Easter Egg, Capitolo 3 – Scelte

DI ANDREA RAPELLI

Quella dei finali multipli è una scelta. Non solo per il videogiocatore, ma anche per chi il gioco lo crea, decidendo di sviluppare percorsi differenti che si diramano da bivi narrativi. Scelte di dialogo o d’azione influenzano il gameplay e offrono varietà all’esperienza ludica. Un ottimo esempio per introdurre questo argomento è The Stanley Parable, la cui versione Ultra Deluxe è inclusa nell’abbonamento Playstation Plus Essential di gennaio.

(Stanley, il protagonista)

Originariamente rilasciato come mod per Half-Life 2 nel 2011 e successivamente trasformato in un gioco standalone nel 2013, The Stanley Parable è uno dei giochi più unici e sorprendenti degli ultimi anni, noto per la sua struttura non lineare, il suo approccio alla narrazione e il modo in cui interroga le aspettative del giocatore, che assume il ruolo di Stanley, un impiegato d’ufficio. Un giorno, Stanley si rende conto che tutti i suoi colleghi sono scomparsi e inizia a esplorare l’edificio deserto in cerca di risposte. Ciò che rende unico questo gioco è la presenza di una voce narrante, che descrive costantemente le azioni del protagonista e lo guida lungo un percorso predefinito. La storia si sviluppa seguendo le scelte del giocatore, che ha la libertà di decidere se seguire le istruzioni della voce narrante o ignorarle, con risultati drammaticamente diversi.

(Il percorso predefinito)

The Stanley Parable gioca con il concetto di scelte e conseguenze in modo estremamente metanarrativo. Il narratore commenta il comportamento del giocatore, man mano che si avanza nell’avventura. Se il giocatore decide di seguire pedissequamente le istruzioni della voce, arriverà a uno dei finali che il narratore ha previsto; se il giocatore sceglie di non seguire la narrazione, la voce si irrita o si stupisce, ma il gioco continua ad adattarsi e a offrire nuove opzioni, creando una varietà di finali multipli e situazioni bizzarre. Il gioco è costruito su questa continua tensione tra libertà e controllo: il narratore è consapevole che il giocatore può scegliere di disobbedirgli, ma questa disobbedienza non è mai davvero libera. Ogni scelta del giocatore è parte di una struttura predeterminata, e il gioco sembra suggerire che, in fondo, il giocatore non stia realmente “sfuggendo” alla narrazione, ma solo seguendo un altro tipo di storia, quella dell’insubordinazione.

(L’ufficio, la mappa del gioco)

Uno degli aspetti chiave di The Stanley Parable è la rigiocabilità. A seconda delle scelte del giocatore, si raggiungono innumerevoli finali diversi, e ognuno di essi fornisce una nuova prospettiva sulla storia e sul concetto di “libertà” all’interno di un mondo virtuale. Alcuni finali sono ironici, altri tragici, altri ancora completamente surreali. Questo invito a esplorare tutte le possibilità rende il gioco un’esperienza che può essere rivisitata più volte, con ogni partita che svela nuovi dettagli, provocando una riflessione su quanto un videogioco debba essere “libero” e su quale grado di controllo debba essere lasciato al giocatore; una riflessione che riguarda anche il concetto di autorialità. Se da un lato avere finali alternativi può offrire una maggiore libertà di scelta al giocatore, permettendogli di sentirsi protagonista della propria storia, dall’altro essa potrebbe far pensare che si perda l’idea di una narrazione unica e ben definita, sacrificando la coerenza o la profondità della storia per consentire queste scelte. In realtà quella dei finali multipli è, a tutti gli effetti, una scelta autoriale che rende l’autorialità più sfaccettata. D’altronde il videogioco, proprio per la sua interattività, rappresenta un’evoluzione del concetto classico di narrazione.

(Ogni azione del giocatore ha delle conseguenze)

Il concetto di offrire finali multipli in un videogioco è senza dubbio affascinante, ma se si considera che solo una piccola percentuale dei giocatori porta a termine i giochi, si solleva una domanda legittima: ha senso investire risorse e tempo nello sviluppo di finali multipli, se non tutti avranno l’opportunità di scoprirli? Noi pensiamo di sì. Anche se il gioco non viene completato da tutti, le scelte morali e le azioni compiute lungo il percorso potrebbero comunque avere un impatto forte su chi gioca, anche se non raggiungerà mai il finale. Le scelte non determinano solo l’esito, ma anche il modo in cui i personaggi reagiscono durante il percorso. Questo tipo di dinamiche contribuisce ad aumentare l’immersione e a dare al giocatore un senso di controllo e responsabilità. Questo può essere particolarmente valido per quei giochi che presentano trame profonde e scelte morali complesse, come nei giochi di ruolo (The Witcher 3: Wild Hunt, Mass Effect, Chrono Trigger, ecc.) o nei titoli narrativi (Detroit: Become Human, Silent Hill 2, ecc.). Va inoltre detto che, per molti giocatori, il viaggio che intraprendono in un videogioco è spesso più importante dell’obiettivo finale. I finali multipli non devono essere visti solo come premi per aver completato il gioco, ma come parte integrante di una narrazione che si evolve in base alle scelte compiute. L’importante è che le scelte fatte durante il gioco abbiano un impatto significativo sulla narrazione, rendendo ogni partita un’esperienza unica.

Proprio come Stanley, anche questo approfondimento ha raggiunto il finale. Non ci resta che darvi appuntamento al prossimo mese!

Quanto ci piacciono i finali? Nel caso, clicca qua e finisci su un articolo che parla proprio di conclusioni, epiloghi e via dicendo!!!

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