DI GIOSUE’ TEDESCHI
Questo si è rivelato essere un libricino davvero molto interessante. Una raccolta di leggende popolari a sfondo religioso, se non ti sono mai piaciuti i racconti popolari probabilmente non andremo d’accordo ma, soprattutto, non leggere questo libro perché non ti piacerebbe. Le ventisei brevi favole in questa raccolta sono tutte molto semplici, senza stranezze di sorta o impressionanti svolte nella trama. Sono proprio quelle storie che ti racconterebbe tuo nonno, se fosse taoista, di fronte a un camino, se usassimo ancora i camini, durante le notti d’inverno, se le stagioni esistessero ancora.
La mia preferita è stata “Peng Cho e gli otto Immortali“. Forse perché è breve tra le brevi, forse perché è la penultima e ho avuto bisogno di tempo per abituarmi al libro, forse semplicemente perché mi piace più delle altre. Si tratta della storia di un giovane ragazzo, Peng Cho, che secondo il fato morirà a vent’anni. Il tempo passa e quando giunge il giorno fatidico lui sta lavorando nei campi come sempre. Non si è messo a sperperare denaro, a viaggiare per il mondo, a godersi la breve vita che gli rimaneva usando il mondo come un parco giochi privato. Ma bensì ha continuato a vivere con la madre lavorando nei campi ogni giorno. Dicevo, arrivato il fatidico giorno si trovava appunto nei campi quando vede arrivare gli Otto Immortali. Peng Cho gli corre incontro e li supplica di cambiare il suo destino. Gli Otto Immortali, che ben conoscevano il destino del giovane, gli concessero allora di vivere altri cento anni per ricompensa per il suo duro lavoro. Ma ecco la sorpresa, il plot twist se possiamo chiamarlo così: per la gioia Peng Cho lancia in aria la zappa che stava utilizzando e questa, ricadendo, uccide il piccolo serpente che quel giorno avrebbe dovuto porre fine alla sua vita.
Non è stupefacente? Gli Otto Immortali, potentissimi, Dei tra gli uomini, esseri che hanno trasceso il tempo, per cui lo spazio non è più grande della pagina di un libro, non hanno applicato alcuna magia né intricato sortilegio per allungare la vita del giovane. Gli han parlato, hanno prodotto suoni in sé vuoti di significato e potere, ma che hanno avuto un effetto molto reale. Il giovane si è salvato da solo nel momento in cui ha avuto il permesso di farlo. Forse anche grazie al fatto che, in tutti quegli anni, ha continuato a prendere in mano la zappa com’era sua abitudine.

Al fondo di questi racconti la morale è sempre molto esplicita; a volte non si tratta tanto di morale quanto di un racconto di generazione (nota per l’editor: c’è una parola apposta per dirlo, qual è?, genesi, cosmogonia?). Intendo dire un racconto nato per spiegare ai bambini, presi ad esempio da curiosità e meraviglia, come e perché alcune cose sono come sono. Ad esempio “I sandali di paglia con le stringhe” spiega perché i sandali di paglia non coprano tutto il piede ma passino in mezzo alle dita, simili alle nostre infradito. O “Il bambù dai duri germogli e dalle tenere radici” che, come potete immaginare, spiega perché i bambù siano così.
Altri più che spiegare la natura delle cose, come ad esempio “Peng Cho e gli otto Immortali“, si propongono di offrire alle giovani orecchie che l’ascoltano un modello di comportamento virtuoso. Ci parlano di persone normali che, se seguono la retta via e si comportano correttamente anche nelle avversità senza desiderare più del necessario, possono essere ricompensate.
Questi racconti fanno parte di una cornice culturale e storica molto più ampia di quella che emerge dalle mie parole, se può essere d’interesse invito ad esplorarla. Sono certo che ci sia da scoprire molto più di quanto possa mai dire io in una piccola recensione. Penso che il Taoismo sia pieno di misteri e, come moltissime religioni, approfondirlo senza per forza convertircisi possa offrire una nuova visione del mondo. A parer mio, non se ne hanno mai abbastanza.
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