DI ELODIE VUILLERMIN
È difficile che un sequel riesca ad essere migliore del suo predecessore, eppure questo film ci riesce alla grande. Uno spettacolo a livello di sceneggiatura e tematiche, con uno stile d’animazione dinamico e coinvolgente: ecco come descrivere questo piccolo capolavoro, il quale dimostra perché la DreamWorks è la più grande rivale degli studi Disney e Pixar.

Il viaggio dell’eroe
La pellicola riesce a incuriosire lo spettatore già a partire dalla sequenza introduttiva, e non parlo dei titoli di testa, ma della scena ancora prima di essi, dove vengono illustrate la casa di produzione e le sue collaboratrici. Ma chiamarla “sequenza” è piuttosto riduttivo: è un viaggio in un piccolo universo popolato da vari pianeti, che il celebre ragazzo pescatore (colui che fa da logo alla DreamWorks) percorre in volo sul suo spicchio di luna. Ogni pianeta presenta i personaggi che hanno reso la DreamWorks una delle migliori case di film d’animazione esistenti, dai più celebri (Po di Kung fu Panda, Sdentato da Dragon Trainer, Shrek con Ciuchino e Fiona) ai più recenti (Mr. Wolf e la sua banda, il Baby Boss, Poppy di Trolls). Un viaggio che si conclude al di sopra di un mare di nuvole, con il ragazzo che si siede sulla luna e lancia l’amo della canna da pesca. Ma il vero viaggio deve ancora cominciare, ed è la caduta di una stella magica, che esplode in un insieme di colori e luce, a segnare l’inizio di tutto.
Nessun viaggio comincia senza un eroe. Ed ecco quindi apparire, in tutta la sua baldanza e con le tonalità calde che solo la voce di Banderas può dare, il Gatto con gli stivali, che abbiamo già avuto modo di conoscere nel film precedente e nella saga di Shrek. Ama la vita, il divertimento, la gloria. Si autodefinisce una leggenda e in quanto tale si crede invincibile. Lo dice fin dall’inizio del film: sfida la morte, azzarda, stuzzica gli avversari con ironia, li combatte danzando. Per lui il rischio è divertimento, lo eccita al punto da ridergli in faccia. Ma non sa a che cosa va incontro.
Il villain più realistico di sempre
Il difetto principale di Gatto è l’incapacità di accorgersi cos’è importante: la sua vita, che spesso mette in secondo piano a favore della fama e della sua immagine da eroe. Pur avendo già sprecato 8 vite, crede ancora di poter sfuggire alla morte. Ma lei lo raggiunge presto, sotto le sembianze di un inquietante lupo incappucciato e armato di falci di ferro, che picchetta con il dito su un manifesto da ricercato e dice “metti una firma qui” indicando la prima parte della frase “dead or alive”. E nell’istante in cui quel predatore, a suon di ringhi e lame di ferro sibilante, riesce a ferirlo e fargli versare una goccia di sangue, Gatto si sente crollare. La leggenda sparisce e viene rivelato per quello che è: un essere vivente come gli altri, spaventato e indifeso davanti alla prospettiva di lasciare questo mondo.

La DreamWorks, con questa scena, centra perfettamente la paura più grande di noi tutti. il terrore di Gatto è anche il nostro. La morte è un avversario troppo grande, ineluttabile, che un giorno ci porterà tutti con sé. Che tu sia un eroe o uno qualunque, a lei non importa. Lo dice a chiare lettere, il lupo: non gli è mai sfuggito nessuno, e nemmeno Gatto potrà farlo. La DreamWorks non si fa scrupolo a sbatterci in faccia questa dura realtà, per giunta in un film d’animazione. E ha saputo personificare un concetto astratto in una figura inquietante sotto ogni punto di vista: un lupo, uno dei predatori più temuti, legato alla figura del cattivo in molte fiabe; un cacciatore con occhi rosso sangue che fiuta la paura degli altri, si lecca le labbra quasi a inebriarsi della loro impotenza, strofina le sue lame contro il pavimento con un suono stridente e fischietta un motivetto talmente sinistro da far rizzare i peli di Gatto. Un cattivo vincente e ben studiato, che dà la caccia a chi raggiunge la sua fine perché non ha saputo dare abbastanza valore alla sua vita.
Il valore della vita
Gatto pensa di non valere nulla senza le sue nove vite, ma non è così. Quello che seppellisce sotto terra dopo il suo primo incontro con la Morte altro non è che un personaggio, creato dal modo in cui le persone lo hanno sempre visto e da come ha sempre voluto essere conosciuto. Ma il vero sé stesso è sempre vivo, dentro di sé. Lo soffoca per paura.
Nel corso del film deve quindi imparare un’importante lezione: smettere non tanto di avere paura, quanto di scappare di fronte alle proprie paure; avere il coraggio di combatterle e confidarle agli altri. Nove vite potranno aiutarlo ad aggirare la morte per un po’, ma non a evitarla del tutto.
Ma questo che significa, che bisogna aspettare la fine con angoscia? No di certo. La vita è comunque preziosa e va vissuta fino in fondo, devi saper goderti ogni momento e batterti per essa; almeno così facendo, una volta arrivata la fine, saprai di aver vissuto una vita piena, degna di essere ricordata. Una sola ci può bastare, purché possiamo condividerla con qualcuno di speciale.

Una lezione che Gatto apprende nel momento in cui, verso la fine del film, smette di scappare e duella con la Morte, pur sapendo di non vincere. E il lupo è costretto a risparmiarlo perché quello che ha di fronte è un Gatto diverso, consapevole della propria mortalità e dell’importanza della sua ultima vita, mosso da una profonda volontà di cambiare e di godersi ciò che gli è rimasto.
I sentieri della vita sono infiniti
La vita è un’avventura e ognuno nel film ne vive una completamente diversa. La mappa magica che conduce alla Stella del Desiderio cambia percorso a seconda delle intenzioni di chi la tocca. Gatto e Kitty lo trovano arduo a causa delle sofferenze che hanno passato; Perrito ha la via più facile in assoluto, proprio perché non desidera niente in particolare; Riccioli d’Oro fa un vero e proprio tuffo nel passato, nella vita trascorsa con gli orsi.

Il fine ultimo di molte avventure è un tesoro. Molti lo cercano non accorgendosi che già ce l’hanno: Riccioli d’Oro cerca la sua famiglia naturale quando è già trattata come una figlia dai tre orsi; allo stesso modo Gatto ha già qualcosa che lo rende grande e felice, e sono Kitty e Perrito, non le sue molteplici vite. Se loro imparano la lezione, Big Jack Horner è quello che paga il prezzo della sua avidità, per non aver dato retta alla sua coscienza e aver sacrificato le vite dei suoi collaboratori come niente fosse.

Il cagnolino che tutti vorremmo essere
Una sorpresa il personaggio di Perrito, nuova aggiunta di questo film. Presentato in modo ingannevole come spalla comica dai trailer, si rivelerà essere molto più profondo e importante: questo cagnolino terapeutico è l’incarnazione dello spirito ottimista con cui va vissuta la nostra vita. Ha sofferto per essere stato abbandonato, eppure non desidera grandi cose come fanno Gatto e Kitty; gli basta vivere felice con accanto dei compagni fidati. Con il suo atteggiamento rilassato e l’invito a godersi quello che si ha davanti, che sia l’odore di un prato fiorito o il gusto di una pietanza, facilita notevolmente il cammino di Gatto e Kitty. È la voce della ragione, colui che sa capire quanto è preziosa la vita proprio perché è unica.

Un intreccio di registri
Il film sa alternare molto bene i diversi registri. Oltre a quello cupo e serio già menzionato, non mancano anche sberleffi alle fiabe classiche e rivisitazioni degli stereotipi di quel genere narrativo, elementi tipici della saga di Shrek e anche di questo spin-off su Gatto. Se ci siamo già abituati a un orco che salva una principessa con un ciuchino parlante come destriero, a Jack e Jill in versione fuorilegge e a un principe azzurro idiota e per niente eroico, ecco che qui fanno la loro comparsa Riccioli d’Oro e i tre orsi nelle vesti di cacciatori di taglie con accento napoletano (e fa già ridere così). Per non parlare dei tesori magici di Big Jack Horner, dalla nave dei lillipuziani alla mano di Re Mida, dalla scarpa di cristallo di Cenerentola al tappeto volante di Aladino, fino ai biscotti e alle pozioni con l’etichetta “mangiami” e “bevimi”.
Anche il registro comico è ben studiato e non risulta mai inopportuno, portando un po’ di leggerezza che non guasta mai in un film d’animazione, che è tendenzialmente destinato ai giovani. Le scene con le parolacce bippate sono tra le migliori.
Molto apprezzata perfino la sottotrama romantica tra Gatto e Kitty Zampe di Velluto, già intravista nel film precedente ma qui migliorata: troviamo i due sempre a battibeccare e prendersi in giro, ma con tenerezza; affrontano ostacoli difficili e i reciproci segreti, eppure sanno andare oltre tutto questo.


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