Uomo e galantuomo: Vivere sul serio la finzione della Vita

DI ALBERTO GROMETTO

«Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male».

Il Maestro Eduardo De Filippo

La prima volta che feci una lezione di teatro, in una vera scuola di teatro, intorno all’Ottobre del 2008, Colei che mi fece salire sul palcoscenico per 11 anni, la Mia Prima Guida Teatrale, la massima rappresentante dell’Essenza dell’Andare in Scena, il Teatro in una persona, l’Immortale Luigina D’Agostino, mi spiegò la Recitazione recitando. 

Interpretava la parte di un’insegnante che chiese ad un suo allievo: «Cosa significa recitare?». Il suo allievo (sia nella scena sia nella vita vera) era Daniel Lascar, che quella volta le faceva da assistente. Lui finse di non saperlo, di cercare negli appunti, di non ricordarsi e poi… e poi gli venne in mente! «Lo so, signora maestra! Recitare significa… fingere!». 

Sono trascorsi sedici anni da quei tempi, da quando frequentavo la scuola della «Casa del Teatro Ragazzi e Giovani». Ma io ancora vedo teatro, faccio teatro, respiro teatro, credo nel teatro e vivo per il teatro. E quella prima lezione non me la scorderò mai. A dire il vero, non mi scorderò mai nessuna delle lezioni di Luigina. Perché negli undici anni che ho avuto il privilegio e l’onore di essere suo allievo, lei m’ha insegnato cosa davvero significasse quel “fingere”.

Recitare significa cioè prendere tutto quello che è la Vita, insensata e incomprensibile, e conferirle un significato e un senso veri e autentici. Prendere quello che non si capisce e capirlo e, soprattutto farlo capire. Prendere l’imprendibile e afferrare l’inafferrabile e, per lo spazio di due ore di rappresentazione, darlo a chi ti sta a guardare e sentire.  

Questo è il miracolo del Teatro, ed è anche il miracolo a cui abbiamo avuto l’onore di prendere parte nella splendida e meravigliosa cornice del TEATRO CARIGNANO DI TORINO quando abbiamo assistito alla rappresentazione dello storico «UOMO E GALANTUOMO», prima opera teatrale in tre atti scritta da quella Leggenda che è stato e sempre sarà EDUARDO DE FILIPPO, quando aveva 22 anni solamente.

(Il Maestro Eduardo De Filippo)

Un applauso fragoroso va al protagonista indiscusso di quest’opera, il brillante e poliedrico e geniale attore GEPPY GLEIJESES, che nella vita è anche drammaturgo, regista, produttore… in poche parole: uno dei volti più noti della scena teatrale italiana. Chi meglio di lui, che di De Filippo fu allievo e da lui autorizzato a inscenare i suoi testi, poteva restituirci quell’esplosione di vita e gioia e follia che era tutta eduardiana? 

(Insieme a GEPPY GLEIJESES, che il Comitato di Redazione ringrazia)

Accompagnato in questa impresa da uno storico regista delle opere di De Filippo, ARMANDO PUGLIESE che firma una regia impeccabile, e da un cast di una grandezza sublime, Geppy Gleijeses conferisce un inimitabile ritmo indiavolato ad uno spettacolo che sulla carta poteva sembrare difficile: lo spettacolo ha i suoi anni sulle spalle, presenta tre atti, è lungo oltre due ore… e invece ne viene fuori un’opera che ti lascia senza fiato per quanto ti faccia ridere dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità! E ti sembra impossibile, riflettendo sul fatto che quest’opera, scritta nel 1922, ha più di un secolo… eppure, se rappresentata con l’energia e il vigore e soprattutto la vitalità con cui è stata portata in scena, non potrà invecchiare mai!

(Il regista ARMANDO PUGLIESE)

La storia c’è, ma è talmente intricata, complicata e complessa… al punto che solo la Vita può essere più difficile da raccontare… che raccontarla non risulta possibile. Al centro di tutto vi è una scalcinata compagnia di lestofanti e cialtroni che decidono il giorno stesso cosa portare in scena quella sera, che si preoccupano di scroccare più cibo che possono, e che evidentemente non sanno recitare, né tantomeno “vivere”. Assunti in uno stabilimento balneare, vedranno succedere di tutto: intrighi amorosi complicatissimi, episodi di (vera o finta?) follia inscenata, duelli evitati come no, equivoci a non finire, incidenti di ogni sorta, arresti e… e via dicendo! 

(Insieme alla splendida PATRIZIA SPINOSI, che il Comitato di Redazione ringrazia)

Un gran casino insomma! 

Eppure questa rappresentazione, titanica nella sua vitalità, una produzione a cura di GITIESSE ARTISTI RIUNITI (diretta dallo stesso Geppy Gleijeses) e di FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA, riesce a fare di questo gran casino disordinato e ingarbugliato e incomprensibile uno spasso continuo grazie al quale, di battuta in battuta, esplodono applausi a scena aperta e risate fragorose! Impossibile resistere a tutto questo divertimento. 

(Insieme a LORENZO GLEIJESES, che il Comitato di Redazione ringrazia)

Il merito spetta sicuramente anche all’eccezionale cast stellare, a cominciare da Geppy stesso, dal di lui figlio LORENZO GLEIJESES che condivide le scene col padre e che offre una performance strepitosa, e da quell’interprete fenomenale che è ERNESTO MAHIEUX

(Insieme ad ERNESTO MAHIEUX, che il Comitato di Redazione ringrazia)

Ricordiamo però anche tutti gli altri attori, tutti quanti ottimi nel restituirci un immaginario fatto di caos e pazzie come quello di De Filippo: ROBERTA LUCCA, GINO CURCIONE, PATRIZIA SPINOSI, IRENE GRASSO, SALVATORE FALECO, GREGORIO MARIA DE PAOLA, CIRO CAPANO e DEMI LICATA.

I momenti indimenticabili sono un’infinità: dalla scena al commissariato a quella che vede l’irresistibile Gennaro (il protagonista interpretato da Geppy Gleijeses) vittima di un incidente per cui non sarà più capace di camminare come un essere umano normale (anche se lui, a dirla tutta, un essere umano normale non lo era mai stato!). Le scene sono tantissime, gli interpreti pure, le situazioni anche: eppure la soglia dell’attenzione non cala mai per un solo istante. Molte battute («Nzerra chella porta!» o «Io tengo ’na buatta») ce le ricorderemo probabilmente in eterno. Tra tutti gli episodi, ci tengo a ricordare “il teatro nel teatro”, quando i cialtroni e lestofanti trascorrono mezz’ora (di tempo vero) a inscenare meno di cinque minuti del loro spettacolo (non arrivano oltre le prime dieci battute) facendo un immane pasticcio. Vedere interpreti (veri) che interpretano meravigliosamente interpreti (falsi) che di interpretazione non ne capiscono niente è una delle esperienze più straordinarie e spassose possibili, ve lo garantisco!

(Insieme a SALVATORE FELACO, che il Comitsto di Redazione ringrazia)

Infine, il risultato straordinario che sono riusciti ad ottenere non è solo aver riportato in vita un testo di un Maestro nato più di cent’anni fa o di aver reso scorrevolissima una trama delle più complicate e intricate possibili: ma il loro grande merito sta nell’averci fatto dimenticare per più di due ore di essere spettatori dentro un teatro che guardavano persone “fingere” di essere chi non erano. 

Ma come è possibile? 

Non lo so, ma il fatto è che il Teatro, quello vero, lo compie da sempre questo miracolo. E così noi, gente del pubblico, insieme a loro, attori sul palco, ci ritroviamo davvero tra tutte quelle risate continue per cui quasi ci fa male la mascella, in un mondo altro, in un tempo altro, a “vivere per davvero”. Sì, perché la vita là fuori, oltre le porte del teatro, non è così bella, così divertente, così sensata come quella che ci hanno fatto vivere loro. E per questo gli saremo grati per sempre.

Un consiglio a tutti gli attori (veri o immaginari che siano): state attenti al suggeritore che vi procurate!

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