piace o non sei quello che si aspetta… fregatene! Grazie Adam, ci volevate tu e Sean Baker per portare ad Hollywood un po’ di vera e autentica UMANITÀ!


Sean Baker, Anora e il Cinema (quello vero): il tema ti interessa? Pigia qui!!!