DI PIETRO BERRUTO
I mondi dei post-apocalittici variano da un’opera all’altra, mostrandoci panorami devastati in maniere differenti a seconda del libro, film, videogioco o fumetto che funge da medium per la narrazione. Scritto e disegnato dall’artista Spugna e pubblicato da HollowPress, The Rust Kingdom si differenzia dal resto dei post-apocalittici perché non sembra essere ambientato in una deviazione di un mondo simile al nostro, come per esempio in Mad Max, The Last of Us e The Walking Dead, bensì tratta di un mondo magico e misterioso, anche se ugualmente desolato e abbandonato.
Non ci viene data alcuna introduzione o spiegazione durante la storia, anzi: le didascalie sono completamente assenti e sono presenti pochissime nuvole di dialogo. La storia comincia con il ritorno sulla terra di un innominato spadaccino, determinato nella sua missione di vendetta; per quanto non conosciamo per quale motivo lo spadaccino fosse rinchiuso, da chi e come sia uscito, tutto ciò non è davvero importante, perché la forza di The Rust Kingdom è il mistero. I poteri e le dinamiche dei personaggi ci vengono mostrati sul momento, piuttosto che essere spiegati in anticipo. Il mistero che circonda la storia è uno dei motori della narrazione, costringendo il lettore a girare le pagine in fretta, l’una dietro l’altra senza tregua per il desiderio di scoprire i segreti della stessa. Quando due personaggi si scontrano, per esempio, fra di loro si conoscono, e sanno, l’uno dell’altro, sia i punti di forza che i punti di debolezza e ogni lotta termina con ciò che per noi lettori è un colpo di scena, ma che per i personaggi non lo è. Nessuno è stupito quando lo Spadaccino o la sua spalla, il Necromante, o i loro nemici, come Lord Utero, il Decimo Figlio o il Prete di Chiodi, rivelano i loro veri poteri. In questo universo narrativo l’ampollosità non trova posto e invece c’è solo spazio per una narrazione netta e precisa, come il taglio di una spada. Lo stile narrativo di Spugna ricorda i poemi cavallereschi, in cui i cavalieri affrontano i propri nemici uno dopo l’altro, ottenendo anche mezzi ed artefatti magici, per giungere al termine della propria quête, in questo caso più sanguinosa che mai.
La vera forza di The Rust Kingdom sono i disegni. Oltre all’utilizzo di body horror e di dinamiche grafiche splatter, Spugna si avvale di uno stile appositamente sgraziato e brutto nei character design per dimostrare l’inospitalità di questo tempo oscuro; non è una pratica inusuale nel genere post-apocalittico, ma lo stile unico di Spugna gli permette di creare personaggi dall’aspetto memorabile, unici nella loro bruttezza. Questo mondo partorisce solo esseri brutti perché così deve essere: non c’è più spazio per la bellezza e non c’è più spazio per altri sentimenti o altri concetti o ideali. Non per questo, però, dovrebbe considerarsi assente l’evoluzione dei personaggi: ci sono, soprattutto nelle battute finali dell’opera, momenti di introspezione e di comprensione del pensiero del personaggio principale, lo Spadaccino, personaggio desideroso di portare a termine il proprio obiettivo anche pagando i costi più alti. Altro grande pregio dell’opera è la dinamicità con cui i personaggi si muovono, più nello stile di un anime shonen che in quello di un fantasy classico: il miscuglio dello stile epico e dei disegni di corpi pieni di bubboni, ferite, macchie e denti crea un panorama unico nel proprio genere.
The Rust Kingdom è un meraviglioso esempio di perfetta sincronia tra genere, stile di narrazione e stile grafico, consigliatissimo a tutti gli amanti dei generi descritti di sopra. Sarà bello ritrovarsi in un mondo che non ha pietà per nessuno, nemmeno per il lettore.
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