Storia di un ritratto che diede scandalo: il dipinto di Madame X.

DI LAURA PICCIONE

Tutti voi sarete andati almeno una volta in un museo, armati delle migliori intenzioni di accrescere la vostra cultura: avete iniziato così a camminare per i corridoi, in principio provvisti di buona volontà, vi siete fermati a leggere tutte le didascalie di statue, quadri e così via. Gradualmente però la vostra mente ha iniziato un po’ ad appannarsi, lo stomaco ha cominciato a brontolare perchè magari si è avvicinata l’ora di pranzo, e così il passo si è fatto più sbrigativo. Se nello specifico vi foste trovati al MET di New York, il vostro sguardo si sarebbe potuto soffermare in maniera frettolosa su un dipinto raffigurante una donna di profilo, con un abito nero attillato e dallo scollo al cuore: bello, però passiamo oltre sarebbe stato il vostro breve pensiero davanti alla tela. Eppure, dietro il dipinto della misteriosa Madame X vi è una storia alquanto interessante, che merita essere scoperta anche a costo di qualche brontolio in più della vostra pancia.

Il dipinto venne realizzato tra il 1883 e il 1884 da John Singer Sargent, un pittore nato a Firenze da genitori facoltosi provenienti da Philadelphia. L’identità dietro il soggetto raffigurato? Virginie Amélie Avegno, una giovane nata a New Orleans, trasferitasi poi a Parigi all’età di otto anni in seguito allo scoppio della guerra civile americana. Ella sposò il banchiere Pierre Gautreau, diventando così Virginie Amélie Gautreau. Il suo ritratto non venne commissionato dalla famiglia, anzi, Amélie aveva rifiutato in precedenza proposte di altri artisti di posare per loro, eppure qualcosa la convinse ad accettare la richiesta di Sargent, che in una lettera ad un amico mostra tutto il suo entusiasmo: ho un gran desiderio di dipingere il suo ritratto e credo che lo permetterebbe, credo che aspetti qualcuno che proponga di omaggiare la sua bellezza. Se la conosci bene e ti trovassi a Parigi, ti prego di riferirle che sono un artista estremamente talentuoso.

Una volta che Amélie ebbe accettato, la realizzazione del dipinto si rivelò più turbolenta del previsto, dal momento che Sargent non sembrava decidersi sulla posa da far assumere alla sua musa: entrambi si trasferirono insieme per un breve periodo in Bretagna, dove il pittore si dedicò alla stesura di alcuni schizzi preparatori. Nelle prime versioni la dipinse seduta su un sofà con la testa alzata, poi con il capo dolcemente appoggiato al divano e con una coppa di champagne: furono disegnati circa trenta bozzetti, realizzati a matita, ad olio e ad acquarelli. Sargent definì la bellezza di Amélie come “impossibile da dipingere”, e la modella, dal canto suo, sommersa dagli impegni sociali, non tollerava le lunghe ore in cui doveva posare immobile.

In varie lettere Sargent scrive del suo lavoro in corso: “un giorno ero così insoddisfatto (dell’opera) che ho aggiunto un pizzico di rosa chiaro allo sfondo così scuro… La figura slanciata della modella sta avanzando”; “sono ancora a Paramé, scaldandomi ai raggi del meraviglioso viso della mia modella”; “quest’estate è decisamente finita e così anche il mio soggiorno, purtroppo, a Les Chenes (la villa di Gautreau)”.La versione definitiva dell’opera venne realizzata su una tela di due metri e mezzo di altezza e larga un metro: precedentemente Sargent aveva realizzato già quadri di dimensioni imponenti, Le figlie di Edward Darley Boit e El Jaleo, e il ritratto di Madame X non poteva fare eccezione, doveva anzi spiccare nella mostra dove sarebbe stato esposto.

Amélie domina la scena al centro della tela, adornata da un abito nero scelto personalmente dall’artista dal guardaroba personale di lei: il chiaroscuro del mobile, dell’indumento e dello sfondo scuro mettono in risalto il pallido incarnato della giovane, il cui viso esprime un’aria intraducibile di mistero. Nella prima versione che venne esposta, la spallina del vestito cadeva lungo la spalla nuda. Ora che finalmente il lavoro era terminato, era venuto il momento di esporlo al Salon di Parigi del 1884 sotto il nome di Portrait de Mme ***, ma purtroppo le recensioni non tardarono ad arrivare, la maggior parte di esse negative. Ralph Wormeley Curtis, un pittore americano, racconta della folla che si era radunata al Salon di Parigi quel giorno: la reazione della maggior parte delle persone del pubblico fu di avversione, “tutte le donne scherzavano ah ecco la bella, oh che orrore”. Judith Gautier, una scrittrice francese, parla del ritratto nel maggio 1884: “Di fronte a questa singolare immagine i visitatori rimangono a bocca aperta, perché non comprendono nulla di ciò che vedono. È una donna? Una chimera? La forma di un unicorno impennato come su uno stemma araldico? O è forse l’opera di un artista decorativo orientale, a cui è vietato riprodurre la forma umana e, volendo evocare l’immagine di una donna, ha tracciato questo delizioso arabesco? No, non è nulla di tutto questo; è piuttosto l’immagine precisa di una donna moderna, eseguita con cura da un pittore che è maestro della sua arte“. Se questa recensione sembra riconoscere almeno il talento dell’artista dietro il pennello, altri giudizi si rivelano assai meno clementi. Insomma, l’abito scollato, la pelle diafana, la spallina lasciva: l’insieme di quei dettagli aveva suscitato scalpore e indignazione.

Un giornale francese, l’Envément, recita: “Il signor Sargent ha commesso un errore se pensa di aver espresso l’esplosiva bellezza del suo modello. Anche se si volessero riconoscere delle capacità nel dipinto in sé, siamo scioccati dal carattere volgare della figura”. Un critico de l’Artist scrive: “tra tutte le donne svestite al Salone quest’anno, la più interessante è Madame Gautreau… per l’indecenza del suo vestito che sembra stia per cascarle”; la rivista Le Figaro parla della scandalosa spallina, sembra che con “un solo movimento” “potrebbe rimanere nuda”; La Vie Parisienne addirittura pubblica una caricatura di Madame X, Gautreau, con il seno esposto e la seguente dicitura: “Mélie, il tuo vestito ti sta scivolando di dosso!” e lei risponde “é fatto di proposito… e lasciami stare!”. Alcune recensioni accusano l’artista di essersi dedicato all’opera per il puro gusto di dare scandalo, ad esempio un giornalista di Art amateur descrive il soggetto come “un’esagerazione di tutte le sue eccentricità viziose (di Sargent), semplicemente affinchè se ne discuta e provochi tumulto”.

La reazione di Sargent fu comprensibilmente di scottante delusione, tanto che Curtis racconta delle emozioni a caldo dell’artista all’apertura della mostra: “John, povero ragazzo, era distrutto, ma anche Gautreau era nervosa: lei e la madre andarono nel suo studio piangendo fiumi di lacrime, la madre fece richiesta che il quadro venisse ritirato dalla fiera”. A quel punto l’autore cercò di rimediare parzialmente al danno riportando la spallina scesa al suo posto, ma a nulla servirono i suoi ripensamenti e il dipinto venne ritirato da lui stesso poco dopo. La famiglia di Madame Gautreau non ne volle sapere di acquistare l’opera e Sargent si trasferì in Inghilterra.

Ma il dipinto di Sargent non è l’unica versione che ritrae questa donna misteriosa: sette anni dopo, Amélie posa per Gustave Courtois e ancora una volta l’opera mostra un vestito, questa volta dello stesso colore della sua pelle, la cui spallina scivola dolcemente lungo il braccio. Questo nuovo ritratto, invece, viene stranamente recepito positivamente dal pubblico. Una terza versione è quella di Antonio de La Gandara, del 1897, in cui Amélie si mostra di profilo, in una posa molto simile al primo ritratto commissionato.

Ma anche la reputazione negativa del dipinto originale di Sargent è destinata, anche se tardivamente, a subire un rovesciamento in positivo: dopo aver venduto la tela nel 1916 al MET di New York, il Metropolitan Museum of Art, il 12 maggio del 1916 Il New York Herald lo definisce un “capolavoro”, e l’impatto di quest’opera non finisce qui. Nel 1960 uno stilista cubano, Luis Estévez, creò un vestito ispirato all’abito raffigurato in Madame X: possiamo ammirarlo in una foto scattata da Milton H. Green per Life Magazine nell’edizione dell’11 gennaio 1960, indossato dalla modella Dina Merrill.

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