Nel 2001, durante la pubblicazione della serie New X-Men, Grant Morrison fa uscire l’albo Fantastici 4: 1234 per la linea editoriale Marvel Knights, inaugurata pochi anni prima con la serie Inhumans, disegnata da Jae Lee, che è il disegnatore anche di questa miniserie. L’idea dietro 1234 non è distante da quella dietro All-Star Superman, che uscirà quattro anni dopo: una serie limitata (in questo caso di soli quattro numeri) che si occupi di proporre una versione definitiva, quasi atemporale, dei personaggi protagonisti, in questo caso i Fantastici 4. Ma se All-Star Superman si rivela essere una specie di ode alla Silver Age, di cosa parla 1234? La struttura dei quattro numeri è semplice e con un meccanismo facilmente intuibile: ogni numero è dedicato a un membro diverso dei Fantastici 4, mentre la loro nemesi, il Dottor Destino, organizza e mette in atto il suo piano definitivo per eliminarli.
Numero #1: Seguiamo la storia di Ben Grimm, la Cosa, un uomo con una scorza di roccia a ricoprire il suo corpo e il suo cuore. In questo momento complicato di “pausa” per il gruppo (poiché Reed si è chiuso nel suo pensatoio), Ben soffre il giudizio pubblico: lui è il più mostruoso del gruppo e l’opinione generale si sfoga su di lui, facendolo dubitare del suo ruolo nel gruppo. Non riescono a consolarlo né Johnny né Sue, frustrati anche loro. A un certo punto, tramite i rimasugli di un Doombot tenuto nel Baxter Building, Destino gli parla: “Quello che Reed non ha fatto, Destino lo può fare: Benjamin, io ti posso curare dalla tua condizione. Puoi tornare normale”. Destino è stufo delle loro tipiche azzuffate, è stufo di Reed e ora vuole risolvere i problemi che concernono tutti loro. Quindi Ben accetta: nuovamente umano, torna a New York, dove nessuno lo riconosce, e viene investito per strada. Ancora tre.
Numero #2: Seguiamo la storia di Sue Storm-Richards, la Donna Invisibile, invisibile perfino per suo marito, uomo troppo concentrato sul suo lavoro per passare del tempo con lei. Sfoga il suo dolore con l’amicaAlicia Masters, in una serie di piacevoli vignette magnificamente colorate da Josè Villarrubia, ma un pensiero torna a tormentarla ogni tanto: Namor, il Sub-Mariner rappresenterebbe per lei l’uomo perfetto, sia bello che galante. Ma poi, Destino agisce di nuovo e la tentazione prende forma carnale, poiché Namor, a petto nudo, si presenta di fronte a Sue, che smette di essere invisibile. Ancora due.
Numero #3: Seguiamo la storia di Johnny Storm, la Torcia Umana, giovane fumantino, incandescente anzi, pieno di impeto e di voglia di mostrarsi. Eppure, la sua stessa famiglia lo ignora, cosa che lui prende come se fosse una reprimenda nei suoi confronti. Come si batte una persona che valuta l’ostentazione carismatica e le apparenze grandiose come uniche costanti della propria vita? Con la stessa moneta: Destino manda un kaiju contro Johnny, che viene facilmente sconfitto. Ancora uno. Eppure, la Torcia rimane accesa e Sue cerca di resistere alle avances di Namor e Ben si riprende per andare da Reed per tornare com’era prima. Johnny, Sue e Namor vanno dall’Uomo Talpa, il padrone del kaiju, e tutti insieme capiscono di essere stati manipolati da Destino, che ora vuole invadere New York con un Doombot gigantesco, la sua arma contro Reed.
Numero #4: Seguiamo la storia di Reed Richards, Mister Fantastic, il più intelligente umano sul pianeta, incapace di comprendere l’animo umano, ma conoscitore dell’universo in lungo e in largo. Ha quindi delle visioni, nel suo Pensatoio: un altro sé, uno malvagio, che ha nascosto fuori da sé, in una maschera di ferro per celare le emozioni violente, dominanti, che lo tormentavano. Ma ciò non è vero: Destino sta usando una macchina per riscrivere le vite dei Quattro, per annientarli partendo dalla loro intimità. Namor e Johnny, secondo le predizioni di Reed, si schiantano sulla testa del Doombot. Reed, per battere la struttura imposta da Destino, elasticizza il suo cervello, ragionando su strade mai percorse prima: i Fantastici Quattro, Namor, perfino Alicia, fanno parte di un’equazione vincente, autoriparatrice, che riesce ad annichilire ogni piano di Destino. Ben riguadagna i suoi poteri e Susan affronta Destino, che si rivela essere solo un infantile e permaloso ometto (“Te ne stai qui seduto con le tue stupide macchine e la tua gelosia infantile, mentre dovresti curare il cancro o portare i nostri simili verso le stelle” dice lei, anticipando una linea di dialogo diretta a Lex Luthor in All-Star Superman): infine, dopo che tutto ritorna alla normalità e la famiglia si riunisce, Destino urla da solo per la rabbia nel suo castello in Latveria.
Grant Morrison ha un’idea molto specifica per questa storia: c’è un evidente volontà di citare la Silver Age, tant’è che non c’è alcun personaggio creato dopo gli anni ’60 in questa storia (primo fra tutti Franklin Richards), ma la presentazione è molto diversa da quella di All-Star. Infatti, la scelta di avere Jae Lee, autore che predilige lo stile fotorealistico, quasi grottesco, e le ombre pesanti e soverchianti, sembra rappresentare un ovvio obiettivo: 1234 è fortemente radicato nella modernità e cerca di adattare un contesto superato alle dinamiche relazionali dei primi anni 2000. Morrison cerca di decostruire i personaggi, tentando di spiegare alcune delle loro motivazioni, invece che cristallizzarle nel tempo: per esempio, questa è la prima storia in cui viene supposto che Mister Fantastic sia nello spettro autistico. Quindi, la serie è, per Morrison, la versione definitiva dei personaggi, ma, allo stesso tempo, non è necessariamente celebrativa del passato, seppur si riferisca ad esso. Molti elementi narrativi per il 2001 erano già superati, come il rapporto tra Sue e Namor (Sue è particolarmente priva di spessore in questa storia, con le sue “tentazioni” come unico elemento della sua caratterizzazione emergente), l’odio dei newyorkesi verso Ben e la crudeltà di Johnny proprio verso quest’ultimo (che risulta solo pura cattiveria e non la tipica scherzosità del ragazzo): per tali ragioni, l’opera risulta atemporale, anche se vuole essere fissa nella cronologia dell’Universo Marvel, e, per questo, leggermente frustrante. Per quanto Morrison sia estremamente talentuoso, la trama è confusa e, per quanto sia una storia incentrata sulle relazioni interpersonali tra i personaggi, l’autore non riesce a ottenere un risultato soddisfacente che metta tutti i personaggi in risalto nel modo corretto. Un dettaglio, però, è messo in risalto rispetto agli altri: i Fantastici Quattro non sono supereroi, il vigilantismo non è la loro priorità, ma sicuramente sono scienziati, esploratori dello sconosciuto, amanti della scoperta, forse l’estremizzazione più chiara del positivismo, e sono una famiglia, persone collegate tra loro da un legame così forte da essere indissolubile, che non potrebbero esistere senza proprio quel legame.
Fantastici Quattro: 1234 è una miniserie bizzarra, ma estremamente interessante, molto anni ’60, ma che manca della precisione e della cura che la renderebbe uno dei classici immortali che caratterizzano la bibliografia dell’autore scozzese.
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