DI PIETRO BERRUTO
Nel 2022 i diritti d’autore americani degli amati personaggi delle fiabe moderne, Winnie the Pooh e Bambi, sono scaduti, liberando i due animali in quel parco naturale che è il dominio pubblico. Da allora peculiari opere d’arte sono state sviluppate e rilasciate, permettendo di dare nuove sfumature a queste immortali icone della narrativa per bambini, prima fra tutti la pellicola slasher Winnie-the-Pooh: Blood and Honey, famigerata per le sue pessime recensioni, la bizzarra regia e i rudimentali effetti speciali. Opera, sulla stessa linea del film di Rhys Frake-Waterfield, è la miniserie a fumetti Pooh vs. Bambi, scritta da Noah Mitchell (nonostante il soggetto sia stato ideato anche da Joe Brusha, Dave Franchini e David Wohl) e disegnata da Jordi Tarragona. Il fumetto, pubblicato da Zenescope e al momento inedito in Italia, al contrario del film, che sceglie di essere un horror, propone una rilettura action-thriller dei due classici.
In questo mondo, Pooh, gli abitanti del Bosco dei Cento Acri e Bambi sono membri di una squadra d’élite dell’esercito americano, personalmente gestita dal Generale Robin. Gli animali, con l’eccezione di Tigger, in realtà una donna umana capace di diventare una tigre mannara, sono super-soldati creati in vitro dal governo, mandati in missioni pericolose a causa della loro forza e resistenza; durante una di queste missioni, un diverbio si accende tra Pooh e Bambi, altrimenti migliori amici, e la litigata finisce nel sangue. Dopo questa tragica missione, Pooh diventa un senzatetto errabondo per i boschi, fino a quando Christopher Robin, anni dopo, non lo recluta di nuovo per una missione finale, a caccia dei suoi vecchi compagni di squadra, Tigger e Bambi. Pooh, riluttante, si decide a partecipare, affiancato dalla soldatessa scelta, Piglet (ossia Pimpi).
La storia può sembrare ridicola, ma in realtà il problema dell’albo non è questo, anzi: nel corso di tre numeri ci troviamo di fronte a scene d’azione da classico film di spionaggio, sparatorie da manuale e pestaggi tipici di questo tipo di storia. I dialoghi non sono particolarmente complessi, infilando qualche battuta a tema Winnie the Pooh qua e là (quando gli antagonisti prendono in giro Pooh lo chiamano “silly old bear” come nelle opere originali), e generalmente si tratta del tipo di conversazioni insipide che hanno come protagonisti Mark Wahlberg o Tom Cruise in un loro film qualunque. La trama è prevedibile, ma non priva di colpi di scena (anch’essi prevedibili). I personaggi sono abbastanza carismatici, non tanto di per sé, ma grazie al contrasto tra le loro versioni classiche e quelle presenti nella storia di Mitchell, strappando perciò qualche sorriso di tanto in tanto, ma nulla oltre ciò. I disegni riescono infine a proporre scene d’azione convincenti e funzionano molto bene nel raffigurare bizzarri animali antropomorfi, ma la qualità degli stessi è altalenante, soprattutto nel terzo numero, in cui Jordi Perez subentra come disegnatore.
Come ho detto, il grande difetto di Pooh vs. Bambi non è l’essere l’ennesima reinvenzione di un classico della letteratura in chiave “bollino rosso”, ma il non essere abbastanza interessante. Gli ideatori della storia sanno che l’attrattiva di un fumetto del genere è la ridicolezza, ma non riescono a utilizzare questa qualità al cento per cento, proponendo una storia strana, ma non assurda: il grave errore che questa storia commette è l’essere prevedibile, e un mondo in cui Pooh e Bambi hanno gli addominali scolpiti e sparano e si sparano a vicenda, non dovrebbe essere prevedibile. La bellezza del dominio pubblico è che tutti possiamo dare una nostra interpretazione alle storie a cui siamo più legati e, sia chiaro, non è uno spreco utilizzare tali personaggi per raccontare nuove storie fuori dall’ordinario per essi, ma il raccontare nuove storie noiose e stantie senza dubbio lo è.
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