DI GIOSUE’ TEDESCHI
Non di rado avviene che di un filosofo ci si accontenti di conoscere il pensiero attraverso opere scritte su lui, può essere un modo valido quanto un altro per arrivare alla conoscenza di una filosofia e nello stesso tempo della sua critica o della sua rielaborazione, però gli scritti di Nietzsche non si prestano a un procedimento di questo genere, sia per la difficoltà di ridurli in un vero e proprio sistema, sia per la loro rara qualità poetica che non può mostrarsi altrimenti che con una lettura diretta nella quale ritroviamo quell’alto pregio artistico in cui è racchiuso il pericolo per il lettore che si trovi ad aprirne le pagine di abbandonarsi al fascino di seguire un pensiero a prima vista facilmente accessibile e al piacere immediato che ne deriva di perdersi lungo questa via, che non è la via giusta per giungere all’intelligenza del filosofo Nietzsche che primo pose fra i pregi della filologia il fatto che insegna a leggere bene con ciò intendendo lentamente, con profondità, con riguardi, precauzioni, e riserve, lasciando porte aperte con dita e occhi delicati e che pertanto scriveva a Peter Gast: “Quando vi arriverà la copia dell’«Aurora» andate con essa al Lido, leggetela come un tutto e cercate di farvelo un tutto, cioè uno stato passionale”, il quale stato passionale da lui richiesto non è dunque il fine ma la sorgente da cui debba avere inizio la fatica del lettore per arrivare alla comprensione e per la comprensione di Nietzsche in particolare è necessario il comportamento opposto a quello che il lettore dei suoi scritti sembra suggerire: non si può capire accettando determinate affermazioni come verità intere e definitive ma con il lungo intrattenersi nel discorso durante il quale si fanno avanti nuove domande e si risolvono cose fra di loro opposte mentre si mantengono deste tutte le possibilità.