More info about me on www.pixael.com. If you like my pictures please like my Facebook page (https://www.facebook.com/giuseppemilophoto) or follow me on Twitter (https://twitter.com/pixael_com) and Instagram (http://instagram.com/pixael). Thanks!

?! (Caparezza)

DI ELODIE VUILLERMIN

Credo che tutti conoscano Michele Salvemini, in arte Caparezza. Impossibile non essersi imbattuti almeno una volta in questo genio della satira musicale, capace di giocare con le lettere e trasformare le parole in mille modi diversi.

Egli un tempo fu Mikimix, “cantante insignificante, dal cui autodisgusto nacque il sé stesso odierno” (parole sue). Dopo un paio di album di scarso successo commerciale, si ritirò nella sua Molfetta e lasciò crescere barba, capelli e pizzetto. Il suo vecchio alter ego era morto. Ne era nato uno nuovo, chiamato Caparezza, in riferimento alla sua inconfondibile capigliatura riccia.

L’album ?!, pubblicato nel 2000, fu quello che segnò la nascita effettiva del Capa, i primi passi di un nome d’arte destinato a diventare mito. Dopo una Intro in stile hip-hop, il nostro Caparezza ci racconta di aver capito i suoi errori ed esprime la sua ferrea volontà di lasciarsi alle spalle Mikimix e cominciare una nuova vita, al pari della fenice che risorge dalle sue ceneri. Mea Culpa è infatti una condanna del sé stesso ingenuo e fragile, che ha preferito fare qualcosa di scontato anziché osare. Riconosce la sua debolezza, riconosce di essersi fatto comandare dalla volontà altrui (“cieco come un vicolo, muto fottuto pupazzo per il mio ventriloquo”), ma ora la fa finita. Uccide il suo vecchio alter ego e ricomincia da capo con una nuova consapevolezza. Si proietta nel futurocome Tron” e fa quello che gli piace davvero.

In Tutto ciò che c’è il Capa sbeffeggia con la sua ironia personaggi famosi del calibro di Sgarbi, Michael Jackson e perfino la Barbie (a cui vorrebbe mettere i peli sotto le ascelle per contestare la sua perfezione plastica). Mammamiamamma è una critica a quelle madri di classe troppo attaccate ai beni materiali e alle apparenze per curarsi dei propri figli e mariti. Il Capa preferisce di gran lunga le madri all’antica, che sanno occuparsi della casa e seguono la crescita dei loro bambini piuttosto che ubriacarsi e sottoporsi a continui trattamenti di chirurgia estetica. Non come quelle donne con poco cervello che per sentirsi più belle finiscono per imbruttirsi e si ritrovano addosso più plastica che altro, al punto che il bimbo si ritroverà a bere il latte da una tetta al silicone.

La gente originale, un mix tra il rap e una base di musica dance, si scaglia contro quelli che imitano la gente di successo in ogni sua abitudine, persino le più dannose e negative come la droga e la mania dei piercing, ma al tempo stesso non sanno affrontare i problemi più semplici. Si credono alternativi, quando in realtà si conformano alla massa. I veri alternativi sono le persone comuni, con una famiglia e bollette da pagare.

Ne Il conflitto Caparezza denuncia gli orrori della guerra su una base lenta, quasi solenne, che ricorda una marcia funebre (“[…] preferisco granite a granate, vinili a fucili, marce nuziali a marce di esaltati vili commilitoni, militi ignoti proni, calpestati da anfibi scampati a vicine esplosioni”). Non si riconosce in un sistema che manda a morire, spesso per futili motivi, giovani vite che nemmeno hanno la consapevolezza del motivo per cui sono stati spediti al fronte. Preferirebbe essere preda dei suoi conflitti interiori (per esempio pensare al modo migliore di vivere) che prendere parte a un conflitto sul campo, obbligato a sporcarsi le mani del sangue di un altro. C’è più dignità nel disertare.

Fuck the violenza unisce il breakbeat della batteria e il suono del basso tipici del drum&bass agli influssi reggae in una condanna alla società odierna, basata più sulla violenza che sulla capacità di ragionare e trovare accordi. Bulli, politici, cantanti: tutti sembrano cercare un pretesto per scatenare la rissa. Caparezza invita a non cedere alla rabbia, che “tanto se meni o se insulti ti ritrovi al punto di partenza”. La vera forza sta nel perdono e nel predicare amore verso il prossimo. Segue Ti clonerò, un brano d’amore in cui un uomo è ossessionato dalla sua amata ed esprime la volontà di clonarla per averla sempre accanto a sé. L’operazione ha successo: ne viene fuori un clone perfetto, eppure è diverso dall’originale. Si ostina a generare sempre più cloni finché non capisce che, per quanti tentativi faccia, arriverà sempre alla stessa conclusione: il corpo si può replicare, la personalità e i sentimenti no.

La fitta sassaiola dell’ingiuria contiene, nel ritornello, il campionamento di una strofa di Confessioni di un Malandrino di Branduardi. È infatti a quest’ultimo che Caparezza è accomunato, poiché entrambi gli artisti sono noti per la loro folta capigliatura. La stessa capigliatura che al nostro Salvemini ha permesso di staccarsi dal suo vecchio alter ego. La canzone è infatti la seconda incentrata sul periodo in cui era ancora Mikimix ed era bersaglio degli insulti altrui. Egli ribadisce che ormai è cambiato. Gli piace essere diverso dagli altri, non adeguarsi più alla massa, non rientrare più in nessuna etichetta o definizione. E in fin dei conti ci piace così: provocatorio, originale, mai scontato.

In Chi c*zzo me lo fa fare il Capa si scaglia contro discoteche, concerti e stadi: insomma, tutti quegli ambienti troppo affollati, che portano la gente a commettere azioni avventate e impulsive (si impasticcano, prendono il Viagra, si insultano e inneggiano all’odio o alla morte), che trasformano il divertimento iniziale in un caos ingestibile. Prosegue con Mi è impossibile, una sentita dichiarazione d’amore alla musica, la Vera Arte che riempie la sua vita in ogni piccolo istante e dà un senso alla sua esistenza. È un viaggio che gli riserva sempre nuove sorprese. Senza di lei, Caparezza non può che sentirsi incompleto, come i “Pooh senza Dodi Battaglia” o il “WWF senza panda”.

In Uomini di molta fede l’artista invidia gli uomini di fede. Vorrebbe averne una anche lui, vorrebbe crederci davvero, ma non riesce a sentirla. Cammina solo è un invito ad andare avanti senza dipendere da nessuno, senza curarsi delle opinioni altrui o farsi influenzare da loro. A chiudere questo album è Dindalè Dindalò, brano autobiografico (come dichiarato nel libro Saghe Mentali. Viaggio allucinante in una testa di capa) in cui l’artista descrive la sua natura di uomo a metà, in bilico tra due schieramenti. Una nuova significativa critica alla sua precedente esperienza come Mikimix e a chi lo schernì per la scelta di rinunciare alla carriera per cambiare identità. Una sequela di rime sparate a tutta birra su una base veloce come i proiettili di un gatling. Solo applausi per tanta bravura.

Se ami la Musica, clicca qua!!!

Qualora fossi un ammiratore della musica italiana, non potrai non voler pigiare qui e leggere di questo inimitabile duo!!!

Solamente la Vera Arte ci potrà salvare: sei d’accordo? Premi qui sopra!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP