Essere amanti dall’inizio alla fine: Antonio e Cleopatra

DI ALBERTO GROMETTO

Una volta un saggio mi disse che quando finisce un amore v’è sempre un motivo, ma non esiste per quando comincia.

Che cosa significa, esattamente?

Come quasi ogni cosa nella Vita, una risposta ci viene da una storia. Sì, la Vita è insensata e illogica e folle e ci riserva tante domande a cui non si capisce cosa diavolo rispondere. Ma abbiamo i nostri racconti, le storielle che ci raccontiamo, il Teatro e il Cinema e la Letteratura! È questo ciò a cui servono le nostre narrazioni, a dare un senso e un significato a qualcosa che nella Vita vera un significato e un senso forse non ha nemmeno. E l’Amore, credo che su questo nessuno abbia da dissentire, è una di quelle cose veramente incomprensibili! 

Ecco allora che arriva l’Umano con una storia a cercare di comprendere ciò che non si comprende. E tra tutti gli Umani, sicuramente uno dei più sagaci, dei più brillanti, dei migliori esempi possibili di Narratori è stato il Sommo Maestro, il Grande Bardo, l’Uomo-Chiamato-Teatro WILLIAM SHAKESPEARE.

Il drammaturgo inglese, attraverso vicende sublimi e personaggi grandiosi, ha raccontato dell’Amore e dei patimenti dolorosi che questo sempre comporta. Perché, alla fin fine, fateci caso: il più delle volte amare equivale a soffrire. Evidentemente se non si soffre, non c’è Amore. Tutte le storie che ci parlano d’amore parlano anche di dolore e patimento. 

Ma perché una cosa così bella come l’Amore deve essere tanto orribile? 

Potremmo scrivere un’enciclopedia intera su tutte le volte in cui il caro Billy Shakespeare ci ha parlato di grandi amori, ma a questo giro scegliamo di raccontarvi di una delle sue più indecifrabili opere: ANTONIO E CLEOPATRA.

Presso il TEATRO CARIGNANO DI TORINO è andata in scena la versione di VALTER MALOSTI, regista e interprete maschile protagonista, oltre che traduttore e curatore dell’adattamento insieme alla scrittrice e anglista NADIA FUSINI. Il dono che ci regala il Maestro Malosti, tra le personalità più eminenti dell’attuale teatro italiano, è uno spettacolo di cui si può godere appieno solamente se assaporato dal primo all’ultimo secondo, foriero di un insieme di emozioni e sensazioni e sentimenti dei più vari possibili, che ci lascia con un caos interiore come solo l’Amore può provocare.

(Insieme al Maestro Valter Malosti, che il Comitato di Redazione ringrazia di cuore per l’affettuoso e caloroso supporto dato a «Mercuzio And Friends»)

La vicenda è arcinota. Il condottiero e generale romano MARCO ANTONIO, che si divide la guida del Mondo insieme a quell’OTTAVIANO che di lì a poco diverrà padrone incontrastato di ROMA e primo IMPERATORE col titolo di AUGUSTO, trascorre il suo tempo in Egitto perché innamorato perso della regina CLEOPATRA. I due sono amanti e amano essere amanti: lo amano alla follia. Al punto che Antonio non sta a guardare nemmeno più in faccia la politica e non si sforza in alcun modo di mantenere gli equilibri di una fragile pace armoniosa: scarica la moglie Ottavia, sorella di Ottaviano, per poter stare con la sua bella. Segue il Caos, sia quello della guerra sia quello che travolge i due amanti che scelgono di amarsi anche se questo significa scegliere di perdere ogni cosa. E, alla fine, perderanno. 

La storia, quella vera, di Cleopatra e Antonio con ogni probabilità deve essere stata molto meno romantica e tanto più meschina di quella che ci racconta Shakespeare nel suo «Antonio e Cleopatra»: eppure, sia il Grande Bardo sia il Maestro Malosti, scelgono ad ogni modo la via dell’ambiguità controversa e misteriosa e sottile. Non ci narrano una storia di puro romanticismo sfrenato e basta, ma mettono in piedi un racconto in cui anche gli aspetti più comici, ridicoli e grotteschi dell’animo umano entrano in gioco. 

Da una parte il condottiero romano, un tempo amato dal suo popolo, ma al quale ora preme più di ogni altra cosa la sua Cleopatra e un ben altro tipo di Amore. Valter Malosti sa incarnare a meraviglia il disordine emotivo di un Marco Antonio che, sebbene non più giovane come la sua amata, scopre però cosa significhi essere amante e, a dispetto di tutto, financo del suo passato, sceglie di esserlo fino alla fine. 

Dall’altro lato abbiamo la regina d’Egitto, bella e seducente e affascinante e conturbante in ogni suo gesto e azione, che sfoggia una sfilza di svariati ed erotici abiti eleganti e al tempo stesso succinti, capace con una sola parola di conquistarci. Una femme fatale che però al tempo stesso si dimostra un’anima inquieta e furente che sperimenta cosa significa perdere tutto. Solo un’attrice dal talento straordinario e ineguagliabile come ANNA DELLA ROSA poteva restituirci appieno, scena dopo scena, un ritratto così particolare e ricco di sfumature e ambiguità come quello di Cleopatra. 

(Insieme ad Anna Della Rosa, la quale ha riservato al Comitato di Redazione una cortesia e una gentilezza squisite)

Ma, alla fine, chi erano Cleopatra e il suo Antonio? Due infidi individui spietati che volevano governare l’Impero? Oppure due persone che semplicemente avevano scelto di amarsi? Ma poi, il loro, era amore oppure desiderio? Era vero fino in fondo quel sentimento? Aveva ragione Ottaviano quando accusava il condottiero romano di aver girato le spalle al suo popolo per pura lussuria oppure no? Quando, soprattutto, i due amanti perdono, qual è la cosa a cui loro importa di più? Dell’altro amante o di loro stessi? 

Attraverso una scenografia assolutamente funzionale e musiche moderne dal vivo, oltre che una sensazionale e palpabile e viva alchimia tra i due spettacolari interpreti protagonisti, quella che ci viene offerta è una visione unica nel suo genere, dalla quale si riemerge fortemente scossi, tormentati da numerosi interrogativi e con ancora negli occhi l’immagine di quell’Antonio morente stretto tra le braccia della sua Cleopatra che con la voce rotta dal piano gli chiede di aspettare ancora un altro po’, prima di morire, così da poterlo baciare

Scossi dagli interrogativi ma al tempo stesso pieni di ricordi impressi indelebilmente nel cuore: non è proprio questa, alla fine, la sensazione il più possibile vicina all’Amore?

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