DI GIOSUE’ TEDESCHI
RIFLESSIONI
Avevo iniziato l’anime HunterXHunter qualche mese fa e ora con l’uscita delle ultime due stagioni sul colosso dello streaming ne ho approfittato per finirlo.
La prima impressione è stata quella di una storia un po’ banale, senza troppi colpi di scena narrativi ma molto coinvolgente in termini di combattimenti e superpoteri, piccoli intrighi e imbrogli tra i personaggi senza un vero impatto sulla trama.
Oh boy was I wrong.
Il protagonista è un ragazzetto, Gon, che parte dall’isola Balena dove ha sempre vissuto per andare a cercare il padre; partito anche lui anni prima per diventare Hunter. Quello dell’hunter è un lavoro sfaccettato e onorevole che porta con sé non pochi privilegi. Ad esempio l’accesso a quell’80% del mondo non accessibile alle persone normali perché troppo pericoloso, e probabilmente è proprio lì che si nasconde il padre di Gon.

Di personaggi ce ne sono tantissimi e sono caratterizzati abbastanza bene, quelli di cui ci serve sapere qualcosa per questa recensione sono: Ging, anche detto il padre del nostro piccolo protagonista, di cui ci viene detto poco e niente per moltissimo tempo. Killua, un ragazzo della stessa età di Gon ma con un background familiare molto diverso e più severo (viene da una famiglia di assassini); come Gon ha una naturale propensione all’apprendimento e legano subito anche perché imparano alla stessa impressionante velocità.
Netero è il presidente dell’associazione che regola gli Hunter nel mondo, ma non lo vediamo mai alle prese con le scartoffie. E’ più un simbolo, ci rappresenta l’apice della potenzialità umana. E il suo diretto opposto è Meruem, il Re delle formichimere. Le formichimere sono una specie di formiche che mangiando altri animali può poi passarne i geni alle successive generazioni per renderle più forti. Meruem che è il re di questa specie rappresenta il meglio di tutte le specie del mondo: una sorta di chimera della biologia senza alcun difetto nè, di conseguenza, possibilità di miglioramento.
L’ultimo personaggio che ci serve di conoscere è Komugi. E’ una piccola ragazza cieca e sempre raffreddata nata in uno dei villaggi distrutti dalle formichimere. Per una strana ironia lei, che rappresenta l’essere più debole immaginabile, si trova a combattere, e a vincere sempre!, contro il re Meruem attraverso il gioco da tavolo del Gungi. Unica gioia della sua breve vita e a cui dedica ogni suo pensiero, si potrebbe dire che Komugi sia appassionata del Gungi.

Ma passiamo alla recensione.
Ora che l’ho finito posso dire che questo anime è davvero bellissimo. Ci sono un sacco di tematiche e di livelli da esplorare. Davvero una storia open world.
Oltre alla maestria nella narrazione che gli ha permesso d’includere letteralmente qualunque cosa, dalla guerra mondiale, all’uso del nucleare, allo specismo, al rispetto per la natura, tematiche di amicizia e di rispetto reciproco, onore e convenienza, corruzione politica, religione e fede; oltre a tutto questo la parte che mi è piaciuta di più e che penso sia stata la chiave di volta per realizzare tutto questo è la comprensione delle persone.
Questo è già compreso nel titolo se ci si pensa: Hunter X Hunter. Che vuol dire? Ovvio: cacciatore contro cacciatore. E cos’è un cacciatore? È qualcuno che conosce, che sa, che manipola, che sfrutta, che si immedesima nella sua preda e ne memorizza pensieri e comportamenti, forze e debolezze, e quando la conosce a fondo, solo allora fa la sua mossa per ucciderla. O sottometterla o sfruttarla per i suoi scopi insomma.
E sono immaginabilmente straordinarie le possibilità che questo approccio crea, meno immaginabile è quanto bene sia stato sviluppato e trattato nell’anime; come trama, come sceneggiatura, come montaggio, come regia, musiche un po’ carenti se vogliamo ma non sono tanto il punto. L’unico uso delle musiche negli anime a quanto pare è quello di avere una intro e un outro killer che restino impresse e si possano cantare ai concerti. E beh, aveva anche quelle.
Ci è detto nel modo più esplicito possibile che il tema è questo nell’arco in cui il Re delle formichimere, Meruem, gioca a Gongi con Komugi. Lì lui non sta solo giocando a gongi ovviamente, sta conoscendo Komugi e Komugi sta conoscendo lui, a un livello più intimo di chiunque altro. Perché è questo che porta la maestria.
È come se il linguaggio, le parole, fossero solo un surrogato della vera comunicazione. Quello che l’inglese è per le lingue, una lingua franca molto diffusa semplice e condivisa da tutti come strumento internazionale di comunicazione quando si viaggia in paesi stranieri, questo è il linguaggio per la comunicazione: solo una lingua franca, condivisa, semplice, per comunicare con coloro che non vivono la tua stessa realtà. Ma la vera comunicazione avviene attraverso la maestria di un’arte.
Netero, il Presidente dell’associazione Hunter, aveva come comunicazione le arti marziali, solo con quelle a lui era possibile conoscere davvero una persona, e così invece che parlare ha dovuto combattere Meruem per capire chi era, cosa voleva e dove volesse andare.
Così per Meruem il modo di conoscere davvero era attraverso la sfida intellettuale, la logica, la strategia. Le mosse del Gungi erano le sue parole migliori e più intime; purtroppo quando si raggiunge un certo livello di maestra in un’arte non è neanche facile farsi capire dagli altri che la conoscono, per sua immensa fortuna Komugi riusciva a capire le sue parole. Perché anche lei parlava in quel modo. Trovarsi così… Magari non ti fa credere nelle anime gemelle ma di certo lascia intuire una certa forma di predestinazione o di equilibrio da qualche parte in questo Universo. Con quanto è raro quel tipo d’incontro è ovvio che poi non vuoi mai lasciar andare la persona che ti capisce.
Possiamo anche notare, credo, che il Re non poteva comunicare tramite il combattimento, arti marziali o meno. Erano entrambi grandi maestri ma parlavano lingue diverse. Il livello di potenza del Re era troppo alto perché potesse capire Netero tramite il combattimento. Per Meruem combattere con Netero era come sarebbe stato per Komugi giocare a Gungi con Gon.
Altra bellissima relazione simbiotica esplorata, sebbene di altro tipo, è quella tra Gon e Killua. Perché questi due ragazzini si riescono a trovare così bene? Perché da subito stanno bene insieme e riescono a progredire alla stessa velocità? Ovviamente non è un caso.
Poi Meruem che muore e rinasce diverso, metafora di lui che diventa padre e di come la nascita di un figlio possa cambiarti la vita. La sua visione del mondo è completamente diversa non dopo essere rinato, ma dopo aver conosciuto Komugi, se vogliamo morire e rinascere gli è servito a lasciar andare più velocemente del vecchio sé, abbiamo capito che il Re non è uno a cui piace aspettare.


Ma la cosa migliore di questo anime, che veramente brilla solo nel combattimento finale a palazzo, è come vengono studiate le persone. Grazie a quel montaggio spezzato e la voce fuoricampo che ci informa dei pensieri dei personaggi capiamo la vera essenza dell’Hunter. L’Hunter migliore è colui che riesce ad ascoltare quella voce fuoricampo. Che riesce a capire come ogni altro giocatore sta percependo la partita e immedesimandosi nei suoi schemi di pensiero riesce a prevedere le mosse che farà e calibrare le sue di conseguenze. Il gioco degli Hunter è capirsi, leggersi, riconoscere dei pattern nelle persone e usarli a proprio vantaggio, quale che sia la sua forma.
È innegabile che sia emozionante. E lo è ancor di più vedere nelle scene finali come ci riescano a spiegare in pochissime battute perché Ging Freecs, il padre di Gon, sia il miglior Hunter mai vissuto. Forse anche più di Netero. Non per la sua forza o abilità nel Nen, che pure sono indiscutibili, ma perché ancor meglio di Netero riesce a leggere le persone.
Ce lo dimostra smontando pezzo per pezzo tutto il piano del ratto prima ancora che lui lo pianifichi. E qual è il suo segreto per riuscire a capire così bene le persone? I suoi orizzonti. Ce lo mostrano sull’albero del Mondo. In cima al germoglio di Albero del Mondo. Gli orizzonti di Ging sono più vasti e più lontani di qualsiasi distanza abbiano mai raggiunto gli altri Hunter, eppure lui è consapevole che non siano niente in confronto a quello che esiste. È questa la forza di Ging: non confrontarsi mai con gli altri, ma solo con sé stesso di ieri e il potenziale del mondo.
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