DI ELODIE VUILLERMIN
“Tutto comincia da un’interruzione”, diceva Paul Valéry. È il caso di Jasper Gwyn, scrittore che abbandona la sua carriera per dedicarsi a tutt’altra cosa: ritratti di persone. La fine diventa un nuovo inizio, un trampolino di lancio verso qualcosa di grande, unico, misterioso. Perché per quei ritratti non si serve di tela, pennello e pigmenti. Usa la sua arma migliore: le parole.
UNA FOLLIA CONSAPEVOLE
La scelta di Jasper sembra improvvisa, una semplice provocazione verso la società oppure un gesto d’avanguardia. Invece è serissimo, determinato nei suoi intenti, sin da quando pubblica sul Guardian la lista delle 52 cose che non farà mai più, inclusa la scrittura. Mette distanza fisica tra sé e il mondo editoriale, abbandona la notorietà e vive una vita da uomo qualunque, prendendosi tutto il tempo per riflettere su cosa fare. Finché una parola non emerge dai suoi pensieri: copista. Un termine che sente suo prima ancora di sapere cosa significa, che sceglie solo perchè la parola gli suona bene. Non è certo di quali responsabilità comporti essere un copista, ma “quando sarà il caso, lo capirà”, come sottolinea una signora con il foulard impermeabile con cui stringe amicizia. E lo capisce quasi per caso, rifugiandosi in una galleria d’arte in un giorno di pioggia, dove ha occasione di osservare da vicino la composizione dei ritratti e lo studio pittorico. Il mestiere comincia ad esistere quando lui inizia a farlo.
Jasper è un uomo sicuramente eccentrico, ha inclinazioni particolari e intrattiene conversazioni surreali con le persone. Però non è un folle. Sa benissimo quello che vuole fare: troncare con la scrittura, con la fama, con una società di cui si sente prigioniero, con un mondo che non lo soddisfa più. Eppure deve saper fare i conti con la nostalgia della scrittura, che torna a bussare prepotente alla sua porta. E ci riesce grazie alla signora con il foulard, la quale lo indirizza sulla via del copista e, anche da morta, appare nei suoi pensieri per aiutarlo e consigliarlo.

LA SCRITTURA SOPRAVVIVE A TUTTO
Jasper sceglie di abbandonare la scrittura per fare ritratti di persone. Il fatto che quei ritratti li realizzi a parole è la dimostrazione che l’arte dello scrivere non lo ha realmente abbandonato: come sottolinea il suo agente Tom, quando si è davvero portati per la scrittura, quel mondo ti rimane addosso anche quando pensi di aver troncato i rapporti con lui. Infatti Jasper continua a giocare con le parole, a metterle in fila per costruire frasi, a immaginarsi scene nella sua testa mentre va in lavanderia o si allaccia le scarpe.
Attraverso la figura del protagonista Baricco ci parla del mestiere dello scrittore sotto ogni aspetto. È un’arte difficile che richiede tempo per riflettere, silenzio, isolamento dai rumori del mondo. Possono capitare molti imprevisti (temporeggiamenti, esitazioni, inadeguatezza, richieste limitanti dai superiori, momenti di crisi, blocco dello scrittore), ma ti senti gratificato come non mai quando i tuoi sforzi vengono apprezzati. A volte ti capita di sentirti insoddisfatto e di voler abbandonare tutto, eppure, per quanti sforzi tu possa fare per allontanarti dalla scrittura, le tue opere sopravvivranno sempre a te e avranno una vita propria. È quello che succede a Jasper: la sua vicenda viene ancora ricordata e raccontata, sopravvive a lui e al mondo, lui stesso continua a scrivere sotto vari pseudonimi. Una condizione tanto paradossale quanto affascinante.
NOI SIAMO LA NOSTRA STORIA
I ritratti di Jasper illustrano persone attraverso le parole, non le immagini. Un piacevole connubio di due discipline all’apparenza slegate tra loro, qualcuno oserebbe dire un perfetto esempio di Armonia (la maiuscola non è un caso).
L’ambiente di lavoro da lui scelto concorre alla bellezza e all’originalità delle sue opere. La disposizione degli oggetti e delle persone, l’arredamento ridotto all’essenziale, gli effetti luminosi, l’altezza del soffitto, le macchie di umidità sul muro e tanti altri particolari sono stati tutti scelti minuziosamente e per una ragione specifica. Ad esempio le lampadine devono essere Caterina de’ Medici, con la luce azzurro-ambrata (l’unica che si possa definire “infantile” come vuole Jasper) e con precisi tempi di accensione e spegnimento, in modo da riprodurre la giusta durata di un viaggio (nello specifico, una peregrinazione seguita da un ritorno a casa); oppure il loop di rumori che si sentono in sottofondo durante le sedute (gorgoglii dell’acqua nei tubi, foglie secche sollevate dal vento e strumenti a fiato) producono un effetto speciale, che non sarebbe stato possibile ottenere con altri suoni o se avesse avuto una durata più corta.
Anche i soggetti dei ritratti sono particolari. Ognuno vive l’esperienza con Jasper a modo suo: Rebecca, ammiratrice dei libri di Jasper un po’ grassottella e con un bel viso, sviluppa un’attrazione sempre più profonda per lui; il vecchio orologiaio lo abbraccia e lo ringrazia di tutto; la quarantenne con la mania dell’India ama farsi guardare nuda e alla fine di tutto gli ruba un bacio. Ci sono stati anche un’ex hostess a cui il marito ha “regalato” queste sedute per stupirla, un giovane pittore, l’amico e agente di Jasper (Tom) in fin di vita, un attore, una coppia di sposi ricchi, un medico, un’appassionata di poesie, il sarto della regina e la figlia del vecchio orologiaio.
Ci sono criteri da rispettare per essere ritratti: i modelli devono posare nudi, quattro ore al giorno per una trentina di giorni, possono muoversi come vogliono e non possono parlare con nessuno di quel progetto. Agli inizi c’è un po’ di imbarazzo tra Jasper e i suoi clienti, ma con il passare del tempo raggiungono una naturalezza tale da permettere al protagonista di fare un ritratto convincente, giusto, commovente. Il singolare connubio tra narrazione e tecnica pittorica, riesce a catturare l’essenza di ogni persona, a riportarli tutti a casa. Cosa significa? I ritratti rappresentano la vita delle persone, la loro vera identità al di là di ogni maschera. Consentono loro di riconoscersi nella descrizione di Jasper. Non restituiscono un’immagine fissa, ma qualcosa di vivo e perpetuo. Non spacciano per vero qualcosa che non lo è, ma mettono a nudo la verità (in tutti i sensi, dato che i soggetti si spogliano per farsi ritrarre). Jasper riesce non solo a farlo agli altri, ma anche a sé stesso: è la difficile impresa dello scrivere di sé, del mettersi a nudo di fronte agli altri, e lui la supera magnificamente.
L’aspetto più inusuale di questi ritratti? Baricco non ce li fa vedere, ma vivere. Dà più importanza al modo in cui i soggetti riempiono lo spazio, le loro azioni, le posizioni che assumono, i loro scambi di sguardi. Non ci viene mostrata una sola parola di quel che ha scritto Jasper, perché quello che conta di più è il messaggio che i ritratti vogliono trasmetterci: l’arte dello scrivere che non è mero esercizio di stile, ma un lavoro impegnativo che richiede attenzione ai dettagli, amore per l’esattezza, e soprattutto profonda conoscenza della vita e grande empatia per gli esseri umani. I ritratti ci ricordano che tutti noi non siamo personaggi, siamo storie. Le storie non si narrano e basta, si vivono. E ognuno vive la propria.


Se ami la Scrittura quanto Jasper, leggi anche questo articolo.
Se desideri leggere di un altro libro scritto dal Maestro Alessandro Baricco, clicca qua!!!
Se invece vuoi assaporare il vero significato della Bellezza della Lettura, pigia qui!!!
Qualora volessi leggere un pezzo che parli di narratologia, clicca qua!!!