DI GIOSUE’ TEDESCHI
Ho avuto davvero bisogno che mi fosse spiegato il titolo per capirlo. In questo libro Eugen Herrigel voleva parlare dello Zen. Lo Zen, il concetto. L’essenza. Eppure parlare dello Zen non si può, non in termini classici. Si lascia sempre fuori qualcosa quando si parla dello Zen in sé e per sé. Questo perché lo Zen è mille cose, è tutte le cose, in verità.
Così ha deciso di parlare dello Zen attraverso il tiro con l’arco. Di conseguenza non troverete una sola parola riguardante lo Zen in questo libro – che è invece un emozionante racconto sull’arte del tiro con l’arco e sull’esperienza nell’apprenderla. Eppure arrivati alla fine delle poche pagine di questo libro ne saprete più sullo Zen che sul tiro con l’arco.

La prima cosa da sapere sul tiro con l’arco, dunque, è che è spirituale. Nel tiro con l’arco l’arciere cerca di cogliere sé stesso. Questo è un concetto fondamentale nella tecnica e nella pratica – per essi la lotta consiste nel fatto che il tiratore mira a sé stesso, eppure non a sé stesso. Ciò facendo forse coglie sé stesso, e anche qui non sé stesso, e così è insieme miratore e bersaglio, colui che colpisce e colui che è colpito. In un certo senso colpire il bersaglio non è mai stato l’obiettivo del tiro con l’arco. Questo perché quando fai un buon tiro non fai mai attenzione al bersaglio ma a cogliere te stesso – tu sei il bersaglio e l’arco. Quando cogli te stesso non puoi non cogliere il bersaglio in quanto siete la stessa cosa.
Sono rimasto ammaliato già dall’apertura di questo libro – parliamo del tiro con l’arco ma in realtà parliamo dello Zen. Pensavo sarebbe risultato poco chiaro o dispersivo o semplicemente fuori fuoco. E invece sembra che i sei anni che Herrigel ha speso per imparare l’arte del tiro con l’arco gli abbiano, giustamente, insegnato molto più che il tiro con l’arco.
Uno dei dubbi è stato: ci sono varie arti che avvicinano allo Zen, perché proprio il tiro con l’arco? Semplicemente perché gli piaceva. Sua moglie, ad esempio, che è andata con lui ha scelto di imparare l’arte della composizione floreale, oltre al tiro con l’arco. L’arte della spada è un’altra famosissima forma dello Zen. Potrei fare un punto per cui anche quell’assoluto capolavoro di un anime che è “Lo Yakuza Casalingo“ tratta dello Zen.
Ma torniamo all’arte del tiro con l’arco. Ho imparato da questo libro che l’arco teso al massimo rappresenta il tutto. Il suono della corda che schiocca rapisce il cuore e allontana gli spiriti maligni, questo perché non servono muscoli per tender l’arco, ma respirare bene. L’arco non è teso da una forza muscolare – ma dalla forza della presenza, nel momento, dell’arciere.
“Si concentri esclusivamente sulla respirazione, come se non avesse altro da fare” gli diceva il maestro. Tale è l’importanza di respirare bene. Bisognerebbe arrivare a perdersi nella respirazione finché non si ha la sensazione di essere respirati. Così l’arco si tende da sé, o meglio – tu sei teso dall’arco.

Durante tutto il processo di apprendimento, ma specie durante i periodi di calma piatta dove sembrava che non si stesse facendo nessun progresso, è sempre stato difficile comunicare con il maestro. Perché il maestro vede lo studente e attraverso lo studente, ma lo studente non conosce la sua strada. Il maestro ha un modo particolare di condurre lo studente lungo essa, un modo che non potremmo mai veramente capire noi occidentali. Noi temiamo l’errore, è qualcosa da evitare. C’è il modo giusto di fare la cosa e a quello si punta dall’inizio.
Il suo maestro ha invece preso un altro approccio: per lungo tempo ha lasciato che Herrigel fallisse senza dargli neanche un’indicazione. Tirava nel modo sbagliato ma il maestro non andava a correggerlo. Che tipo di maestro è mai uno che non corregge il suo studente? La spiegazione è che i tentativi dovevano naufragare prima che lo studente fosse pronto ad afferrare il salvagente del maestro. Per ascoltare, per ascoltare davvero qualcuno che ci insegna qualcosa dobbiamo sentire in noi stessi il bisogno di ascoltare. La necessità di una guida. E a sua volta la guida che ci viene data non sarà fatta da vuote parole, ma potrà appoggiarsi sulla nostra stessa lunga esperienza di fallimenti in quella stessa cosa.
Il maestro ha fallito più volte di quante l’allievo abbia mai provato.
Un giorno gli disse: “Lei deve tenere la corda tesa come un bambino piccolo afferra il dito che gli si porge. Si potrebbe dire che egli gioca con le cose se non fosse altrettanto giusto dire che sono le cose a giocare con lui”. Forse questa è una delle grandi difficoltà dell’imparare lo Zen. Ma anche la sua forza. La sua incomunicabilità a parole. Non se ne può parlare dello Zen, deve essere vissuto. Necessita l’esperienza come base non solo per l’avvicinamento ma per la comprensione stessa.
Quando l’allievo era confuso su quando si dovesse lasciar andare la corda, in che modo la corda dell’arco potesse giocare con lui, il maestro gli disse: “Lei non si stacca da sé stesso, non è teso verso il compimento ma attende il proprio fallimento” – “Lei pensa che ciò che non fa non avvenga”. La paralisi dell’analisi.
Ecco uno dei grandi nemici dello Zen. La nostra passione per sviscerare di tutto quello che ci capita a tiro le sue parti più piccole e poi orientarci a partire da quelle. Con lo Zen è impossibile questo approccio perché lo Zen è una cosa sola.
Noi maestri d’arco diciamo: un colpo, una vita. … Con l’estremità superiore l’arciere fora il cielo, all’estremità inferiore è appesa la terra, fissata con un filo di seta. Se il corpo parte con una forte scossa, c’è il pericolo che il filo si spezzi. Per il volitivo e il violento la frattura diventa allora definitiva e l’uomo resta irrimediabilmente nello spazio intermedio tra il cielo e la terra.
Padroneggiare l’arco significa diventare l’arco, “Lasci indietro tutto, che di lei non rimanga altro che una tensione senza intenzione”. L’arco si tende da sé, perché adesso respira. Lo spirito può ogni volta agire con la sua inesauribile forza, perché è libero, e aprirsi a tutto perché è vuoto. Ma il cerchio vuoto non è muto per colui che vi sta dentro.
Tutto dipende dal sapersi inserire nell’accadimento col perfetto abbandono di sé – il compimento esterno dovrà prodursi come da solo, senza che la riflessione lo guidi e lo controlli.

Fa un paragone con l’arte della calligrafia, altra via per lo Zen. Il maestro di calligrafia prima di scrivere fa molte altre azioni propedeutiche, preparare l’inchiostro, stendere la carta, preparare il pennello, la seduta, tutte cose semplici. Perché queste cose semplici e quasi noiose non le delega a uno dei suoi studenti per poi concentrarsi solo sull’arte più alta?
Che domanda occidentale! I preparativi dell’opera servono a predisporlo alla creazione artistica. I preparativi dell’opera ne fanno parte, servono all’artista, quello interiore. Servono a preparare l’animo dell’artista, parte dell’opera, alla sua creazione. L’opera interiore che convince per il solo fatto di esistere e che nessuno riesce mai a vedere.
Noi la chiameremmo “La Zona“. E’ una condizione che solo se affrontata con la giusta imperturbabilità non tarda a ritornare.
Il tema dell’imperturbabilità devo ammettere che mi ha lasciato non poco sorpreso. Eppure una volta letto capisco che non se ne può assolutamente fare a meno. Come tutto è costitutivo.
Dei colpi cattivi non deve irritarsi, questo lo sa da un pezzo, impari anche a non rallegrarsi di quelli buoni. Lei deve liberarsi dall’altalena del piacere e dispiacere. Deve imparare a stare al di sopra con distacco e indifferenza e perciò a rallegrarsi come se un altro e non lei avesse tirato bene. Anche in questo deve esercitarsi instancabilmente, non può nemmeno immaginarsi quanto sia importante.
Quanto profondamente stoica sia questa visione delle cose è meravigliante. Fatto sta che a fine percorso, dopo sei lunghi anni di pratica incessante, il bisogno di separare arco, freccia, bersaglio e io è scomparso. Si intrecciano tra loro, tutto diventa chiaro, naturale e così ridicolmente semplice.
E ora vado a iscrivermi a un corso di tiro con l’arco, ciao.
Se non sai cosa desiderare leggere, desidera di leggere questo!!!