Racconta un’antichissima leggenda di cowboy…

DI ALBERTO GROMETTO

Il vecchio e selvaggio Far West

Che lo si ami oppure lo si odi, chiunque, dico chiunque, ha ben radicato in sé l’immaginario tipico della terra di frontiera americana: il saloon, le canzoni, i cespugli di rovi rotolanti, i duelli a mezzogiorno con tanto di colt e rivoltella, i banditi che rapinano senza pietà banche e diligenze, lo sceriffo con la sua bella stella puntata sul petto, gli stivali, il lazzo, il cappello da cowboy.

Sapete quando è nato il West? Con la conquista dell’Ovest da parte dei coloni bianchi americani, avvenuta principalmente nell’arco dell’Ottocento, diranno gli appassionati di Storia tra voi! E invece così non è. Il West, quello vero, è nato col Cinema

Sì, proprio così. Fu Hollywood a inventarselo. In Europa avevamo Omero, la caduta della città di Troia, Achille Piè Veloce ed Ettore Domatore di Cavalli. I nostri miti, le nostre leggende, i nostri eroi. Ma l’America? Cosa aveva l’America? Loro, con due secoli di storia e poco più sulle spalle, giovani giovanissimi confronto ai cugini europei, che tipo di narrazione avevano? Che storie potevano raccontarsi

(Ettore, uno dei massimi esempi di eroismo, insieme alla moglie Andromaca e al figlioletto Astianatte)

Avevano bisogno dei loro miti di fondazione. E la sola cosa che avevano gli Stati Uniti erano i loro cowboy che fumavamo la pipa e sparavano a più non posso, specie dopo aver bevuto whiskey tutto il giorno. E così presero quei cowboy e li resero i loro Achille ed Ettore. Iniziarono a raccontarsi le loro storie da sé, attraverso la Settima Arte.

Nacque un genere cinematografico dei più prolifici possibili, uno di quello che avrà in assoluto la storia più lunga e variegata possibile: il Western! 

Arrivarono così il saloon, i banditi, lo sceriffo e via dicendo. È stimata la produzione di oltre cinquemila titoli western tra la fine del ’29 e l’inizio degli anni ‘60: una sfilza di titoli, una sequela di storie che perlopiù erano tutte uguali tra loro. Al centro della vicenda vi era una piccola comunità travagliata dal Male, incarnato da criminali e banditi e fuorilegge che portavano Disordine e Caos in un luogo fatto da gente semplice e perbene. Fortuna interviene in loro soccorso la figura dell’eroe che solitamente è lo sceriffo del posto oppure in alternativa uno straniero venuto da lontano. 

Ecco, di norma lo schema era sempre questo. D’altronde, per far fronte ad una domanda così alta e a dei ritmi di produzione così accelerati, bisognava optare per una produzione in serie. Non dimentichiamoci mai che il Cinema è Arte, ma pure Industria. Vi sono delle logiche di mercato che vanno seguite.

Ma in mezzo a film perlopiù simili tra loro, vi sono ovviamente quei capostipiti, quei punti fermi a cui è impossibile anche solo non pensare, quando si parla del Western e della sua storia.

Innanzitutto, come l’epica ha avuto il suo Omero, così questo genere cinematografico ha avuto il Maestro JOHN FORD! Oltre che “pioniere” del Western, è considerato come uno dei Padri del Cinema, tanti i Cineasti affermatissimi e leggendari che hanno dichiarato quanto lui sia stato fondamentale per la Settima Arte, detentore del record assoluto di Premi Oscar vinti come Miglior Regista (ben quattro!), l’uomo che ha scolpito nella nostra fantasia l’immagine del Cowboy, quello vero.

(Il Maestro John Ford)

Uomo dal carattere burbero e scontroso eppure in qualche modo nostalgico, col suo bel cappello (da cowboy, ovviamente!) in testa, la pipa in bocca e la benda sull’occhio, quest’uomo duro e puro rispondeva a domande quali “Ma come è riuscito a girare questa sequenza qua?”, rispondendo secco: “Con la telecamera!”. Lui na creato il Western e per farlo ha avuto bisogno di quello che è stato il suo attore feticcio, con cui ha lavorato in 21 film, uno di quelli che meglio di chiunque altro ha incarnato la figura del vero cowboy: l’attore JOHN WAYNE!

Il suo incedere, il suo camminare, il suo modo di parlare hanno fatto di Wayne l’eroe americano per eccellenza. Il vero coraggio, l’autentico eroismo, il desiderio di combattere il Male per favorire il Bene hanno fatto di lui una figura iconica. E per l’esattezza la figura, sempre presente in tutti i Western, del salvatore, di quello che combatte i cattivi, di colui che aiuta la piccola comunità che non riesce a trovare in sé stessa chi possa aiutarla a sfidare il Male. 

(Che cowboy, John Wayne!!!)

Siamo nel 1939. L’anno in cui giunge uno dei capisaldi del genere, oltre che della Settima Arte tutta. Uno dei più famosi Western di Ford, quello che codifica le “regole del gioco”. Trattasi di «OMBRE ROSSE», in originale «Stagecoach». Cioè la diligenza. E infatti al centro di tutto vi è, in questo caso specifico, una diligenza, che al suo interno porta un carico di umanità che rappresenta i personaggi e le figure chiave del genere: il medico ubriacone, la prostituta cacciata dalla società, il banchiere disonesto, lo sceriffo, il giocatore di carte, e l’eroe fuorilegge in cerca di redenzione. Tutti quanti raccolti in questo microcosmo che è la diligenza e che si ritrovano a dover attraversare il territorio apache, anche se tutti con motivazioni diverse. E Ford utilizza questo film per parlare degli ideali e dei valori che hanno reso grande l’America e cioè lo spirito di sacrificio, il coraggio virile, l’eroismo sconfinato. E alla fine tutto viene ribaltato: i personaggi in vista quali il banchiere oppure la moglie incinta di un ufficiale sono mezzi delinquenti, mentre il dottore alcolista e il fuorilegge eroico e la prostitua sono i veri buoni.

E quando nel film arriva lui, il mitico cowboy, il nostro John Wayne che ferma la diligenza, e com essa tutti noi e la Storia del Cinema, vi è un suo meraviglioso primo piano col quale ci vien detto: Eccolo, arriva l’Eroe!

Eppure succede una cosa strana alla fine del film, ma proprio alla fine. Trattasi di una frase messa in bocca al medico ubriacone e anche un po’ filosofo, interpretato da quell’interprete divino e maestoso e stratosferico che è stato THOMAS MITCHELL, che vinse l’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista proprio per questa pellicola qua.

(Sei un Idolo per noi, Thomas Mitchell!!!)

Dopo il duello finale, l’eroe si allontana con la sua bella su un calesse per andare a vivere il loro futuro insieme, coltivando un appezzamento di terreno. E in quel momento il dottore pronuncia questa frase davvero bizzarra:

«E così si sono salvati tutti e due dalle delizie della civiltà».

Perché una frase del genere? Con queste parole Ford introduce, in quello che è però il manifesto-simbolo del Western e incarnazione del suo apice, la fine del Genere. Mette un sassolino nell’ingranaggio, si potrebbe dire. Inizia a insinuare il dubbio. Da un lato ha santificato le mani che hanno creato l’America, ma dall’altro ha introdotto un elemento di disturbo che sta a significare come l’eroe non sia a suo agio nel mondo che sta per costruire. Perché l’eroe viene dalla frontiera, dal territorio del selvaggio, dal nulla, dalla natura più pura, dalla wilderness. Eppure porta legge là dove ce n’è bisogno, e nel farlo costruisce quella che sarà la civiltà. Le grandi città che inghiottiranno il suo mondo, il suo deserto, il suo vecchio e selvaggio west.

Una decina di anni dopo il genere comincerà ad entrare nella sua fase più cupa e giungeranno capolavori tenebrosi e che hanno un sapore di fine, quali «Sentieri Selvaggi» (1956) e «L’Uomo Che Uccise Liberty Valance» (1962), entrambi di John Ford ed entrambi con John Wayne. Il cowboy si farà stanco, deluso e disilluso al tempo stesso. E le leggende su cui è nata l’America diverranno quello che era sempre destino che fossero: solamente leggende. 

Che poi, dire “solamente leggende” è quasi una bestemmia! Le leggende non sono mai solo leggende. Sono quello che ci spinge ad andare avanti, che ci fa combattere per le giuste cause, che ci fa credere che un mondo migliore sia possibile. Bisogna guardare ai cowboy, che sia quello interpretato da John Wayne oppure l’Uomo-Dagli-Occhi-Di-Ghiaccio impersonato da quell’altro grandioso mito che è CLINT EASTWOOD. Bisogna guardare a questi uomini eroici, queste leggende, questi ideali di coraggio e virtù fattisi persone in carne e ossa e prenderli ad esempio e sforzarsi ogni giorno di essere come loro, perché sono le persone che rendono questa Vita degna di essere vissuta.

(Grande Clint!!!)

Nel mio caso, è al migliore di tutti i cowboy quello a cui guardo io: la mia Leggenda, il mio Eroe, il mio Idolo non indossa cappelli né fuma la pipa, se provasse a cavalcare credo cadrebbe giù per terra nel giro di mezzo secondo e soprattutto non è mai andato al saloon ad ubriacarsi in quanto astemio. Ma è Lui il Mito a cui cerco di ispirarmi ogni giorno quando ho bisogno di credere che a questo mondo esistano uomini forti, capaci solo di fare del Bene, e che sono e rimangono gli unici veri Eroi che vale la pena celebrare, sempre. E quell’uomo eroico per me è il Mio Padre.

«Racconta un’antichissima leggenda di cowboy…» dice la canzone. Ma io non ho bisogno di guardare tanto lontano o sentirmi raccontare di antiche leggende per trovare il mio salvatore. Il cowboy più cowboy che ci sia è sempre accanto a me, il mio difensore, quello che mi protegge dal male in ogni istante. 

Grazie, Papà, di essere un vero cowboy. 

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