Le isole, tutte quante

DI GIOSUE’ TEDESCHI

Al Salone del Libro ho trovato, su un trespolino di metallo, una rivista. Una vecchia edizione di Leggere:tutti. L’ho presa e l’ho letta qualche sera dopo, è stata una lettura interessante che mi ha fatto pensare a un paio di cose. Il numero era interamente dedicato alle isole, a parte qualche pagina sul finale dove consigliavano libri da leggere. Sempre sulle isole. 

Credo che le isole, soprattutto le piccole isole, accendono la fantasia proprio perché il loro orizzonte acquatico si tiene in uno sguardo. 

Josè Saramago

Era una rivista piena di citazioni. Certo, c’erano anche degli articoli, però era difficile distinguere quanto fosse scritto dalla mano dell’autore e quanto l’autore avesse semplicemente preso da altre fonti. Citandole, per carità. Questo articolo probabilmente potrebbe suscitare genuini e fondati dubbi dello stesso tipo in tutti voi. Eppure se a tutta prima sono rimasto un po’ stizzito dall’ammontare di citazioni presenti nei vari articoli, ho poi pensato che forse non erano così male. D’altra parte erano belle citazioni, vale la pena di condividerle. Bisogna anche considerare che la gente che scrive, stando alle statistiche, è più di quella che legge. C’è, quindi, più contenuto scritto che occhi per leggerlo – riprendere il contenuto valido in più posti dovrebbe essere comunque un aiuto per i lettori, no? Qualcuno diceva che siamo in un’epoca in cui abbiamo così tante informazioni disponibili in ogni momento, che adesso il lavoro da fare è selezionarle. E come si fa dall’inizio dell’umanità si tenderà a seguire chi, nel nostro orizzonte, è più bravo degli altri a selezionare le informazioni rilevanti. Naturalmente, anche se a una prima occhiata può sfuggire, “rilevanti” ha un diverso significato per ognuno di noi. Il che lascia ampio spazio a qualunque lavoro di qualità uno voglia fare nel proprio campo. 

Ma sto perdendo la rotta. 

Nanni Moretti disse: “Caro diario, sono felice solo in mare, nel tragitto tra un’isola che ho appena lasciato e un’altra che devo ancora raggiungere”. Ritrovo ad ogni attracco, difetti e luoghi comuni della vita quotidiana ed allontanarsi immediato senza guardarsi indietro. 

Ognuno cerca la propria isola. Se Moretti non l’abbia ancora trovata o semplicemente non voglia condividerla non ci è dato saperlo. La mia idea è che tante volte l’isola è un miraggio. Arrivare a una meta è solo una scusa per navigare, e allora l’isola è nel mare. O meglio, è il mare. Lo spazio tra le isole, è la sua isola. Il viaggio. In un mondo sempre più veloce gli spostamenti da un luogo all’altro sono una piaga virulenta. E a ragione, perché mai dovrei passare tutto questo tempo sui mezzi pubblici quando potrei usarlo per fare altro? Qualcosa di più produttivo o appagante? Su questo non ho nulla da obiettare. Perché penso che il problema sia dato dall’idea dei mezzi pubblici come mezzi appunto. Sono un non-luogo. Anzi, il non-luogo per eccellenza. Odiamo spostarci da un posto all’altro perché lo spostamento in sé è stato reso di una piattezza insostenibile. Come un veliero in un mare senza onde né vento, preferiremmo affondare che attendere la fine al centro di un’uniforme orizzonte. O prendere in mano i remi, e camminare.

Sono attratto da chi vive in quei luoghi [le isole], ma anche dagli incontri sorprendenti con chi sceglie le isole come residenza. A Ventotene, c’è un attaccamento alla terra molto forte. L’esempio perfetto è la Ferdinandea. L’isola sottomarina che appare e scompare, esiste e non esiste. La fantasia vola, ma quello scoglio che in pochi hanno visto incarna tutto ciò che può accadere e non te lo aspetti. La presenza raccontata è testimoniata. 

Penso che un altro punto forte delle isole sia appunto la loro solitudine. Per quanto la nostra vita interiore sia viva e colorata è faticoso vivere più di un’isola alla volta. Già un arcipelago richiederebbe uno sforzo non indifferente per essere tenuto nel cuore tutto assieme. Inoltre la creatività stravede per le limitazioni, no? Più mettiamo dei paletti e più la strada si fa chiara – miracoli dell’intelletto umano suppongo. Per quanto naturale sia trovarsi persi di fronte a un foglio bianco e sapere esattamente cosa fare appena lo trovi più pieno di linee e ghirigori, trovo ancora bellissimo potermi esprimere in uno spazio meglio di quanto farei in un infinito. 

Eccola qui la magia di Faletti, andare in ogni parte del mondo per poi tornare e raccontare di quei viaggi nel posto più piccolo che ci sia, l’isola d’Elba, dove aveva trascorso un terzo della sua vita. “[…] c’è una nave da crociera che si muove all’orizzonte e non sa con la distanza la bellezza che ha di fronte. Io lo so che questa è un’isola – io lo so che questa è un’isola. Io lo so che questa è un’isola che c’è… […]”.

Eva De Vecchis

L’isola che c’era. E dov’era?

Vuol forse dire che invece tutte le altre isole non ci sono? E questa in particolare sì? Magari tutte le altre ci sono ed è lei a non esserci. 

Quante sono le isole che non ci sono? C’è chi dice che un’isola sia sempre al confine con il mondo. Chi dice che sia per definizione fragile, nomade e che a un certo punto si risolleverà o andrà alla deriva. Chi la paragona alla vita. La gente esce dal mare, attraversa l’isola e poi torna al mare. 

Forse ancora in questo senso, l’isola che c’è è una metafora dell’esistenza che possiamo condividere in questo momento. 

Quindi c’è questo momento, c’è questa esistenza, ma destinata a scomparire quando scenderemo da questa isola di realtà che compare nel mare del nulla. 

Il mare increspato, il vento che sferza nello stretto l’odore agrumato di ogni angolo, i Colli che incorniciano città e case bianche e splendenti. Tanti scrittori hanno ricordato. Immaginato e rimpianto, quest’isola che in realtà ne contiene tante altre. 

L’isola è un’immagine che sembra completa. Che si avvicina sempre di più alla completezza in quanto isolata appunto, e poiché è isolata pensiamo di riuscire a vederla tutta. Eppure in realtà non la vediamo con più precisione che non un qualunque altro pezzo di mondo. Eppure, solo perché la pensiamo come completa, perché pensiamo di vederla in tutti i suoi particolari, forse in realtà la vediamo di più. 

Perché alla fine del mondo stesso non abbiamo che un’idea. Se dell’idea dell’isola abbiamo un’idea questa deve riuscire ad abbracciarla tutta. Abbiamo la pretesa di riuscire ad abbracciarla tutta. Allora forse, dell’isola ne sappiamo di più che del resto del mondo.

C’era poi una parte dove ringraziavano i librai che hanno aperto una libreria su un’isola. Cos’è un’isola? Se apro la mia libreria in un piccolo paesino di montagna con una sola strada che percorre i 10km fino al paese più vicino, non ho comunque aperto una libreria su un’isola?

È intrigante, in ogni caso, la figura del libraio dell’isola – legata alla comunità che può svilupparsi su un’isola, e solo su un’isola. 

Le librerie nelle isole sono come i fari che illuminano la notte ed indicano la rotta ai naviganti. Sempre che la gente dell’isola abbia voglia di leggere. Non sai mai che tipo di comunità c’è sull’isola su cui approdi. Di certo però lo si scopre presto, questo non cambia mai. 

Emblemi reconditi delle nostre fragilità, impervie reminiscenze di incanti dimenticati? Queste oasi “perse” nel mare sembrano ricordarci che per comprendere ciò che è grande e definito si debba andare alla ricerca di ciò che è piccolo e, paradossalmente illimitato, come la poesia.

Gisella Blanco

Di seguito mi sento di includere tre poesie sulle isole che ho trovato in quella stessa rivista: 

Senza di te 

le isole non ci sarebbero, 

tu 

sei il portale. Le isole nascono 

dalle tue voglie.

Olive Senior

Un gabbiano artiglia l’orizzonte prima

Che si rapprenda

Dopo le otto è deserto

Il lungomare. Il blu irrompe nel confine

Oltre il quale prende fuoco la stella

Quasi a immortalare nel silenzio 

Il momento della notte che avvisa del suo arrivo

Iosif Brodskij

Appartengo al fuoco

all’estate ai rovi e alle more

Appartengo al vento

a ciò che non muore

Davide Cortese

E alcuni libri che, se per caso volessimo andarcene su un’isola, potremmo portare con noi:

  • Il problema dei tre corpi – Aniela Rodriguez, 2021;
  • La vita si impara, DeA Planeta, 2020, Alberto Pellai;
  • The hill we climb, Garzanti, 2021, Amanda Gorman;
  • Leggerò Leggerò, Guida impertinente alla lettura e all’amore per i libri, Interlinea, 2021, Antonio Ferrara.

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