Gli 883: amicizia e musica

DI ELODIE VUILLERMIN

Pavia, anni ‘80. Max Pezzali e Mauro Repetto si incontrano tra i banchi del liceo scientifico Niccolò Copernico, dopo che Max ha dovuto ripetere il terzo anno. Uniti dalla passione per la musica, nel 1988 fanno la loro prima comparsa nel programma 1, 2, 3 Jovanotti, con il nome di I Pop, sul palco del Rolling Stone a Milano. Lì furono scoperti da un’altra coppia musicale, che svolgerà un ruolo fondamentale nella loro carriera: Claudio Cecchetto e Pierpaolo Peroni. Il brano che portano è un pezzo rap in inglese. Claudio, incuriosito dai due, gli consiglia di scrivere testi in italiano se vogliono che lui diventi il loro produttore.

Per un paio d’anni gli I Pop si chiudono nella cantina del padre di Max, seguendo il consiglio di Cecchetto. Preparano una cassettina, che consegnano a Radio Deejay. Sull’etichetta, un nuovo nome: non più I Pop, ma 883, in riferimento alla cilindrata di una motocicletta Sportster della Harley-Davidson. Poi, nel 1991, il Festival di Castrocaro condotto da Claudio: gli 883 furono presentati ufficialmente al pubblico, insieme ad una ventina di ragazzi, di modo che sembrassero tutti cantanti. Sul palco c’era anche Pierpaolo Peroni. Man mano che l’esibizione andava avanti, uscivano due ragazzi alla volta, fino a lasciare sul palco solo Max e Mauro. I due finalmente iniziano a farsi conoscere: Max canta, a Repetto fanno suonare la chitarra.

Il loro primo album, Hanno ucciso l’uomo ragno (1992), è un successo. Oltre 650 mila copie vendute, senza l’aiuto di alcun videoclip o pubblicità. Vincitore di numerosi premi, tra cui due Telegatti e un World Music Awards. Una mescolanza ben riuscita di melodie pop e rock, con incursioni hip-hop. Anche l’album successivo, Nord sud ovest est (1993), non è da meno. Oltre 1 milione e 350 mila copie vendute, più del doppio rispetto all’album precedente. Vincitore del Festivalbar, di un terzo e quarto Telegatto, più una seconda vittoria di fila al World Music Awards. Notevole l’omaggio alla pop art di entrambe le copertine, con i due cantanti sotto forma di fumetto. La crescente popolarità del gruppo lascia però l’amaro in bocca a Max, che teme il giudizio della stampa specializzata, ha paura che lo accusino di essersi imborghesito.

Ma gli 883 continuano a far impazzire il pubblico. Diventano icone della musica pop. Fanno numerose apparizioni in tv. Sublime è la capacità di raccontare la loro realtà locale: sono talmente accurati da risultare universali, talvolta poetici. Il compianto Tommaso Labranca, uno tra i primi a capire in profondità il fenomeno degli 883, sosteneva che, nei dischi in cui Max e Mauro scrivevano assieme, le loro storie di amicizia riuscivano a trasformare la provincia pavese nell’archetipo di tutte le province d’Italia.

Agli occhi dei fan il duo appare squilibrato, nel senso che uno dei due sembrava più marginale dell’altro. Mai pensiero fu più sbagliato. Repetto non teneva la scena e basta. Certo, Max era il volto della band, poiché scriveva e cantava, ma anche Mauro aiutava nella scrittura dei testi. Stando a Claudio Cecchetto, il lavoro di Repetto era indispensabile “perché Max aveva in mente di scrivere una cosa ma la trovava troppo esagerata, interveniva Mauro, gliela faceva scrivere e anzi ci aggiungeva del suo, e esagerava ancora di più”.

Dopo qualche tentativo fallito di simulare il suono della chitarra, Mauro si mette a ballare per accompagnare le canzoni di Max. Fino ad allora la presenza di Mauro sul palco era la rappresentazione dell’amicizia. Cecchetto e Peroni suggeriscono così a Repetto di fare ciò che ogni buon amico avrebbe fatto: ascoltare Max in mezzo al pubblico. Un passaggio da amico a fan, un primo atto di scioglimento della coppia. Ma è durante la produzione de Gli anni che qualcosa inizia davvero a cambiare e il primo ad accorgersene è Cecchetto: Max aveva scritto il testo della canzone tutto da solo, perché mentre lui era diventato più riflessivo, Mauro aveva solo voglia di divertirsi. Non solo, pare che Repetto abbia avuto un colpo di fulmine per una certa Brandi, una modella di cui aveva visto solamente un’immagine su una rivista, senza nemmeno conoscerla.

È il 1994. I due amici si separano. Max comincia la sua carriera da solista e tuttora è tra i cantanti più amati d’Italia. Ma il nome di Mauro verrà ricordato per sempre. “ ‘Sto saluto non vuol dire niente, praticamente… o forse vuol dire tutto, chissà”, è la dichiarazione di Max in merito alla separazione.

Rispetto a Caparezza, che aveva tanto da dire in ogni singolo album, le canzoni degli 883 hanno testi molto più semplici, senza troppi giochi di parole, meno arzigogolati. I temi sono incentrati sulla vita di provincia, l’amicizia, l’amore, le ragazze che non ci stanno, il mondo delle discoteche, le bravate adolescenziali e molto altro.

Tra i brani più celebri del gruppo è impossibile non citare Hanno ucciso l’Uomo Ragno, tratto dall’omonimo album. Diventato il tormentone dell’estate del ‘92, è la metafora del crollo della giovinezza e dei nostri sogni di ragazzini, che vengono fagocitati e “uccisi” dalla società odierna, più adulta e crudele. La fine dell’Uomo Ragno può anche essere interpretata come la sconfitta dell’eroismo umano e del buon senso, distrutto da bande criminali (la mala) e dalla società del consumo (la pubblicità). Il bene è stato sconfitto da una società potente e corrotta. L’unica cosa che conta sono le apparenze, i veri eroi sono accantonati in favore di attori e modelli. O forse c’è ancora speranza? Max Pezzali ha dichiarato, in merito all’Uomo Ragno: “Forse non è morto. Mi piace pensare che sia ancora da qualche parte a coltivare il sogno, la chimera.”

Nord sud ovest est, come suggerisce il titolo e come conferma il video ufficiale, è un vero e proprio viaggio in un mondo dalle atmosfere western, con tanto di mariachi, saloon e indiani pellerossa, ma al posto del cavallo c’è una decappottabile rossa. Un brano all’apparenza frivolo, con sonorità tex mex, eppure molto profondo. Un viaggio alla ricerca di una donna scomparsa si trasforma nella ricerca di noi stessi.

Come mai è una di quelle canzoni a cui sono particolarmente affezionata. Una musica leggera, al pianoforte, che descrive cosa succede quando ci innamoriamo: le notti insonni pensando a quella persona speciale, le lettere da dedicarle, il tentativo di spiegare i sentimenti a parole senza riuscirci, il doversi giustificare con gli amici. Una lotta continua tra logica e sentimento, tra ragione e istinto. Ma se quella persona vale davvero la pena, è giusto combattere e affrontare ogni avversità pur di conquistarla. Eppure non amo la canzone solo per questo. C’è un motivo in particolare: era il brano di sottofondo nella videocassetta del matrimonio dei miei genitori. Ogni volta che la sento dico “è la loro canzone”. Il ritmo lento, per nulla scatenato come lo erano stati altri brani prima di questo, aveva suscitato dubbi nello stesso Max, eppure funzionò. “A me non piacciono i lenti, però i capolavori sì”, fu la giustificazione con cui Cecchetto accettò il brano.

Io ci sarò racconta ciò che dice il titolo: di una persona che sarà sempre accanto alla sua amata nella buona e nella cattiva sorte, che sarà sempre pronto a darle calore e supporto qualunque cosa accada. La vita non è perfetta, non si svolgerà mai come una fiaba. La felicità è qualcosa per cui si deve combattere, meglio ancora se con qualcuno al tuo fianco.

Gli anni è uno dei brani più nostalgici. Si ricordano i periodi di libertà, di solidarietà, di innocenza e gioia. Ci si domanda dove sono andati a finire e se potremo mai recuperarli.

Rotta x casa di Dio è un pezzo generazionale. Parla di certe nottate trascorse in provincia, quando alle 2 chiude qualsiasi locale. Una comitiva di amici si perde andando a una festa, ma proprio nel perdersi trova il vero divertimento, dopo una fase di bestemmie e frustrazioni iniziali. Importante perché è il primo brano registrato dopo il grande successo di Hanno ucciso l’uomo ragno, uno di quelli su cui hanno lavorato di più, con opinioni che spesso divergevano: quando hai alle spalle il grande successo del primo album, sai che per il secondo devi impegnarti di più, non puoi permetterti di sbagliare. Lo diceva anche Caparezza: “Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista”.

Sei un mito è l’epica della pulizia della propria auto, una storia nella quale i ragazzi di provincia degli anni ‘90 si immedesimano con facilità: l’impresa di sistemare la tua macchina, cambiando i tappetini e mettendo il deodorante, per fare colpo su una ragazza quando passi a prenderla sotto casa. Dichiara Max Pezzali: “È la storia di un momento che è accaduto veramente, dato che la macchina è un elemento fondamentale per chi vive in provincia […], allora avevo fatto di tutto per predisporre l’automobile alla… diciamo all’accoglienza, ecco”.

Menzione d’onore per Una canzone d’amore e la meravigliosa intro con l’organo di chiesa; Ci sono anch’io, che molti conosceranno come soundtrack de Il pianeta del tesoro della Disney; Cumuli, rappresentazione nuda e cruda della dipendenza da droghe; poi La regina del celebrità, Nella notte, Il mondo insieme a te, Eccoti e Ragazzo inadeguato.

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