DI PIETRO BERRUTO
Quando nel 2017 Netflix acquistò Millarworld, la linea editoriale di Mark Millar, quest’ultimo, un autore famoso per essere prolifico, iniziò a pubblicare sempre più opere, principalmente con l’obiettivo di produrre nuovi adattamenti cinematografici o televisivi delle sue proprietà intellettuali. In questo clima, nel 2019, Image Comics pubblica Space Bandits, scritta da Millar, disegnata da Matteo Scalera e colorata da Marcelo Maiolo.

La premessa della serie è a una prima lettura interessante: due criminali, il genio del furto Cody e la pericolosa e violenta Thena, sono state rinchiuse in prigione dopo essere state tradite dai loro collaboratori, rispettivamente la gang di cui Cody era a capo e il fidanzato di Thena, Viggo. Le due dovranno evadere dalla prigione e vendicarsi delle persone che le hanno pugnalate alle spalle, cercandole uno dopo l’altro per il cosmo; tutto questo è ambientato in un universo perennemente congelato in un’atmosfera anni Ottanta, idea intelligente visto che fu proprio in quegli anni che i film d’azione e di fantascienza diventarono popolarissimi. Alla fine della storia, le due criminali dal cuore d’oro riescono nel loro intento e si permettono una meritata vacanza.

Il problema di questa serie è che la storia e le ambientazioni non sembrano essere minimamente specifiche, dando vita ad una storia di genere che del genere sfrutta poco. Per fare qualche esempio, anche se l’intero universo è in stile ’80, solo in poche sequenze questo elemento ci viene ricordato e ciò avviene solo attraverso rare citazioni, principalmente racchiuse nel primo numero dei cinque, come il fatto che Viggo sia vestito da Michael Jackson e Prince insieme o che sul pianeta Dogoth ci sia un posto chiamato “il distretto Molly Ringwald”: per la maggior parte delle pagine ci si trova di fronte ad una storia di fantascienza cyberpunk qualunque. Anche nel reparto “spaziale” c’è una carenza di fantasia e differenziazione dei personaggi: la maggior parte degli alieni sono umanoidi e gli animali sembrano comuni bestie terrestri (tranne in uno specifico caso in cui si incontra un algoritmo vivente che prende a pugni Thena, momento in cui pare che improvvisamente lo spirito di Grant Morrison abbia posseduto la penna di Millar). Anche i due personaggi protagonisti non sono particolarmente approfonditi: Thena risulta essere spiacevolmente poco sviluppata e la trama che la vede protagonista è noiosa e marginale, anche perché la maggior parte della serie ruota intorno ai problemi di Cody, la quale d’altra parte, per essere un genio criminale, pare spesso e volentieri poco attenta e i suoi piani fallimentari, facendole fare la figura dell’idiota o, per essere clementi, della perenne disinformata. Oltre a ciò, la trama è prevedibile, perennemente condita da quei toni edgy tanto cari a Millar, che perlomeno in questa serie, che nel suo funzionamento ricorda film come Kill Bill, risultano funzionali alla storia di vendetta e violenza.

A salvare Space Bandits sono Scalera e Maiolo: i disegni caricaturali, le espressioni particolari, gli incredibili dettagli e le scene d’azione scoppiettanti, contornate da colori brillanti sugli sfondi e più blandi sui personaggi (creando un magnifico effetto neon) sono i motivi per i quali leggere la serie. Uno spettacolo cyberpunk appare di fronte allo spettatore ad ogni vignetta. Chiudendo il volume di Space Bandits, al lettore non rimane un granché, rimanendo lontano da opere più famose e grandiose di Millar, come Kick-Ass. Nel caso i piani di adattamento multimediale delle sue opere funzionino, mi auguro che chi si occuperà di Space Bandits, che sia da regista, sceneggiatore o produttore, trovi un modo per renderlo più interessante.

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