Storie in Rete – La Divina Commedia 2.0

DI MARCO FERRERI

Dopo il recente esordio della rubrica Storie in Rete con Corso d’inglese obbligatorio il giovedì, il Pennivendolo Ubriacone non poteva esimersi da onorare la settimana dedicata al Sommo Poeta con una chicca proveniente dal sottobosco editoriale. Dunque eccomi qui, con un po’ di rainy jazz in sottofondo e un bicchiere di Riesling Poderi Colla a prendere aria sul comodino, pronto a catapultarmi nella recensione di una reinterpretazione della Divina Commedia decisamente poco divina, ma assai comica!

La Divina Commedia 2.0, come suggerisce il titolo, è un’attualizzazione parodistica del poema medievale che tutti, volenti o nolenti, conosciamo. Oltre a dimostrare per l’ennesima volta – se ce ne fosse ancora bisogno – l’immenso potenziale dell’opera originale, è un simpatico tentativo di avvicinare Dante ai più giovani, compresi quelli meno avvezzi alla letteraturaimpegnata”. Gli autori sono Daniele Bello, vero e proprio professionista della riscrittura di testi classici in salsa fantasy, e Silvia de Meis, navigata autrice di racconti per bambini e ragazzi.

La vicenda prende le mosse nella palestra della scuola superiore Bellincini, dove si stanno svolgendo le prove di uno spettacolo teatrale dedicato, ovviamente, alla Divina Commedia. Il protagonista, tale Lucciarelli, a cui spetta il ruolo di Dante, risulta tuttavia disperso. Il giovane si risveglia nella Selva Oscura, dove viene raggiunto da Virgilio, personificazione della sua coscienza. Risolto l’equivoco iniziale, in virtù del quale Lucciarelli crede di essere preda di uno scherzo, Virgilio rivela che lo studente è rimasto intrappolato in un sogno magico, da cui potrà risvegliarsi soltanto ripercorrendo per intero l’esplorazione dell’universo dantesco e superando un esame finale sulle conoscenze acquisite.

Così, Lucciarelli e il poeta latino si avventurano tra i gironi dell’Inferno, dopodiché scalano il monte del Purgatorio fino a giungere al Paradiso, dove Beatrice sopraggiunge per guidare l’improbabile pellegrino attraverso le ultime tappe del percorso. Il viaggio si rivela particolarmente accidentato, non tanto per i pericoli insiti nell’aldilà, quanto per le continue difficoltà di comunicazione tra l’ottuso studente e i suoi accompagnatori.

«“Caronte, non metterci i bastoni tra le ruote. Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare.

“Che hai detto Virgi’?”

 “Sarebbe troppo complicato da spiegare! Ti basti sapere che questa frase, qui, apre tutte le porte.”

“Ah, una password! Chissà se apre anche il registro del prof.”»

(Bello, de Meis – La Divina Commedia 2.0)

L’incontro-scontro tra la sensibilità spirituale insita nei personaggi medievali e l’insensibilità del giovanotto dà vita a una serie pressoché infinita di gag, più o meno riuscite. Esse giocano sull’equivoco lessicale, sulla decostruzione dell’alone di sacralità con cui Dante ammanta i vari passaggi del viaggio originale e sull’insofferenza di Lucciarelli nei confronti di un percorso che, al pari della maggior parte degli studenti che si approcciano alla Commedia in età scolare, percepisce come un inutile e noioso obbligo.

(Daniele Bello)

Sulla trama de La Divina Commedia 2.0 non c’è molto altro da dire, così come sui personaggi, i quali ricalcano la caratterizzazione di quelli originali. A tirar fuori la parte meno nobile del loro animo sono proprio gli atteggiamenti del giovane Lucciarelli, incarnazione stereotipata di un alunno delle superiori particolarmente ignorante e svogliato, di cui riproduce tutti i comportamenti più superficiali.

Specialmente Virgilio, vuoi per le continue manifestazioni di disinteresse del Lucciarelli verso le possibilità di arricchimento interiore che l’universo dantesco riserva, vuoi per la marcata distanza culturale e lessicale rispetto a un giovane del nostro tempo, si rivela particolarmente infastidito dalla situazione, ma non per questo meno determinato a portare a termine il suo compito, così da togliersi di torno l’adepto.

Bisogna sottolineare che il protagonista opera un’effettiva evoluzione caratteriale, per quanto essa sia piuttosto repentina e avvenga nel corso degli ultimi passaggi della narrazione. Prima di allora, l’appeal del racconto è dovuto principalmente alla ricerca dell’effetto comico, perfettamente evocato durante la prima parte della storia. Esso, però, tende leggermente a sfumare con il passare delle pagine, per via della ripetitività degli espedienti.

D’altro canto, non è per nulla facile mantenere freschezza e originalità delle battute in una parodia che si protrae per oltre centocinquanta pagine, dunque va fatto un plauso agli autori per il coraggio mostrato nel proporre un simile tentativo, certamente perfettibile, ma sostanzialmente ben riuscito.

(Silvia de Meis)

Ogni sezione de La Divina Commedia 2.0 riporta note e appendici molto puntuali, che spiegano con un linguaggio semplice e alla portata di tutti i concetti teologici, le ispirazioni letterarie e il background dei personaggi storici inseriti da Dante nell’opera originale. Da esse si evince il vero intento del libro: omaggiare un capolavoro senza tempo attraverso una parodia simpatica e dissacrante, ma non offensiva per il mero gusto di esserlo.

In conclusione, La Divina Commedia 2.0 è un romanzo molto scorrevole e decisamente simpatico. Risulta apprezzabile sia dagli adulti che già conoscono e amano la Commedia, sia dai ragazzi che approcciano Dante per la prima volta, grazie a una forma semplice e scanzonata, che né dimentica né calpesta la sostanza dell’opera originale. Qualcosa mi dice che, nel leggerlo, perfino il Sommo Poeta stesso si sarebbe fatto quattro sane risate.

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