La trappola è la tana – “Hannah Arendt Martin Heidegger Lettere 1925-1975” (annotazione del diario agosto o settembre 1953)

DI MIRIAM PAOLETTI

Ci sono volpi che hanno uno sguardo trasparente.

Lo sguardo non può cambiare, poiché è invariabile il modo del vedere

Alcune volpi vedono le altre volpi direttamente.

Lo sguardo non può dimenticare, poiché agli uomini non è concesso il diritto dell’oblio.

Ci sono volpi che non possono più proteggersi, prima dagli altri, poi da sé stesse, perché non possono più percepire “la differenza fra una trappola e ciò che non lo è”. 

Lo sguardo è irrevocabilmente marchiato.

Nello sguardo vi è la capacità di notare le cose che accadono, perciò esso è l’atto attraverso cui la realtà si schiarisce e diviene lampante come può esserlo una luce nelle tenebre notturne. Nondimeno bisognerebbe saper non vedere, poiché alle volpi non è stato insegnato a dimenticare, esse sono incapaci di “sopportare nell’animo opprimente il peso di tanto passato”: come può la volpe tollerare questa vita se su di essa grava il peso ineludibile della memoria? Cosa farne dei ricordi? Dove ficcarli?

(Il libro a cui si riferisce l’articolo, libro che raccoglie la corrispondenza tra Hannah Arendt e Martin Heidegger)

Se fosse possibile, sarebbero da buttare via, stracciarli e ridurli in brandelli e svenderli al prossimo mercante di oggetti sacri e maligni provenienti dalle dimore obliate di antichi re, chiedendogli di trattenerli. 

Se non è possibile, bisogna allora che la volpe apprenda a tenerli lontano dalla mente e cacciarli ogni volta che le si ripresentano, che disveli l’arcano affinché possa guadagnarsi il suo straccio di pace sputata, “[…] perché a forza di non poter pensare ad altro aveva imparato a pensare a freddo, per non consentire ai ricordi ineluttabili di ledergli qualche sentimento”. Come diversa strategia di difesa, dal momento che non può tornare a non saper guardare, la volpe ha deciso di costruirsi una trappola capace di tenere le altre volpi al di fuori della mente: saper di star pensando.

Nonostante la mente sia libera, la trappola causa l’avvicinamento delle altre volpi, per il fatto che la volpe, ora, con la trappola, è diventata la volpe migliore: nessuna altra volpe è stata così efficiente quanto lei lo è stata nella costruzione di così alte mura invalicabili, e perciò tutte le altre volpi sottostanno e subiscono l’irresistibile attrazione che la volpe esercita su di sé, vogliono contemplare le mura. 

La trappola è così bella, da fuori, così bella, dorata, splendidamente rifinita, riverbero delle luci stellari che, le volpi che con lei conversano, rimangono intontite dalla meravigliosa capacità oratoria data dalla manipolazione, cosicché, attraverso la trappola, la volpe riesce ora sia ad allontanare che a trattenere le altre volpi presso di sé: ingabbia le volpi sprovvedute che rimangono estasiate al cospetto di tanta magnificenza, ingabbia quelle che vi cadono dentro perché distratte dal riflesso che la volpe è capace di restituirgli, ingabbia chi si compiace delle domande che lo rendono importante o chi è inconsapevole di vedere solo quanto vuole vedere e chi ci crede e chi ci spera. La volpe scopre la sensualità angelica del potere che dalla trappola promana, gioisce della maestria con cui ella è capace di usarla, languisce al pensiero di quanto verrà glorificata dalle altre volpi ingabbiate, e l’immagine stessa di quelle volpi la eccita: adesso sarà lei a ferire quelli che non capivano di non saper vedere, adesso sarà lei la volpe più astuta. 

Se prima non poteva sopportare il peso del suo stesso sguardo capace di succhiare, dagli altri, il loro midollo originale, o tollerare l’inemendabilità caparbia del ricordo di quanto non era stato capace di continuare ad esistere, ora, invece, lo sguardo è la spada da impugnare per penetrare fino al cuore delle altre volpi, ora il ricordo è solamente la constatazione lampante, la prova evidente, che lo sguardo vive ancora; e fintantoché le volpi rimangono invischiate nelle maglie della sua trappola, la volpe prova la sensazione che le volpi hanno quando sono al sicuro: lei lo prova ora per la prima volta perché adesso è al sicuro nella sua mente, la volpe ha finalmente imparato a difendersi! Da qui, nessuno può arrivare, da qui, la cessazione di quelle voci è il silenzio probabile che deve avere la pace.

(Annotazione del diario agosto o settembre 1953, da cui si muove l’intero articolo)

Ma la gabbia è la sua stessa trappola: la gabbia è la mente e la trappola è che la mente, ora, non può più non sapere di star pensando. 

La mente è il luogo oscuro e ombroso che continua infinitamente a sprofondare, dilatandosi inesorabilmente in ogni direzione; la mente è il labirinto da cui, una volta entrati, diviene impossibile uscire. Nel sottosuolo, “vide di nuovo la faccia della sua solitudine miserabile”, l’urlo straziante della incomunicabilità: nessuno la scorge, perché in lei le volpi vedono soltanto quanto lei permette loro di vedere; nessuno la sente, perché nessuna volpe capisce il reale significato celato al di sotto delle sue parole. La volpe sarà d’ora innanzi sola? Ha ancora paura? Come può continuare il dolore? 

Adesso la volpe desidera uscire, agogna la fuga più di ogni altra cosa, vuole l’irrecuperabile vita precedente alla trappola; ora che conosce quanto dolore il suo cuore è capace di covare, ora vorrebbe che tale riverbero gelido non fosse l’accompagnamento costante che incornicia ogni istante della sua vita, il sottofondo cupo che riecheggia nelle vuote sale; vorrebbe sprofondare nella mente degli altri, vorrebbe sapere come loro possano tollerare la propria mente, viverla ogni giorno nella consapevolezza puntuale del pensiero che sa di star pensando; vorrebbe essere oltre sé, negli altri, al di la da sé, libera, cessata, finita. Tuttavia il gelo delle catene le ricorda, costantemente, nel ticchettio diabolico e puntuale, l’impossibilità di uscire dalla gabbia: la mente è ineluttabile, “la trappola le era stata letteralmente costruita addosso”. 

La volpe è stata la più astuta di tutte le volpi perché, per fuggire tutto il male conseguente al suo sguardo, essa ha creato la trappola, e per vederla come il luogo più sicuro al mondo, l’ha resa ineludibile: credendo di star costruendo il paradiso e desiderando solamente il silenzio della pace che serbano gli angeli al di là delle orbite celesti, la volpe ha trasformato la sua mente in un inferno e ci si è rinchiusa dentro servendosene come tana, vedendo nient’altro che inferno.

Nessuno potrà mai entrare nella trappola, dal momento che c’è già lei al suo interno? Nessuno? Sarà mai possibile una solitudine a due, in uno spazio così angusto? Sarà possibile scorgere il mondo al di fuori della trappola o privare la trappola della sua consistenza di trappola?

Ci sono volpi che devono crearsi il proprio personale pesciolino d’oro da costruire e fondere fino alla fine dei propri giorni – “la concentrazione implacabile lo premiava con la pace dello spirito”, elevando la quotidianità a religione.

Ci sono volpi che devono rendere ogni giorno la fine della vita, e “ricominciare da capo ogni giorno, ritornando ogni giorno a finire”, perché sono quelle volpi che sono state divorate dalla stessa trappola che sarebbe dovuta servirgli da tana.

Per quelle volpi ci sarà mai una pace?

Come farò ad uscire da questo labirinto?”.

(Nessuno conosce le trappole meglio di chi passa tutta la vita in una trappola)

Desideri leggere qualcos’altro appartenente all’ambito squisitamente filosofico? Allora clicca qua!!!

Ti piacciono le volpi? Se sì, premi qui sopra!!!

La memoria è un argomento che t’affascina? Nel caso pigia qui e leggiti di questo film straordinario!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP