La Favorita: Accettare Di Non Essere Amati

DI ALBERTO GROMETTO

Tutti coloro che mi conoscono davvero, sanno dell’esistenza di quella che a me piace chiamare: LA LISTA DEI 29 PIÙ GRANDI FILM DI TUTTA LA STORIA DEL CINEMA SECONDO ALBERTO GROMETTO. 

Un nome alquanto parlante, seppur egocentrico. Sì, Alberto Grometto sono io. La lista nacque a seguito di una conversazione occorsa tra il sottoscritto e GIACOMO, mio carissimo amico, compagno d’arme cinefilo e collega in MERCUZIO AND FRIENDS. Ci eravamo chiesti a vicenda quali fossero i nostri film preferiti. La domanda portò ambedue a prefiggerci la missione di stilare un elenco (senza ordine di preferenza) delle nostre dieci pellicole favorite in assoluto. Sì, lo so, ho sforato parecchio. Proprio non ce l’ho fatta a rimanere nei dieci. Chiunque ami il Cinema per davvero non ce l’avrebbe mai fatta. Giacomo riuscì a fermarsi a sedici. 

Uno di quei 29 titoli è senza ombra di dubbio: LA FAVORITA.

Non so se ci siamo capiti, ma stiamo parlando di uno di quei film dopo i quali comprendi perché il Cinema è Grande e le Storie sono Tutto. 

E il motivo per cui le Storie sono Tutto è che non troverai nessun altro posto al mondo in cui ti addentrerai più profondamente nei meandri celati e oscuri e reconditi di un Essere Umano come dentro ad una Storia. Non sarà sul lettino di uno psicologo, né attraverso l’ipnosi che potrai comprenderti davvero. O se non comprenderti, vederti dentro. Sarà nel buio di una sala cinematografica, o tra le pagine di un libro o all’interno di un teatro dinanzi al palcoscenico. E ti riconoscerai, e dirai: Pazzesco, parla di me!

Vedrai la storia di una Regina e, anche se non hai mai indossato una corona, ci rivedrai Te. Una Regina esistita davvero, Anna del Regno Unito. Ma non sarà importante la storia vera né la Regina in sé e per sé. C’è anzi più verità nella storia narrata da questo film e inventata di sana pianta che nella storica storia vera. Quella che vediamo andare in scena sotto i nostri occhi, prima ancora di essere una vicenda ambientata all’inizio del Settecento in Inghilterra presso la Corte Reale, è in realtà una storia che parla di Noi, a Noi, per Noi. E ci racconta come siamo fatti. E ci dice che nessuno ci ama per davvero. Il che è orribile. 

Seriamente, chi può amare una persona come questa Regina qua? È semplicemente MAESTOSA l’attrice OLIVIA COLMAN nel dare corpo e anima ad una Maestà che di maestoso non ha proprio nulla!!! La sua Anna sbava, cade per terra, urla, piange, grida, strilla, strepita, grugnisce, mangia una torta intera e poi la vomita mentre nel frattempo continua a divorarla, alterna momenti in cui starnazza peggio di una cornacchia gracchiante ad altri in cui sta zitta con un’espressione vacua in viso e un paio di tristissimi occhi vuoti e spenti eppure ricolmi di dolore. Aggredisce paggetti che non le hanno fatto nulla né possono farle alcunché. Ha improvvisi e funesti attacchi d’ira apparentemente insensati, talvolta ridacchia come una bimba capricciosa e talvolta singhiozza accasciata sul pavimento mentre si ritorce come un vermiciattolo strisciante nella sua lurida sozzeria. È davvero possibile amare una persona così? Io questo non lo so, so solo che però si ritrova ad avere due donne bestiali che tentano d’annientarsi a vicenda pur di entrarle nel cuore… e nel letto. Sì, ma non lo fanno perché Anna è Anna. Lo fanno perché Anna è la Regina.  

Ricordo il titolo: la Favorita… ma di chi? Della Regina. L’amore non c’entra nulla. La ferocissima e aspra e nefasta lotta senza esclusione di colpi punta all’obbiettivo di essere la preferita della Regina, la persona a lei più vicina, la Numero Uno. Perché chi è il Numero Uno può stare al di sopra di un mondo violento e brutale come quello descritto da questa pellicola, in cui ti distruggono senza alcuna pietà. Sì, la corte della Regina di Inghilterra è fatta così. Trattasi sicuramente di un raffinato posto elegante, very british, molto educato… no? Vi riporto alcune citazioni del film: 

«Va nel fienile se devi fartela, non nella mia cucina!»

«Mi piace quando mi infila la lingua dentro».

«… puzza come la passera di una vecchia puttana di Parigi»

E poi tante espressioni colorite quali «Sgualdrina», «Cazzo», «Troia». Ebbene sì, la Corte Reale Inglese è un luogo nel quale i veri gentiluomini sono stupratori seriali, alle damigelle si palpeggia beatamente il culo dopo essersi fatti una sega davanti a loro nella regal carrozza, e dove il passatempo più gettonato è lanciare melograni contro un tizio imparruccato completamente nudo. Questa corte è proprio come la sua Regina: marcia, lurida, assurda, buffa e triste insieme. In una parola: grottesca

Una donna debole e ipersensibile che manco assomiglia più ad una donna, ma piuttosto ad un bavoso animale ferito con la rabbia. Una bimba imbelle, un tenero e sballottato bambolotto di pezza che però si è ritrovato, volente o nolente, ad essere il centro attorno a cui ruota la vita della sua Nazione, Colei il cui favore bisogna conquistare se si vuole contare qualcosa, quella che prende le decisioni. Che paradosso assurdo!: una persona così fragile e incapace che è il perno del vero Potere

E poi ci sono loro due, le Belve Bestiali. Loro non possono permettersi di essere donne deboli o ipersensibili oppure fragili. Loro devono essere capaci di fare di tutto. Loro non sono la Regina, loro non decidono. O non dovrebbero poter decidere. Spietate fino al midollo, pronte a rovinarti, calcolatrici e manipolatrici e crudeli. Devono ammazzare, se non vogliono essere ammazzate.

Da una parte una dura e volitiva RACHEL WEISZ che impersona una lady “cazzuta con palle d’acciaio” che se ne va in giro col suo bel fucile, quella Sarah Churchill che è l’amica di sempre della Regina, anche più che amica a dire il vero. Quella che fa il bello e il cattivo tempo, colei che cammina nel corridoi del palazzo e dice a chiunque incontri “Fa questo, altrimenti ti cavo gli occhi oppure “Azzardarti a rifarlo e ti rompo la faccia”. «Posso ricordarVi che non siete la Regina?», le vien detto. Tanto può permettersi di fare quello che vuole, non è la Regina ma è come lo fosse. Lei vuole decidere e comandare, e vuole farlo per tutti gli inglesi: è lei che fa la politica di Sua Maestà, al punto da prenderla per la collottola e ordinarle quel che deve essere fatto. E la polvera balbettante bimbetta con la sua corona in testa ubbidisce, tanto non ci capisce niente. Certo, deve però lavorare sodo Sarah per avere tutto quel Potere in mano, lei che stringe letteralmente nelle sue grinfie le chiavi del castello. Talvolta può capitare che si becchi uno schiaffo in faccia dalla sua volubile Regina, ma lei sa come prenderla, perché per lei non è solo la Regina, ma anche Anna. La conosce bene, e sa che deve alternare bastone e carota, il che significa che dopo averle messo le mani al collo si mette sulle sue ginocchia così da trasformarsi in «un bocconcino appetitoso» e lasciarsi “divorare” da questa donnona che si comporterà come una bimba ma appare enorme nella sua camicia da notte o quando ha indosso il suo bel mantello. 

Dall’altra parte invece c’è una sublime e divina EMMA STONE che ci regala un’interpretazione da togliere il fiato al punto da obbligarci a incoronarla come una delle più straordinarie attrici di questo o di qualsiasi altro tempo. La sua Abigail, per la quale ci fornisce un’interpretazione impareggiabile che ha del sovrumano, non è una Lady come Sarah, non più oramai. È una donna che nella vita ha perso tutto ancor prima di cominciare a vivere davvero, è caduta (letteralmente) nel fango e ha vissuto sulla sua pelle gli orrori del mondo. Picchiata, frustata, denudata, umiliata, bersagliata, stuprata, non c’è da sorprendersi se è pronta a sporcarsi le mani. Da quel fango saprà rialzarsi, darsi una ripulita, e beccandosi certo le sue belle botte saprà con astuzia e perfidia addentrarsi come un cancro in quel palazzo, prendersi quel Potere e insidiarsi tra le microscopiche crepe di un rapporto saldo come la roccia e che esiste da anni. «Dovrei frustarVi nuda!» le vien ringhiato contro da un uomo. «Sono impaziente» risponde Abigail, sfrontata. Seduce col suo bel visetto innocente, conquista con le sue frasette per nulla innocenti, soggioga con la sua passera libidinosa e poi pianifica progetti, ordisce inganni, intesse trame malefiche. Ha una vocetta d’angioletto in pubblico, e poi nel privato si tormenta inquieta chiedendosi cosa possa fare perché sia lei a vincere. Una che ha perso in partenza, un’eterna sfigata, che certamente è cattiva e mefistofelica, ma lo deve essere perché… che può fare, d’altro canto? Vendere il culo ai soldati sifilitici? Lo ha fatto tutta la vita, e ora basta. Adesso vuole qualcosa di più, può essere qualcosa di più. E se questo significa lacerare ogni cosa al suo passaggio, ben venga! «Io sono dalla MIA parte, sempre!» afferma nel corso dell’opera. Anche perché se non ci sta lei dalla sua parte, chi altro ci starà? «Farò di te un’assassina» dice Sarah ad Abigail, senza rendersi conto che lei un’assassina lo era già. «Ho una passione per i deboli» dice. Ma Abigail non è una debole. È una sfigata, e proprio per questo pericolosissima. «Tornerai a battere sulla strada» le arriverà a sibilare contro Sarah. Chissà come andranno le cose.

Un trio di donne nel mezzo di un’epoca nella quale il maschio domina onnipotente. Eppure loro tre umiliano senza problemi gli uomini giostrandoli a loro piacimento e questo perché si ritrovano con in mano il Potere: Anna lo ha avuto per caso, Sarah sa essere gelida e stronza, mentre Abigail e i suoi occhi da cerbiatto la portano dove vuole arrivare per poi azzannare alla giugulare. Un trio di interpreti paradisiache. Il Premio Oscar come Miglior Attrice Protagonista lo ha vinto la Colman, ma lo avrebbero indubbiamente meritato tutte e tre. Menzione speciale spetta pure all’elegante e al tempo stesso scorrettissimo Robert Harley, impersonato da un eccezionale NICHOLAS HOULT in stato in grazia: si sarebbe meritato pure lui la celeberrima statuetta. Fa di tutto per essere antipatico con le sue battute scandalose e il suo charme pungente, eppure è nato simpatico, ogni sua smorfia è un capolavoro di recitazione, ogni sua posa andrebbe studiata a memoria, il suo impeccabile tono mellifluo sa sempre essere ironicamente beffardo al punto da farti scompisciare dalle risate. Un uomo che comprende che con la forza non ricava nulla e si ritrova così a dover scaltramente e abilmente sfruttare questo triangolo femminile, e anche a farsi sfruttare, per ottenere tutto quello che vuole. 

Questo capolavoro (e sembra che la parola “capolavoro” sia troppo poco) l’ha realizzato uno di quei Maestri che m’ha cambiato la Vita per sempre con le sue pellicole. Ha confezionato diverse perle di rara bellezza, e ogni sua opera è fedele al suo Sguardo e alla sua Visione, ogni suo lavoro sa essere audace, brillante, coraggioso e portato avanti senza alcuna paura del giudizio altrui. C’è chi dice che quest’uomo ami raccontare le sue masturbazioni (mentali e forse anche d’altro tipo) e farci film. Io dico: È così… ed è per questo che è un Mito. 

Il Genio Assoluto YORGOS LANTHIMOS, per la prima volta da quando fa Cinema (se non si considera l’esordio fianco a fianco col suo Mentore LAKIS LAZOPOULOS), decide di fare un film senza averne scritto la Sceneggiatura, che nel caso di questa bellezza targata 2019 è firmata da DEBORAH DAVIS e TONY MCNAMARA. Eppure quel pazzo visionario d’un greco trova sé stesso in questo script e ci realizza una pellicola che incarna pienamente quella che è sempre stata la sua essenza, la sua ambizione, la sua ossessione: raccontare quanto gli Esseri Umani facciano schifo e non siano capaci di amare per davvero, il che significa che nessun umano è dunque destinato ad essere amato. Ma… sarà così? 

Sì, perché questo sarà un film che ti racconta di un mondo popolato da indifferenti e insensibili personaggi freddi, cinici, beffardi, sadici, che si divertono ad essere autori di orribili scherzi gratuiti e ridono divertiti quando vedono altri esseri umani soffrire e umiliarsi. Eppure questo film non parla di Potere o Ambizione o Lotta o Sopraffazione, come parrebbe. Ma parla proprio di Sentimenti Umani, questi sconosciuti! Perché per quanto orribili e grottesche e maligne siano le figure protagoniste, sono prima di tutto esseri umani che soffrono e provano emozioni. 

Anna ha visto morire 17 figli. Alcuni sono nati morti, altri appena in fasce, nessuno è diventato adulto. Stringe piangendo un bebè ad un certo punto del film e questo le viene strappato via, perché tanto non è suo. Vive con tutto quel Potere in mano che non desidera e non sa gestire, circondata da 17 conigli che altro non sono che i fantasmi dei figli morti che la perseguitano e la rendono la sbavante e nevrotica bestia lacrimosa che è. 

Il padre di Abigail ha perso la figlia a whist quando lei aveva solo 15 anni. L’aveva scommessa. Era talmente affranto, quel bastardo, che se n’è andato nel bosco con una sguattera e un po’ d’alcool. La piccola bimba si è ritrovata così nelle mani di un tedesco grasso con l’uccello piccolo al quale almeno riuscì a far credere che la donna avesse il ciclo mestruale per 28 giorni al mese. Suo padre si è dato fuoco insieme alla sua proprietà quando ha perso tutto. Per questo lei fa quello che fa, per questo lei stronca e uccide, perché non vuole più sentirsi in quel modo, e cioè una nullità. Tutti quegli stupri e quelle immonde nefandezze la facevano sentire impotente. 

E poi Sarah, una statua di gelo. L’avrebbe mai guardata in faccia Anna non fosse stata la Regina? Qualcosa mi dice di no. Eppure, ciononostante, nell’imparare a saperla prendere, forse dopotutto qualcosa per lei lo ha provato. Ogni volta che Anna soffre, chiama Sarah perché ha bisogno disperatamente di lei. Ma in quelle rare occasioni in cui Sarah è vittima dello sconforto, pure lei cerca Anna. Sarah manipola, maltratta e sbeffeggia la Regina tenendola sempre sotto di sé. E lo fa perché vuole regnare. Ma la conosce così bene, e sa quello che è meglio per lei. Se bevi quella cioccolata calda vomiterai!, la rimprovera. E Anna, impotente, si piega. Sarah lo ha detto perché si preoccupa per la salute della Regina oppure per quella di Anna? Forse entrambe.

Il problema è l’Amore. Perché è di questo che parla «LA FAVORITA», il film meno romantico che possa esserci. Parla di Amore. Di quello che l’abbandonata Abigail non ha mai avuto. Di quello che Anna ha perso quando ha visto morire i figli e mai più conoscerà, perché lei è la Regina e la Regina è amata a prescindere, non perché lei è lei. E poi quello di Sarah, che potrebbe forse esistere o forse no. All’inizio del film vi è il seguente scambio di battute tra Sarah e Anna.

«L’amore ha un limite»

«Non dovrebbe». 

L’Amore dovrebbe averlo, un limite? Nei film, nei romanzi rosa, nelle grandi storie romantiche con cui ci hanno drogati e bombardati fin dalla più tenera età si parla sempre di questo benedetto “AMORE INCONDIZIONATO”. Significa voler stare con qualcuno solo per volerci stare insieme. E nient’altro. Nessun’altra ragione, né condizione. Ma questo tipo d’Amore esisterà davvero? Vi è poi quell’altro Amore. L’Amore Condizionato. Ed è cioè quel tipo d’Amore che si basa su qualcosa che con l’Amore non c’entra niente. Su condizioni esterne. Queste condizioni possono essere soldi, potere, paura della solitudine, desiderio di avere una vita migliore. Se i legami di questo tipo dovessero sciogliersi un giorno, è solo perché le condizioni per cui erano nati sono venute a mancare. 

Anna vorrebbe essere amata. Avere l’Amore Incondizionato. Ma non ce l’ha. Abigail le dice le paroline dolci, gioca con i suoi coniglietti, e le racconta che se fosse un uomo abuserebbe di lei. Sarah invece ha il coraggio di dire in faccia alla Regina che è brutta come un tasso, ed è la sola che glielo riesce a dire, e non si fa problemi a dirglielo. Lei non le mente come fa Abigail, che studia attentamente le sue proprie azioni per avere da Anna quel che desidera. Questo però non significa che Sarah non voglia niente dalla Regina, anzi, pretende di averla nelle sue mani. E quando Anna se ne rende conto, capisce che non c’è più alcun dubbio: quello di Sarah non è amore incondizionato, ma la ama perché da lei vuole qualcosa. «Non è possibile che qualcuno mi ami?» si domanda sconsolata la Regina. Non vi importa di me!, grida contro Sarah. Ma poi subito dopo urla anche: Restate con me! Altrimenti, chi ha lei? I suoi conigli, i suoi figli morti, le sue ferite. Che non smetteranno mai di far male.

«Certe ferite non si rimarginano. Ne ho altre simili. Semplicemente ci si convive, anche se a volte ricominciano a sanguinare».

Essere all’apice deve essere bellissimo, no? Queste tre donne siedono ai posti di comando del Mondo. Quantomeno del loro Paese. Le loro scelte e le loro azioni, che vediamo andare in scena nei bui corridoi del Palazzo Reale e nelle sue cupe stanze, influenzano i Destini della loro intera Nazione. Ma alla fine è un’altra cosa quello che vogliono davvero: essere amate. Sentirsi amate. 

Le belle favole ci raccontano che alla fine il principe sposerà la principessa e che vivranno per sempre felici e contenti. Ma l’Amore e la Felicità non sono così semplici qui, su questa Terra. E alla fine tutte e tre le nostre protagoniste sono delle perdenti. C’è chi perde meglio e chi perde peggio, certo. Ma loro hanno quelle ferite, quegli stupri, quei conigli che non smetteranno mai di perseguitarle. Abbandonate, sole, perse. E con quei maledetti fantasmi ad ossessionarle. E così la controllatissima Sarah alla fine commette un passo falso facendosi sopraffare dall’emozione. Abigail capisce che non potrà mai essere davvero la Numero Uno, perché c’è pur sempre la Regina, e dunque rimarrà tutta la vita sotto qualcuno, prostrata e umiliata, obbligata a vendere il culo. E Anna comprende di non avere nessuno. 

Ma alla fine davvero non si può amare o essere amati a questo mondo? Chi lo sa. Credo che ognuno dovrà trovare la risposta dentro di sé. Talvolta ci si accontenta di un surrogato. Chi dei conigli al posto dei figli. Chi di qualcosa che assomiglia all’Amore, ma in realtà è una semplice congiunzione di eventi e condizioni esterne che ti portano ad avere il favore di quella persona. Ma se l’Amore dicono sia eterno, il favore non lo è per niente. E non possiamo in questo caso non citare le parole di Harley, che esemplificano il significato più vero e l’essenza più profonda della pellicola immortale di Lanthimos: 

«Ma il favore è un vento che cambia sempre direzione. In un attimo sei a letto con un’oscena banda di puttane e un dito di uno sconosciuto nel culo».

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