DI ELODIE VUILLERMIN
Pronti a farvi qualche spremuta di cuore? No, questo non è Marco Ferradini. Siamo nel territorio di Sparks, uno dei più celebri narratori dei sentimenti. Prendete una bottiglia, metteteci dentro un messaggio, armatevi di fazzoletti e cominciamo.
Tutto ha inizio da una bottiglia, che naviga nelle acque del mare senza una meta precisa. La voce narrante ne parla con molto calore mentre viene cullata dalle correnti, come se fosse un bambino. La tiene d’occhio e descrive ogni tappa del suo viaggio con minuzia, si concede una digressione storica sulla pratica dei messaggi in bottiglia e sui loro utilizzi. Ne ha tutto il diritto, vista l’entità del messaggio e visto il modo in cui andrà a cambiare la vita dei protagonisti.
A trovare quella bottiglia è Theresa, giornalista in carriera, rimasta sola con un figlio dopo aver divorziato dal marito. Si sforza sempre per rendere felice il suo Kevin: gli dedica tutte le attenzioni possibili anche se torna distrutta dal lavoro, gli permette di stare con il suo padre naturale di tanto in tanto. La sua vita frenetica non la soddisfa più, tra lavoro e faccende di casa sente di non avere più tempo per sé stessa. Grazie al messaggio in bottiglia incontrerà Garrett, un uomo dalla vita più rilassata eppure ugualmente ricca di emozioni (tra viaggi in barca e immersioni), scosso dalla morte della moglie Catherine e poco incline ad aprire il suo cuore a un’altra. Tra loro scocca un’attrazione sempre più intensa, che evolve in qualcosa di più grande.
La bottiglia può essere considerata il correlativo oggettivo dei nostri traumi. Parlarne è difficile e abbiamo la tendenza a tenerli chiusi in un cassetto, senza farli leggere a nessuno. Ma spesso, per riuscire ad andare avanti, bisogna trovare la forza di condividere queste brutte esperienze con gli altri. Garrett, che naviga sicuro nei mari della vita e affonda nei ricordi, sceglie di affidare i suoi dolori al mare, ascoltatore silenzioso che non pretende troppo, punto di contatto tra lui e Catherine anche nei sogni. Gli sembra di conoscerlo da una vita, eppure c’è una parte di esso che non aveva previsto: che le sue correnti lo portassero a Theresa, persona che lo completa, che non lo giudica per il suo passato e che gli dà la forza di ricominciare a vivere.
Il maggior punto di forza di questo libro è proprio la relazione tra Theresa e Garrett. Sparks la costruisce bene sin dai loro primi incontri e arriva al culmine piano piano, con la dolcezza di un amante paziente. Non va di fretta, non consuma l’intensità di quel sentimento in poche pagine, si prende il tempo di esplorare le vite di entrambi facendole combaciare perfettamente: è la dimostrazione della sua bravura nello svelare i meccanismi segreti dell’amore. Non parla solo degli aspetti positivi di questo sentimento; sono tirati in ballo anche i dubbi, i ripensamenti, i litigi. Insegna la difficoltà ad accettare una perdita, che sia il tradimento dell’uomo che amavi o la morte di qualcuno a te caro. Dimostra che spesso a fare più male alle persone sono le parole non dette, o meglio, quelle pronunciate troppo tardi. E che bisogna correre il rischio per afferrare la felicità:
Se fai finta di niente, non saprai mai che cosa sarebbe potuto succedere, e per molti versi questo è peggio che esserti sbagliata sin dall’inizio. Perché dopo uno sbaglio puoi continuare a vivere, ma se non altro non hai il rimpianto di non sapere come sarebbe potuta andare.
(Capitolo 3, pagina 57)
Anche i personaggi secondari sono ben caratterizzati, non vengono lasciati in secondo piano rispetto a Theresa e Garrett. All’inizio può sembrare che siano ridotti a dei semplici ruoli, ma più si prosegue nella storia, più si scoprono le sfumature del loro carattere.
Una nota di demerito va alle prime pagine, in cui l’autore si dilunga nella descrizione di Theresa: ci bastano poche informazioni per inquadrarla, eppure Sparks ne aggiunge altre, forse troppe, che magari sarebbe stato meglio rivelare più in là nella storia. Stesso discorso per la cena a casa di Garrett e alcune successive alla prima notte d’amore tra lui e Theresa: con il loro stile eccessivamente descrittivo sembrano allungare il brodo, con il risultato che gli avvenimenti del finale, quelli con la carica emotiva maggiore, si risolvono un po’ frettolosamente. Forse, con una migliore gestione del tempo narrativo, sarebbe venuto fuori un libro più bello.
Sparks è maestro nel farti palpitare per una storia d’amore, per poi mettervi fine come se niente fosse. Era davvero necessario che Garrett morisse? A quanto pare per lui sì. A ben pensarci, era anche scontato: è un uomo da spiaggia, vive in riva al mare, morire tra le sue acque e farne parte sembrava quasi destino. Ma non significa che tutte le pagine precedenti siano state inutili. Quello che Theresa ha vissuto con quell’uomo l’ha resa una persona migliore, pronta ad affrontare la vita con una nuova consapevolezza. Lo stesso Garrett, nonostante la sua fine, è maturato, lasciandosi alle spalle rimpianti e sensi di colpa verso Catherine.
Anche nella tragedia Sparks riesce a rendere il sentimento d’amore bello e indimenticabile. Ti invita a prenderti cura di te stesso nonostante le tempeste che incontrerai sul tuo cammino, a fare tesoro di ogni minima esperienza, a prendere la vita giorno per giorno. Perché basta un minimo errore o una parola non detta e ti ritrovi solo, con in mano nient’altro che ricordi. Ma se davvero ti dovessero restare solo quelli, rendili più positivi che puoi, così non avrai rimpianti e navigherai leggero nei mari dell’esistenza, come una bottiglia nella corrente.