TUTTO È QUI – Il Fantastico Come Risposta Al Terremoto

DI ALBERTO GROMETTO

Non c’è niente di bello in un terremoto. C’è l’impotenza di te che lo vivi, la tua piccolezza di fronte alla terra che quasi ti si apre sotto i piedi, il vuoto lasciato da quegli edifici che da quando sei nato hai sempre visto ergersi fino al Cielo e che invece da un momento all’altro vengono spazzati via come fossero nulla. E c’è tanto altro in realtà. Tanta sofferenza. Ma davvero non è possibile guardare al terremoto con uno sguardo che non sia triste né doloroso, ma piuttosto foriero di speranza, benché certo grottesco e paradossale, ma capace di infonderti energia? 

Questa era la missione che si era proposta la regista e sceneggiatrice SILVIA LUCIANI quando realizzò l’incantevole e meravigliosa pellicola «TUTTO È QUI» (2023). Non un mero documentario, ma il racconto fantastico di un evento che è stato tutt’altro che fantastico. O meglio ancora: la narrazione di quanto questo evento abbia comportato.

(La regista e sceneggiatrice Silvia Luciani)

Era il 30 Ottobre 2016 quando il terremoto e la sua inimmaginabile, soverchiante, devastante forza distruttiva piombarono nel Centro Italia colpendo Lazio, Umbria e la regione di cui ci racconta il film: le Marche. 

Nelle Marche, ci dice la gentilissima Silvia Luciani durante l’intervista che ci ha cortesemente concesso, sono abituati fin da piccoli a convivere con i terremoti, a prepararsi al loro arrivo, a sapere che lì sottoterra vi è un “drago” pronto a sputare fuoco e fiamme in qualsiasi momento. Già a partire dalla scuola dell’infanzia fanno continue prove di evacuazione. Per questo lei si è sentita chiamata a parlarne, ma in un’ottica diversa rispetto a quella a cui siamo avvezzi. 

Tutti oramai, nel bene e nel male, abbiamo sentito parlare della devastante forza di distruzione di un terremoto. E della straordinaria forza di determinazione di chi invece sceglie di essere forte e, anche quando la terra smette di tremare ma il dolore non cessa, rimane comunque ancorato alla sua casa e continua a lottare per essa?

Decidere di vivere accanto al terremoto, che anche quando se ne va è come se non se ne andasse mai, è una scelta che solo persone dotate di un’energia straordinaria potrebbero prendere. Persone forti come la Roccia.

Così Silvia Luciani chiama le sue protagoniste: DONNE-ROCCIA. Esatto, lo sguardo del film si concentra su due vite diverse di due donne molto diverse tra loro: Maria e Federica. Diverse, ma simili nel loro essere forti. 

Da una parte abbiamo Federica, 45 anni, maestra per i bambini del posto, rappresentante dell’idea della quintessenza del femminile positivo da intendersi come concetto di cura attraverso un metodo che è quello dell’insegnamento montessoriano. Lei è la portavoce di quegli adulti che cercano di essere parte attiva della loro comunità e che investono sé stessi nei propri progetti. Il suo è un asilo per i bambini di quella terra martoriata. È stato tramite un’amicizia comune che lei e Silvia si sono potute conoscere. A detta della regista marchigiana, è bellissimo trascorrere il proprio tempo insieme a Federica, una persona eccezionale dotata di una profondità e una sensibilità straordinarie.

Dall’altro lato c’è Maria, quasi 87 anni, che invece vive isolata per conto suo, ma che è comunque nove volte su dieci allegra e felice ed euforica, sempre pronta a cantare ad ogni ora del giorno e della notte! Lei è la portavoce di quegli anziani dalla “pelle spessa” che stanno lì sulla montagna da sempre. Vede il lato positivo in ogni cosa e questo costituisce la sua forza, anche dopo aver perso la sua casa in quel terremoto, obbligata a vivere dentro un container gelido di inverno e rovente d’estate che doveva essere una “soluzione temporanea emergenziale”. E invece ci vive ancora oggi. Silvia l’ha conosciuta mentre svolgeva un servizio di volontariato di ascolto sociale che ha portato avanti per nove anni, durante il quale chiacchierava con gli anziani e li aiutava con una sua piccola equipe facendogli la spesa e procurandogli farmaci. Quegli anziani li aveva soprannominati i suoi “190 nonni”, dato il loro numero. Dal dialogo aperto e onesto con loro era nato un legame d’affetto sincero. 

Il terremoto compare solo nella sequenza d’apertura: l’immagine è quella, oramai tristemente celebre, filmata da quei cacciatori che si trovarono nel mezzo del fracasso. Un inizio di questo tipo fa paura, sta a significare come la Natura matrigna arriva, entra nella tua vita e la sconvolge da cima a fondo. Ma dopo questo, ciò che vediamo andare in scena è la vita di queste due donne-roccia che, ognuna a modo suo, vive la vita che non è stata loro tolta e a cui s’aggrappano con tutta la forza di cui dispongono. 

Speranza, dicevamo. Non significa certo che si gioisce tutto il tempo. Una donna 87enne si ritrova comunque a vivere in un container. E un’altra di 45 si rimbocca le maniche il più possibile, anche se nessun tipo di aiuto giunge. E quanto ne avrebbero bisogno! Silvia Luciani poteva concentrarsi su questa desolante e sconfortante verità, quella di un Paese che abbandona a sé stesse le vittime dei terremoti, come dimenticate, come oggetti smarriti. Del resto lei è anche giornalista, poteva decidere di fare un film POLITICO. Anziché POETICO. Sì, lei sceglie la POESIA anziché la POLITICA. Il positivo piuttosto che il negativo. Il fantastico invece che la triste realtà. Meglio dare suggestioni positive e di forza anziché distruttive. 

Sceglie lo sguardo incantato e meraviglioso dei bambini allievi di Federica, che camminano tra le macerie ma intanto fingono di combattere contro il drago del terremoto e di vincerlo (che splendide quelle sequenze animate, una perla dentro una perla!). Decide di raccontare di una donna che non si dà per vinta e si fa in quattro per quei bambini, aiuto o no. E sì, racconterà pure la storia di un’anziana che vive in un container, ma la prima cosa a cui pensiamo quando ricordiamo Maria, ancor prima della sua casa-non-casa, è in realtà il suo ostinato canto allegro.

Come dire: È arrivato il terremoto che ha distrutto tutto? E allora noi risponderemo con la Fantasia, l’Immaginazione, il Gioco, il Divertimento e il Canto! E queste cose saranno la nostra forza più grande!

Silvia non lo sa perché in Italia le cose funzionino così. Non sa perché questi aiuti non giungano, perché nessuno dopo sette anni abbia fatto qualcosa di sostanzialmente utile. Come sia possibile abbandonare un posto, e le persone che lo abitano, in questo modo. Nel caso delle Marche, stiamo parlando di 55 comuni della zona di Macerata e alcuni dell’Ascolano vittime del terremoto, luoghi lesionati e inagibili e azzoppati. Sono paesini piccoli, che magari agli occhi delle grandi città e della grande politica possono apparire insignificanti. Sono solo poche centinaia di abitanti del resto, zone poco importanti a livello economico. Magari è questo il ragionamento che fanno ai posti di potere, chissà. 

Del resto oramai lo spopolamento delle montagne è un fenomeno in crescita. Vivere la montagna, quella vera, è innanzitutto fatica. E non solo perché hai a che fare con la neve alta, il clima rigido e le altezze vertiginose. Vivere la montagna significa rinunciare a quella socialità che permea il quotidiano di chi invece vive in città. Non ci sono cinema, né teatri. Chi è anziano la vive meglio perché è lì da sempre, come Maria. Ma per i giovani è più complicato: è l’assenza di vita sociale quello che manda via la gente dalla montagna. Dopo il terremoto, tanti hanno abbandonato le montagne, quelle montagne che per chi le ama significano tutto. 

Ringraziamo di cuore Silvia Luciani per aver raccontato il suo film e soprattutto per essersi raccontata così generosamente. Non dimenticheremo mai la gentilezza che ha usato nei nostri riguardi, né tantomeno l’aperto dialogo nato con lei, e dal quale siamo usciti infinitamente più arricchiti. Ognuno si imbatte nell’Arte a modo suo. A Silvia, che aveva sempre amato scrivere, un giorno la sua insegnante di terza media, Luisa, le disse che aveva una scrittura visiva e le consigliò di acquistare una telecamera. Da lì ad innamorarsi del Cinema il passo fu breve. Come era possibile, si chiesero i suoi genitori, che una bambina di un paese così piccolo dove manco esiste la Settima Arte potesse innamorarsi dei film e iniziare a farne, soprattutto considerando che in famiglia nessuno se n’era mai occupato? Beh, però è accaduto. Ed è grazie a questo se anche lei, come una delle sue donne-roccia, ha potuto combattere il terremoto. Grazie di quanto ci hai insegnato, Silvia. E un grande grazie a quella tua insegnante, il “tuo angelo custode”.

«Tutto è qui»: un progetto partito tanti anni fa, che ha dovuto attraversare numerose difficoltà quali la pandemia, ma che alla fine ce l’ha fatta e ci ha saputo conquistare e rapire, divertire e commuovere fino alle lacrime. Prodotto per la TEKLA FILMS da GIANLUCA DE ANGELIS, al quale saremo eternamente grati per averci messo in contatto con Silvia, girato tra i comuni di SAN GINESIO e PENNA SAN GIOVANNI, lo abbiamo scoperto grazie ai nostri carissimi amici dell’ASSOCIAZIONE MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA che hanno profuso un impegno straordinario per diffonderlo il più possibile.

E quando tutto sembrerà crollarti addosso, ricordati di non smettere mai di sognare!!!

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Se le vittime del terremoto ti stanno a cuore e vuoi leggere di come siano ancora dentro quel terremoto, leggi di Norcia: nell’articolo citiamo anche il film di Silvia.

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

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