Declino dell’organizzazione al Salone del Libro di Torino

DI ORIANA FERRAGINA

Quest’anno sono finalmente riuscita a tornare al Salone del Libro di Torino, dopo anni di assenza.

Ero entusiasta all’idea di poter di nuovo partecipare all’evento: molti dei miei più bei ricordi d’infanzia sono legati al Salone del Libro. Mia madre mi ha portato sin da piccolina, sapendo quanto amassi i libri e, dato che proprio a Torino si tiene la fiera per eccellenza incentrata sul libro, non era difficile per lei portarmici.

Mi ricordo le ore passate a girovagare per i corridoi della fiera, a entrare nei padiglioni e a meravigliarmi delle pile di libri che potevo vedere accatastate le une sulle altre sulle bancherelle, troppo alte per la mia statura da fanciulla. La prima volta che mia madre mi ha portata al Salone ero un infante che non sapeva camminare e l’ultima volta che ci sono stata, prima di questo 2023, era quattro anni fa con la mia classe quando frequentavo il quinto di superiori scientifiche; e già a quel Salone avevo trovato l’organizzazione dello spazio confusionaria e strana.

Quest’anno ho partecipato alle giornate di sabato e domenica e ho potuto constatare, con mio profondo rammarico, che rispetto ai Saloni che visitavo da piccola con mia madre, l’organizzazione è nettamente peggiorata.

Segnaletica inesistente o erronea, sbagli banali sulla prenotazione dei posti per le conferenze, code infinite per arrivare al nulla più assoluto e il caos più totale sulla gestione di tutto: a questo Salone del Libro di Torino non c’è una cosa che riesco, a malincuore, a salvare nella gestione dell’evento.

Partiamo dalla base: i biglietti per il Salone. Molte persone, negli ultimi anni, hanno la propensione a prendere i biglietti su internet, trovando più facile e veloce farlo, piuttosto che andare di persona a comprarli. Purtroppo io e la tecnologia non andiamo molto d’accordo: le uniche cose che riesco a fare con il mio computer, bene o male, sono scrivere e fare ricerche su Google. Comprare biglietti o altre cose sui siti per risparmiare soldi e tempo? Completamente fuori dalla mia portata.

Come penso sia per molte persone, oltre a me. Quindi qualcuno mi deve spiegare perché, dei sette tornelli predisposti per accedere al Salone dall’ingresso di via Nizza, ben cinque erano solo per chi aveva già comprato i biglietti su internet, lasciando unicamente due tornelli, con a malapena tre impiegati a vendere i ticket, per i poveretti che non erano riusciti a prenderli in anticipo.

Se la spiegazione è che ormai in pochi comprano i biglietti di persona, allora chi ha gestito la cosa non ha previsto la marea di gente che si sarebbe presentata al Salone come ogni anno: sia il sabato, oltretutto piovoso, che la domenica la coda per comprare i biglietti ed accedere al Salone era chilometrica. La domenica ho aspettato addirittura tre quarti d’ora in fila.

Parlando di biglietti, un’altra cosa che mi ha lasciato basita è che non è possibile comprarne per sole due giornate: o si compra il biglietto singolo, o si è costretti ad acquistare l’abbonamento per i cinque giorni. Una volta non era così: c’era la possibilità di comprare due biglietti per due giornate (che non dovevano per forza essere specificate al momento dell’acquisito, ma quando si voleva effettivamente entrare alla fiera) ed era possibile risparmiare sul costo di due biglietti singoli per due giornate distinte. A quanto pare, questo tipo di biglietto è stato abolito, insieme a quello per tre e quattro giornate: le opzioni, una volta, erano complete.

Inoltre le scritte sopra i tornelli erano spesso poco chiare o lacunose o troppo piccole o in inglese.

Parlando di segnaletica, questa sconosciuta, anche all’interno le indicazioni lasciavano molto a desiderare: cartelli con il nome delle varie sale per le conferenze alcune volte troppo piccoli per essere letti da lontano; nessuna freccia che segnalasse la posizione delle varie sale costruite per i dibattiti all’interno della fiera; percorsi complicati in cui ci si perdeva per arrivare ai luoghi più lontani; indicazioni completamente inutili da parte delle persone incaricate sia di organizzare le file per le conferenze sia di fornire assistenza circa il reperimento dei vari posti qualora non si fosse muniti di una mappa del Salone.

A proposito delle mappe e della programmazione. Già da sabato, i banchi dove le distribuivano facevano fatica ad esaudire le richieste, per arrivare alla domenica quando le mappe erano terminate, nessuna altra copia disponibile per i nuovi arrivati alla fiera; e questo succedeva alle 10 e 30, ovvero mezz’ora dopo l’apertura del Salone.

Parlando delle conferenze: il caos più totale, per quanto riguarda l’organizzazione per poter parteciparvi. I posti nelle sale per gli incontri erano prenotabili in anticipo fino al riempimento di metà sala. Purtroppo, l’opzione è stata attivata solo all’inizio della prima giornata e non, come era stato annunciato, prima. Questo ha portato molte persone a credere che i posti prenotabili fossero già esauriti e a provare, quindi, a mettersi in coda per gli incontri, finendo, molto spesso, per essere cacciati dalle file per l’esaurimento di posti un’ora prima dell’inizio della conferenza in questione.

Inoltre è capitato che alle persone che avevano prenotato per una conferenza è stato negato l’accesso per una confusione nella lettura della programmazione da parte del personale della fiera, facendo entrare gente che aveva prenotato per la conferenza successiva. Oltretutto, mi è capitato personalmente di trovare, nella programmazione cartacea, l’orario per l’incontro con uno scrittore che, di fatto, era solo per gli addetti ai vari uffici stampa lì presenti.

E anche cercando sul sito del Salone l’orario degli eventi a cui volevo partecipare, l’unica cosa di cui mi sono resa conto è che chi aveva programmato il sito doveva essere lo stesso che aveva programmato quello per l’università di Torino e il sito delle Poste Italiane: per citare un mio amico, è più facile navigare nel dark web che sul sito di UniTo. Ok, forse esagero a comparare il sito del Salone con quello di UniTo, ma rimane il fatto che era impossibile riuscire a capire come trovare gli incontri con il browser di ricerca messo a disposizione: non ho capito minimamente che parole chiave dovessi ricercare, nonostante avessi la programmazione cartacea sottomano per aiutarmi, ed ero costretta a scaricare la programmazione digitale per poter sapere l’orario degli incontri a cui volevo partecipare.

Quindi, code chilometriche, lettura sbagliata dei nomi prenotati, altre code chilometriche per gli incontri, indicazioni mancanti o ambigue, sito completamente inutile su ogni punto: questo Salone del Libro non si è fatto mancare niente; persino la sicurezza è stata scadente. Infatti nella giornata di sabato ha piovuto tutto il giorno, portando i visitatori della fiera ad arrivare con gli ombrelli per ripararsi dalla pioggia incessante. Ai tornelli di accesso, chi aveva ombrelli con la punta di metallo è stato costretto a lasciarli agli addetti della sicurezza, con la promessa di poterli riprendere all’uscita; peccato che gli addetti alla sicurezza non abbiano controllato chi fossero i legittimi proprietari con la conseguenza che molte persone si sono viste rubare gli ombrelli, anche nuovi di zecca, come è capitato ad una mia amica e collega in «Mercuzio And Friends».

Forse è il meno, ma dà comunque fastidio, quando capita; soprattutto visto che pioveva ancora, nella serata di sabato. Come il fatto che, nella giornata di domenica, nonostante si sapesse da mesi che ci sarebbe stato il Salone del Libro e che avrebbe attirato molte persone non solo dalle città circostanti ma anche da altre regioni limitrofe (e non), la città metropolitana di Torino ha avuto la brillante idea di continuare con la normale programmazione dei mezzi durante il weekend ovvero decidendo di non aumentare il numero di passaggi che, come tutti i pendolari sanno, di domenica hanno luogo ogni 5-8 minuti, anziché i soliti 3-4. Peccato che così le carrozze, quando finalmente arrivavano alla fermata del Lingotto, erano talmente piene che sembravano appena uscite da uno di quei disegni umoristici che si possono trovare sulla Stampa.

L’unico aspetto positivo che ho potuto constatare è stato l’aver raggruppato tutte le case editrici di libri più famose nella sezione distaccata del Salone, ovvero l’Area Esterna Oval (anche in questo caso è stato un incubo trovarla), lasciando nei padiglioni 2 e 3 le case editrici minori o semisconosciute (il padiglione 1 è stato dedicato, in gran parte, ai fumetti, con un paio di case editrici di libri minori e lo stand del Libraccio).

Tirando le somme, penso che ormai si sia perso il vero significato del Salone del Libro: ovvero il Libro e la conoscenza che porta al lettore. Perché infatti, con tutto il caos che c’era, la mala organizzazione delle conferenze e degli incontri, le indicazioni assurde e incomplete, mi sono accorta che non ho avuto molto tempo per gironzolare tra gli stand e vedere le nuove novità sulle pubblicazioni, o cercare quel libro che normalmente è introvabile nella classica libreria, o ancora, perdere ore intere in un singolo stand perché hai trovato quella casa editrice che ha proprio quel genere di libri che adori. Con la paura che non facessi in tempo ad arrivare alla conferenza che mi interessava, dato che non sapevo si potesse prenotare su internet (io e la tecnologia, come dico e ripeto spesso, siamo due parallele che non si incontrano all’infinito), ho visto il Salone come una maratona, con l’ansia di non riuscire nemmeno ad arrivare a metà del percorso, perdendo, per strada, quell’emozione che il Salone del Libro mi ha sempre trasmesso quando ero piccola: la gioia di poter mettere le mani sopra quel libro di cui attendevo da tanto l’uscita o che non riuscivo più a trovare nelle librerie.

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