«Lacci» (Domenico Starnone)

DI ELODIE VUILLERMIN

Lacci è la storia di un matrimonio spezzato, di una famiglia distrutta e di scelte sbagliate. Una storia in cui non è facile parlare di soli colpevoli o di sole vittime: ognuno soffre e causa sofferenza (consapevolmente o meno).

VANDA: IL RANCORE

La storia è strutturata in tre libri, raccontati da tre punti di vista differenti. Il primo libro è dedicato a Vanda.

Il fatto che Aldo si sia scordato di lei e della vita che conducevano le dà molto fastidio e la fa stare male. Vuole a tutti i costi ricordare al marito gli sbagli che ha fatto tradendola con Lidia, un’altra donna molto più giovane. Lo accusa di aver pensato solo a sé stesso e gli rinfaccia le responsabilità che non si è preso, convinta che quello sia il modo giusto di lenire il proprio dolore interiore. Ma così facendo trascura l’educazione dei figli. È così presa dalla ricerca di un capro espiatorio, dal dipingere il marito come un cattivo padre, che lei stessa fa la figura della pessima madre senza accorgersene: infatti tenta il suicidio senza preoccuparsi delle conseguenze del gesto, del fatto che avrebbe potuto traumatizzare i figli e che li avrebbe lasciati soli.

Dice di essere comprensiva, di voler ascoltare l’opinione dell’altro, eppure la sua tolleranza si è persa con il passare del tempo, rimpiazzata da rancore, rabbia e tristezza. E in preda a questi sentimenti negativi sostiene di essere stata lei a fare più sacrifici per la famiglia, motivo per cui si sente in diritto di parlare così duramente ad Aldo. Nella sua ostinazione gli chiude la porta in faccia a ogni tentativo di rimediare: se lui si sforza di stare con i bambini, lei sostiene che lui non li ami più e gli dice che è meglio che se ne vada; se lui se ne va, lo accusa di non essere un padre presente; se lui fa dei regali ai figli, lei sostiene che è stata Lidia a sceglierli al posto suo. Si reputa migliore di lui, lo accusa di superficialità e di servirsi delle persone, ma non è abbastanza matura da ammettere i suoi difetti.

ALDO: LA SOTTOMISSIONE

Il secondo libro è incentrato su Aldo, il quale prova a spiegare le ragioni che lo hanno portato ad abbandonare la famiglia: non avvertiva più la passione di un tempo tra lui e Vanda, si sentiva prigioniero e invecchiato, aveva il bisogno di cambiare. Credeva che quella con Lidia fosse una cosa passeggera, che sarebbe tornato a casa e che questo sarebbe servito a ricostruire il rapporto con la moglie in un modo nuovo e migliore, almeno finché non è diventata una relazione seria. Era convinto di liberare la moglie e i bambini da eventuali sofferenze se avesse scelto Lidia, voleva dare loro la possibilità di rifarsi una nuova vita come stava facendo lui. Ma così facendo ha solo reso tristi i suoi figli e distrutto il matrimonio con Vanda.

(Domenico Starnone)

Aldo non sarà un santo, però ci ha provato a fare il buon padre. Si è imposto di rivedere i figli ogni fine settimana perché sapeva che Sandro e Anna avevano bisogno di lui e della sua presenza, ed era anche il modo migliore per non litigare con Vanda. Tuttavia tutto quel tempo passato con loro gli sapeva di forzato, dato che si sentiva osservato da Vanda ogni secondo e ogni cosa facesse non le andava mai bene. Cercava quindi di stare il meno possibile in famiglia, consapevole che la sua presenza non faceva che indisporre la moglie. Quando è tornato da Lidia e non ha combattuto per avere la custodia dei bambini era convinto di fare loro un favore, invece ha fatto l’esatto opposto: il dolore che sperava di cancellare allontanandone la fonte, ovvero sé stesso, è invece aumentato; ha lasciato che i figli crescessero senza un padre e con una madre nevrotica e sofferente.

Il vero torto di Aldo, come sottolinea Anna nel terzo libro, è stata l’incapacità di rinunciare totalmente alla famiglia. Se proprio voleva stare con Lidia, tanto valeva che andasse fino in fondo, invece si è fatto comandare a bacchetta da Vanda per timore di suscitare la sua ira. Non è riuscito realmente a liberarsi dell’influenza che lei esercitava su di lui, ha fatto marcia indietro per salvare il salvabile ma alla fine non è riuscito a salvare niente. Si è reso conto dei suoi errori troppo tardi, quando ormai non c’era più niente che lo legasse a Vanda o ai figli.

SANDRO E ANNA: IL FRUTTO DEL DOLORE

Una reale vittima, in fin dei conti, c’è stata in questa storia: i figli, protagonisti del terzo libro. Per via delle liti tra i genitori, Sandro e Anna avevano cominciato a ignorare il padre e i suoi sforzi di stare insieme a loro, nella convinzione che in questo modo la madre avrebbe smesso di soffrire. Cercavano di capire i mille perché dietro la vicenda dei genitori, senza mai avere una risposta. Quando la madre imponeva loro un’educazione rigida, quel padre su cui contavano perché prendesse le loro difese li ha ignorati per timore di scatenare l’ira della madre con la sua presa di posizione, deludendoli. E alla fine, una volta cresciuti, hanno ereditato i tratti peggiori del carattere di entrambi i genitori.

Quando Sandro e Anna si rivedono dopo anni hanno preso ognuno una strada diversa: Sandro ha avuto più mogli e più figli per non restare mai solo, Anna è crescita nel ripudio totale verso i figli e la vita di coppia; lui moltiplica gli affetti, lei li azzera del tutto. Dolori all’apparenza diversi eppure simili, e lo capiscono presto anche loro. Farsi la guerra e darsi vicendevolmente la colpa per aver causato problemi ai genitori non serve, quando i reali colpevoli sono altri. La distruzione della casa di Aldo e Vanda e il rapimento del gatto Labes diventano così la loro vendetta, una sorta di risarcimento per tutto il male che hanno subito, il karma che Aldo e Vanda ricevono per non avere saputo amare (e amarsi) nel modo giusto.

IL TUTTO SI PERDE, IL NULLA RIMANE

Aldo non è certo innocente, ma neanche Vanda è meno colpevole di lui. Lui ha scelto il modo più plateale di arrecare dolore, lei una via più subdola, eppure risultano essere ipocriti allo stesso modo. Hanno litigato così a lungo che alla fine hanno perso la cognizione del tempo, smarrito la loro identità, dimenticato ciò che erano e che sono stati. Lacerante e carico di significato lo scambio di battute che avviene tra di loro nel libro secondo:

“Non ricordo più niente di noi.”

“Di noi quando?”

“Sempre: dal momento che ci siamo conosciuti fino a oggi, fino a quando morirò.”

Viene da chiedersi: quand’è che la magia è finita? Quando i rapporti, esattamente, hanno cominciato a sfaldarsi? Forse questo libro una risposta chiara non la darà, ma lascia intendere con molta chiarezza che spesso tornare indietro e ricucire gli strappi è impossibile. La vita di coppia tra Aldo e Vanda, ormai, posa sul nulla più assoluto. Del loro amore, solo macerie di una casa distrutta. Una rovina, una caduta. Una labes, come il nome del loro gatto. E quei legami che univano il marito alla moglie e i genitori ai figli si sono ormai spezzati, i lacci che dovevano tenere unita la famiglia sono diventati l’arma per distruggerla e distruggersi.

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