Norcia e la sua Ricostruzione: Quando Lo Scempio Regna Sovrano

DI ALBERTO GROMETTO

«La cosa certa è che viviamo rimandando tutto ciò che può essere rimandato; forse tutti sappiamo nel profondo che siamo immortali e che prima o poi, ogni uomo farà ogni cosa e saprà tutto». 

Jorge Luis Borges, dal suo libro «Finzioni»

Vi sono volte nella vita in cui è impossibile non nutrire un profondo senso di ribrezzo nei riguardi dell’essere umano. L’uomo uccide, massacra, distrugge. L’animale ammazza perché è la natura che glielo impone, il lupo stana conigli e lepri perché ha necessità di sfamarsi e sopravvivere. Non c’è invece nulla di naturale nella Morte che porta l’uomo. Egli conosce l’avidità, la bramosia di potere, l’odio. Tende alla sopraffazione sull’altro. 

Ma allora perché siamo ancora qui a parlare dell’Essere Umano? Perché, a dispetto di tutto, non riusciamo a smettere di parlarne? Cos’è quella cosa che rende l’Uomo ai nostri occhi, volenti o nolenti, così maledettamente affascinante e necessario? L’Arte, la Cultura e la Bellezza

Quello che l’Essere Umano ha saputo fare nel corso della sua Storia è quanto di più spettacolare possa esserci. Certo, ha distrutto e devastato. Ma ha pure toccato il Cielo realizzando edifici di un’imponenza impressionante, riuscendo nell’impresa di contenere la Vita entro gli spazi di una cornice, componendo versi di una straordinarietà talmente alta che risulta impossibile anche solo pensarla tutta quella meraviglia. L’Uomo ha saputo creare qualcosa che va oltre i suoi meri confini, che lo supera, che lo avvicina quanto più possibile al Divino, facendogli saggiare l’Eternità e rendendolo Immortale. Sangue e Morte saranno pure connaturati all’Umano, ma lo sono anche la Creazione, l’Ingegno e il Talento. 

Spiegatemi voi come si può essere così tanto arrabbiati e tristi e delusi quando si è in un museo o in un teatro o tra le pagine di un libro oppure dentro un cinema o all’interno di una cattedrale? Sono i luoghi più belli al Mondo. Eppure un motivo per essere infuriati c’è. E il motivo ha a che fare con quella stessa Arte di cui abbiamo parlato. E cioè quando questa viene buttata via, sprecata, lasciata a sé stessa.

L’Italia è la Nazione al Mondo con il maggior numero di Patrimoni dell’Umanità: 59 i siti attualmente iscritti nella lista dell’Unesco. L’Italianità dovrebbe essere un motivo di vanto e orgoglio: dall’Antica Roma che dominava incontrastata passando per lo splendore del Rinascimento fino ad arrivare al Futurismo novecentesco, la tradizione culturale del nostro Paese raggiunge un’impareggiabile vastità quasi indescrivibile toccando le più alte vette in ogni campo possibile. Musica, Architettura, Pittura, Scultura, Cinema, Poesia, LetteraturaEppure quante volte sentiamo di perle rare italiane che invece di essere custodite e protette vengono scandalosamente abbandonate? 

L’Arte non è solo necessario crearla, ma bisogna prendersene cura. 

Ed è qui che veniamo al caso di NORCIA. Trattasi di una delle città più belle che esistano, ricca di una storia di una preziosità monumentale, entro le sue mura v’è custodito un patrimonio artistico-culturale dal valore incomparabile. Prima vi furono i  Sabini, poi i Romani, i Longobardi, la Chiesa. Come non citare San Benedetto, il suo più illustre cittadino, colui che predicando “Ora Et Labora” fondò l’ordine che rese questa città uno dei più importanti centri d’Italia fin dal primo Rinascimento. Ma poi ecco che arrivò. 

Era il 30 Ottobre 2016. Erano le 07:41 del mattino. Sono bastati solamente circa 15 secondi, 20 al massimo. La terra tremò e quasi sembrò aprirsi in due. Era il terremoto. Tra le più violenti scosse che abbiano mai flagellato il suolo italiano. Tre le regioni vittime: Lazio, Marche e Umbria. L’epicentro situato a soli cinque chilometri dal centro di Norcia. La magnitudo fu di proporzioni devastanti e abbatté senza pietà edifici, storia, economia, turismo, bellezza. Ma, credeteci o meno, non è quello il peggio. Il peggio è stato il dopo. Il peggio è ancora oggi. 

È così che funziona con i terremoti, quelli della Terra quanto quelli della Vita. Durano un attimo, il tempo di battere gli occhi o poco più, ma non finiscono veramente quando finiscono. È come continuassero, te li porti dietro, e puoi solo reagire oppure sprofondare nelle viscere. 

La gravità micidiale dell’intera faccenda è che a distanza di sette anni da quel giorno sostanzialmente nulla o quasi della fiera e prode Norcia è stato restaurato e riportato alla vita. La Basilica di San Benedetto, dinanzi alla cui bellezza un tempo ci si commuoveva, ora offre uno spettacolo che fa piangere tanto è desolante: quasi completamente in rovina, rimane in piedi solo la facciata perennemente coperta da tralicci. Un eterno cantiere fermo da anni. E questo per non parlare della Cattedrale di Santa Maria Argentea, delle mura di età medievale e di tutto il patrimonio dentro e fuori quel centro, e nelle zone limitrofe. Come se salvare quella Bellezza che un tempo splendeva a Norcia non avesse alcun valore.

(La Basilica di San Benedetto allo stato attuale)

E poi ci sono gli abitanti. Vivono ancora oggi in condizioni orrende e inumane, senza aiuti, abbandonati, come dimenticati, come non fossero abbastanza importanti, come non contassero nulla. Come se il solo terremoto non fosse stato sufficiente ad averli fatti sentire piccoli e impotenti. Ma dovessero pure essere lasciati indietro, come polvere e nulla più. Quelle persone, i Nursini, meritano di avere indietro la propria vita, la propria dignità, di vivere in una casa che non sia un container rovente d’estate e gelido di inverno, e di non accontentarsi di rimanere in baraccopoli fatte di piccole casette di legno invece che popolare vie vere piene di negozi veri in edifici veri. Sopra queste casupole dove hanno proseguito la loro attività commerciale vi è scritto «Negozi Temporanei». Da sette anni a questa parte. 

È davvero umano sopportare tutto questo? Loro non possono tirarsene fuori da soli. Quando giungerà questa benedetta ricostruzione? 

I lavori post sisma non sono mai veramente partiti. O se si vuole essere generosi: hanno avuto un inizio molto lento, e lo stanno avendo ancora adesso. Dopo sette anni. Dai negozianti a cui chiesi “Quando verrà fatto qualcosa?”, la risposta sfiduciata e rassegnata: “Han detto ‘tra poco’, ma in realtà non si sa, boh”. Io sono andato lì, a Norcia. Ho visto con i miei occhi la Bellezza di ieri e il disastro di oggi. Li ho conosciuti, e raramente ho trovato persone altrettanto genuine e premurose, luminoso esempio di impagabile gentilezza d’animo, cortesia estrema e calorosa umanità. Ma quello sguardo non me lo scorderò mai: triste, di chi ha perso tanto e sente in cuor suo che nulla avrà indietro. Quando qualcosa verrà fatto? A breve, dicono. Lo dicono da sette anni. Ripeto, perché ancora mi sembra impossibile crederci: da sette anni.

Vi è un film, tra i più belli e coraggiosi possibili, la cui visione consigliamo assolutamente, che affronta di petto il terremoto del 2016 e, soprattutto, le sue nefaste conseguenze. E come, a dispetto di questo, le persone abbiano continuato a lottare. Anche se lasciate indietro, come dimenticate. «TUTTO È QUI» è il titolo. Prodotto dalla TEKLA FILMS, scoperto grazie ai nostri carissimi amici dell’ASSOCIAZIONE MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA che ne hanno promosso la diffusione, trattasi di una pellicola che ci ha scosso emotivamente toccando corde di una profondità straordinaria. Ringraziamo di tutto cuore per averci regalato questa perla la regista e sceneggiatrice SILVIA LUCIANI, splendido essere umano che abbiamo avuto il privilegio di conoscere di persona e poter intervistare, e che nel suo film, concentrandosi su un’altra regione colpita, e cioè le Marche, ci narra dell’esistenza post terremoto e di chi, perso tutto, non aveva però ancora perso la voglia di rimanere lì dove aveva vissuto tutta la vita e di cominciare a riviverla, quella vita. Quelle persone sono fatte di roccia, perché resistono a tutto. Ai terremoti, e soprattutto a quello che è venuto dopo.

La verità è che la tragedia non fu il terremoto. Meglio: la tragedia grande non appartiene solo a quei 15-20 secondi. La tragedia vive ancora oggi. Perché nulla ancora è stato veramente fatto. O comunque, disgraziatamente, troppo poco. Questo è lo scempio tra gli scempi.

Quel poco che è stato fatto a Norcia lo si deve principalmente alla famiglia BIANCONI, albergatori e ristoratori dal 1850, veri e propri mecenati di cui si avrebbe più bisogno in questo nostro mondo, proprietari tra le altre cose dello storico hotel «PALAZZO SENECA», simbolo della rinascita della città, prima proprietà ad aver riaperto dopo il disastro, sede della Stella Michelin «VESPASIA» e nelle estreme vicinanze di un altro loro meraviglioso locale, il «SALSICCIA BAR BISTROT». 

(Insieme a Vincenzo Bianconi, che il Comitato di Redazione ringrazia)

Per il resto: cantieri fermi, lavori iniziati e poi posticipati, progetti edilizi che stentano a partire e talvolta, seppur annunciati, non partono affatto. Credo che Borges possa avere ragione, magari Noi rimandiamo tutto perché siamo immortali. Ma in questo caso il rimandare è la Morte. Rimandare significa uccidere la nostra Eternità e condannarla. Salvare Norcia e i suoi abitanti non è cosa che può essere rimandata. Forse un giorno giungerà qualcuno con il potere e la forza di fare qualcosa, e salverà quella Meraviglia, insieme a tutti i suoi cittadini. Nel frattempo però non dimenticatevi di loro, e visitate Norcia: andate a vedere tutta quella Bellezza e quel Calore Umano che ne fanno, a dispetto di tutto, financo del terremoto, un tesoro dei più preziosi sulla Terra.

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