DI SARA NOEMI SCATOLA
Lei gli raccontava le favole. Lui le insegnava a volare.
Ho visto per la prima volta questo film quando andavo alle scuole medie ed ero ancora una giovane ragazza che si buttava a capofitto in una storia d’amore, senza curarmi dei pezzi di cuore che avrei potuto perdere per strada, senza volermi mai fermare, speranzosa di trovare in ogni porta davanti a me quella che mi avrebbe condotta all’incanto del vero amore.
Oggi sono una studentessa universitaria. In questo arco di tempo, a distanza di svariate crepe nel cuore, posso dire di aver raggiunto una buona consapevolezza del mio modus amandi e di essere sulla buona strada per distinguere il sogno dal reale.
Una cosa però non è cambiata: la speranza che un giorno mi troverò avvolta dall’amore di una persona così come ci si lascia piacevolmente avvolgere dalle lenzuola del proprio letto in una mattina d’inverno.
E Peter Pan, adesso come dieci anni fa, mi ha suscitato le stesse, vivide emozioni. Ha riportato a galla il mio sogno di giovane ragazza: vivere un’avventura accanto alla persona per cui il tuo cuore fa le capriole nel petto. E in questa avventura ti ci butti tutto d’un fiato, saltando da un precipizio legato a un elastico, che rappresenta l’unica garanzia che tornerai con i piedi stabili per terra.
Peter Pan per me è camminare a piedi scalzi nei miei sogni, impastare le mani nello scorrere della mia vita e vedere che una parte di me è ancora la stessa bambina che dieci anni fa sognava quell’avventura, quell’amore che ti fa attraversare la galassia per giungere su un’Isola che non c’è, ma che è la personificazione più pura dei propri bisogni e desideri.
Ognuno di noi ha o avrà avuto una personale e unica Isola che non c’è su cui appoggiare il cuore, per evadere da una quotidiana realtà e correre, correre, e ancora correre, con l’entusiasmo e l’energia tipici dei bambini.
Forse però, quello che ci insegna Wendy è anche che non occorre per forza evadere la realtà, vivere in un mondo di affascinanti pirati, bambini volanti e suadenti sirene. Forse quello che Wendy ci insegna è che bisogna guardare alla realtà con nuovi occhi, gli occhi disincantati di un bambino di fronte al semplice volo di una farfalla o alla morbidezza del cuscino sotto la testa dopo uno stancante pomeriggio al parco-giochi. Di fronte a un mondo di lavori d’ufficio, vestiti formali e macchine sempre di fretta in ritardo per appuntamenti immancabili, la rivoluzione è lasciare che la magia del volo di una farfalla rientri nei nostri occhi di adulto.
Gli occhi dei bambini permeano di magia le giornate grigie dei grandi, aggiungono un naso rosso e una parrucca arancione e riccioluta a un serioso uomo d’affari.
Guardare la realtà con gli occhi di un bambino è inventare mondi fantastici dove è possibile ogni storia che ci immaginiamo.
E raccontare storie è un modo per far sognare sé stessi e chi ci ascolta. È il bussare timido del piccolo fanciullino che c’è in noi alla porta del mondo dei grandi.
E non c’è miglior modo di sognare che ascoltare quel piccolo fanciullino che bussa alla nostra porta e chiede con una lanterna in mano di essere visto e ascoltato.
Non riesci più a distinguere tra Sogno e Reale? Pigia subito qua!!!
Ami i sogni e la loro incandescente Bellezza? Questo è l’articolo che stavi cercando!!!





