Essere fan di Mozart e di Charlie Chaplin: «Il Flauto Magico» Targato Teatro Regio 2023 

DI ALBERTO GROMETTO

Musichetta in sottofondo, il monello che corre inseguito da qualcuno che è molto arrabbiato, un fascio di luce che forma un cerchio concentrico che si stringe intorno alla figura che corre. L’essenza del Cinema Muto sta in questo e questa immagine è talmente radicata nell’immaginario collettivo storico globale che chiunque riconosce questo tipo di messinscena, anche coloro che non hanno mai visto una pellicola targata anni ‘20. 

Il Maestro Wolfgang Amadeus Mozart è vissuto poco più di un secolo prima che la Settima Arte e il mezzo cinematografico vedessero la luce. Niente torte in faccia o inseguimenti alla Charlie Chaplin in questo caso. Ha Egli però saputo raccontare una storia dove il comico e il fantastico, l’amore e la magia, il terrore e la meraviglia si incontrassero tra loro. Stiamo parlando del suo «Il Flauto Magico». Rappresentata per la prima volta a Vienna il 30 Settembre 1791, la storia raccontata è quella del Principe Tamino, il quale scampato alle grinfie di un orrendo dragone, viene chiamato ad un’epica missione. Incontrato quell’adorabile e tenero buffone di Papageno, uccellatore tonto quanto irresistibilmente simpatico e parte fondamentale del successo e della grandezza di quest’opera mozartiana, i due vengono esortati all’avventura da Astrifiammante, la Regina della Notte. Ella ha una figlia, Pamina, tenuta prigioniera dal malvagio quanto temuto Sarastro, altissimo Gran Sacerdote. Basta la visione del ritratto della fanciulla per far innamorare Tamino. Davvero è sufficiente guardare l’immagine di una ragazza per innamorarsene? Ovvio che no, nella vita vera no. Ma questa è una favola fantastica e in quanto tale possiamo perdonare la cosa. Papageno, che desidererebbe solo trovare l’amore della vita, e magari nel frattempo anche mangiucchiare qualcosa, non vorrebbe calarsi in questa impresa. Ma non può farci nulla, la Regina ha parlato. Così a Tamino viene dato uno strumento potentissimo, e cioè il flauto magico del titolo. Mentre al suo fido Papageno delle magiche campanelle. Ai due viene così affidato il sacro compito di liberare e salvare Pamina. Tuttavia le cose non andranno come previsto e forse Sarastro, Maestro di Saggezza, non è il cattivo della storia, come si poteva pensare all’inizio.

Va bene, questo è «Il Flauto Magico». Potremmo parlare della meraviglia di quelle melodie, dell’immortalità eterna di quella musica, del fascino indimenticabile di una favola come questa, di quanto Papageno ci faccia piegare in due dalle risate ad un solo movimento di sopracciglio, dell’austerità rassicurante di Sarastro, di come quell’aria di una bellezza impressionante abbia davvero segnato la Storia della Musica. E ci riferiamo, naturalmente, all’Aria della Regina della Notte, la più famosa di tutta l’opera, un capolavoro sublime dentro un capolavoro sublime, un pezzo che richiede un virtuosismo e una dedizione talmente alti da non appartenere a questa Terra, una musica che meriterebbe di essere la suoneria di ogni cellulare. In quel caso qualsiasi tipo di chiamata, anche quelle delle insistenti compagnie telefoniche, diventerebbe subito gradita. Davvero, le parole non bastano ad evidenziare quanto quest’opera sia semplicemente straordinaria.

Ma concentriamoci specificamente sull’adattamento portato avanti dai registi Suzanne Andrade e Barrie Kosky e che vanta un cast di fama internazionale e il Maestro Sesto Quatrini come Direttore d’Orchestra. Il tipo di direzione e messinscena adottate per raccontare ancora una volta, a distanza di oltre due secoli, «Il Flauto Magico», fanno dell’opera mozartiana uno spettacolo innovativo, rivoluzionario, originale, brillante, fresco e soprattutto nuovo. Ebbene sì: NUOVO. Perché la capacità di connettere mondi lontani nel tempo e nello spazio come il Cinema degli inizi di Buster Keaton, Stanlio & Ollio e il già citato Maestro Chaplin e la Vienna mozartiana all’epoca dell’Impero è qualcosa che va celebrato, omaggiato e onorato. Perché la capacità di prendere qualcosa che c’è già stato e che ha fatto parte della nostra Storia e metterlo insieme e tirare fuori qualcosa di mai visto prima è quanto di più straordinario possa esserci!

Niente scenografie, niente oggetti di scena, niente di niente. Solo uno schermo. Come al Cinema. E gli attori in carne e ossa davanti a quello schermo. E in quello schermo, però, c’è il Mondo. Vediamo il drago che insegue lo sventurato Tamino che corre a perdifiato. Vediamo un gigante che afferra tra le sue mani i nostri protagonisti. Vediamo un gatto nero che accompagna sempre Papageno, suo fedele compagno, sia quando divora di tutto e di più, sia quanto se la vede brutta, sia quando incontra finalmente la sua adorabile Papagena. Vediamo pure le piccole Papagenine e i piccoli Papagenini. Vediamo le zampe da ragno che si muovono dietro la Regina della Notte. Insomma: assistiamo a qualcosa che è nuovo, un tipo di Arte che ne ingloba diverse, quali il Cinema e il Teatro e la Musica, e ci dona un’esperienza totalmente immersiva in grado di farci divertire e commuovere, emozionare e appassionare, esaltare e quasi cantare! 

Siparietti cartooneschi degni dei Looney Tunes, proiezioni di immagini fantastiche e favolistiche quanto le vicende narrate, e un’esperienza talmente emozionante e avvincente che rimarrà per sempre nei nostri cuori. Vivi complimenti al Teatro Regio, che ci ha regalato una serata indimenticabile. Mozart non fu compreso dai suoi contemporanei, oggi è invece celebrato a tal punto che c’è chi gli farebbe da groupie. Oggi fondere Arti diverse per realizzare qualcosa di nuovo è rischioso, magari un domani sarà la norma. Noi ce lo auguriamo, e speriamo con tutto il cuore che ce ne siano ancora di rivisitazioni in grado di farci sognare come quella a cui abbiamo avuto il privilegio, l’onore e la gioia di assistere. 

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