DI EDOARDO VALENTE
Ci risiamo, è successo di nuovo: Netflix ha deciso di produrre una serie tv ispirata (quando c’è scritto ispirata bisogna sempre iniziare a preoccuparsi) dalle opere di Edgar Allan Poe.
È stata intitolata “The Fall of the House of Usher”, come uno dei racconti di Poe, ma con questo ha pochissimo a che fare. Con la totalità dell’opera di Poe questa serie veramente scritta male ha pochissimo a che fare. Tranne per il fatto che hanno sottratto qua e là degli elementi evidentemente geniali che solo Poe (e non di certo gli autori di questo prodotto) poteva immaginare.

Per spiegare meglio il mio disappunto, ho pensato ad un esempio molto preciso.
Immaginate di essere dei grandi fan di Harry Potter, avete letto tutti i libri e vi sono piaciuti tantissimo. Un giorno sentite dire che Netflix ha deciso di produrre una serie tv ispirata dalla saga letteraria. Una stagione, dieci episodi da un’ora.
La trama me la immagino più o meno così:
Harry Potter è uno sfigatissimo ragazzino orfano, che vive in uno sfigatissimo paesino americano con i suoi cattivissimi zii. Un bel giorno, però, riceve una lettera: è stato ammesso nel più prestigioso college sportivo degli Stati Uniti!
Ma come mai proprio lui? Perché, a quanto pare, è bravissimo a giocare a baseball.
“Tu sei un mago del baseball, Harry.”
Nonostante gli zii siano contrari, lui parte, e fa amicizia con un ragazzo patito di rugby di nome Ron e una ragazza molto intelligente, chiamata Hermione. Lei è afroamericana, e per questo viene discriminata.
A scuola, vengono subito presi di mira da Draco Malfoy, il ragazzo più popolare di tutti, figlio di papà e con tantissimi followers sui social, non come i nostri protagonisti, che sono sfigati.
E tra una partita di baseball e l’altra, Harry ha un’idea. Per diventare virali sui social inizieranno a fare dei TikTok con degli effetti speciali bellissimi, che piaceranno a tutti. Ad esempio, non appena uno di loro dice una parola a caso, tipo “Leviosa”, con delle incredibili tecniche di editing, Harry riesce a far volteggiare gli oggetti nella stanza.
È un successo enorme! E così loro tre diventano popolari in tutta la scuola.
Anche il vecchio preside, un certo Albus Silente, sembra averli presi in simpatia.
Stanno antipatici solo a Malfoy e alla sua cricca, e al professore di chimica, Piton.
Ma, un brutto giorno, una minaccia si staglia all’orizzonte.
Il ricco e perfido Tom Riddle, proprietario della Voldemort & co, vuole comprare tutte le piattaforme social, per impedire ai giovani di divertirsi.
Così, parte una battaglia in cui Harry e i suoi devono combattere per difendere la propria libertà, la loro inalienabile libertà di fare video stupidi e renderli virali.

Bello, vero?
Ecco, se pensate al rapporto che c’è tra la storia originale della Rowling e questa cosa che ho appena descritto, capirete anche il rapporto che c’è tra le opere di Poe e la serie tv che Mike Flanagan ha deciso di scrivere, produrre, dirigere e filmare.
Capisco, però, che le mie sono critiche mosse dalla mia adorazione per Edgar Allan Poe. Quindi, se si toglie questo elemento, la mia opinione si riduce comunque a: è una serie tv dimenticabile, non particolarmente coinvolgente e a tratti noiosa.
La presenza delle ispirazioni da parte di Poe risulta essere da un lato l’unico merito della serie, ma dall’altro è anche una grande delusione. Perché se questo vuole essere un omaggio a Poe, ecco, se io fossi in lui non mi sentirei così omaggiato.
Ma non ho ancora spiegato di cosa parla questa serie.
È un intreccio di tre trame cronologicamente distinte, che vede come principali protagonisti Roderick Usher e sua sorella Madeline, nonché l’avvocato August Dupin.
Si passa dall’infanzia dei due gemelli, fino all’inizio della loro ascesa nel mondo delle aziende farmaceutiche, per merito di una misteriosa donna chiamata Verna.
La loro azienda, la Fortunato Pharmaceuticals, è diventata un impero grazie all’invenzione di un farmaco chiamato Ligadone, che dovrebbe garantire la scomparsa di qualsiasi dolore, senza creare dipendenza in coloro che lo usano.
Ad un certo punto, però, quando entrambi hanno superato i settant’anni, in pochissimo tempo si abbatte su di loro una serie di eventi nefasti, che portano, appunto, alla caduta della casa degli Usher.
Nel giro di due settimane, tutti e sei i figli di Roderick muoiono, in circostanze diverse ma sempre particolarmente macabre, tutte quante ispirate dai più celebri racconti di Poe.
Il pretesto di trama per raccontare questa vicenda è la confessione che Roderick fa a Dupin, ripercorrendo in ogni episodio gli eventi che hanno portato alla morte dei figli e delle figlie.
Quello che si arriva a capire è che la causa di tutti questi decessi è Verna, la misteriosa donna che sembra essere immortale, o incorporea, o in ogni caso dotata di poteri sovrannaturali. Sta abbattendo pezzo dopo pezzo la loro famiglia perché questo era sancito dal loro accordo, stipulato anni prima. Una specie di patto con il diavolo: loro avrebbero avuto tutto il successo che desideravano, e avrebbero fatto qualsiasi cosa senza conseguenze, ma dovevano sapere che, prima della fine delle loro vite, tutta la loro discendenza sarebbe morta.
Questo è veramente uno dei pretesti di trama più stupidi che io abbia mai visto. Uno dei motivi viene detto dalla stessa giovane Madeline: “ma io non ho figli”, sottintendendo anche che non vorrà mai averne.
Suo fratello Roderick, invece, ha già un figlio e una figlia, e gli altri quattro li avrà da altre quattro donne diverse. Ma questo, appunto, risulta quasi insignificante.
Al di là del fatto che avrebbe comunque potuto rifiutarsi di occuparsi direttamente dei figli illegittimi, evitando di includerli nella famiglia, sia Roderick che Madeline hanno come unico obiettivo di vita il successo, il potere e i soldi. A loro non frega niente della famiglia: ricordo, di nuovo, che Madeline non ne ha mai voluta una, e Roderick non è in alcun modo legato con sentimenti sinceri alla sua discendenza.
L’unica eccezione è fatta nei confronti di Lenore, la figlia del suo primogenito, che lui stesso definisce “la migliore degli Usher”.
Ma degli altri, cosa importa? Sono figli illegittimi, fratellastri e sorellastre che si odiano tra loro e che non piangono la morte degli altri. Da un lato il fatto che siano parte di questa famiglia li necessita ad essere anaffettivi e spietati, dall’altro li si vorrebbe costernati dal fatto che stanno morendo come mosche.
Questa, però, (mi rivolgo direttamente a Flanagan) è incoerenza.
Sappiamo già dal primo momento che moriranno tutti, non viene fatto nulla perché ci si possa affezionare a loro, la caduta di questa famiglia non porta con sé nessuna emozione e la sceneggiatura non permette di entrare in rapporto empatico con i personaggi.
L’unica cosa che, a questo punto, dovrebbe tenere lo spettatore incollato allo schermo è la curiosità di scoprire come si è arrivati alla situazione anticipata già dal primo episodio. Ma la narrazione, spesso, è noiosa e ridondante.
Ammetto che qualche scena di maggiore suspense sia presente, ma nulla di così emozionante. A corroborare l’atmosfera horror c’è qualche jumpscare e qualche immagine particolarmente grottesca che, giustamente, genera un certo disgusto. Però, nulla di più. Non c’è tensione psicologica.
Nel momento in cui analizzo questi elementi, non sto neanche facendo riferimento alle citazioni di dubbio gusto che riguardano Edgar Allan Poe. Più che sembrare un tributo all’inventore del racconto dell’orrore, sembra che non avessero voglia di inventare i nomi dei personaggi e abbiano saccheggiato le opere di Poe.


È come il mio esempio in merito a Harry Potter: in comune ci sono i nomi e alcune situazioni, ma il prodotto finale non solo non è all’altezza della fonte a cui si ispira, ma neanche all’altezza di una serie tv scritta bene.
E qui si torna ad una questione già analizzata: secondo me è colpa del fatto che sono americani. (Perdonate la generalizzazione).
Questa è una serie che può piacere solo a loro. Ogni frase è farcita di “fucking” questo e “fucking” quello, la trama non è nulla di particolarmente originale o sorprendente, Poe c’è ma potrebbe non esserci (forse sarebbe meglio così), e verso la fine c’è una specie di morale che gli americani si raccontano inutilmente.
“Guarda quanto sono cattivi quelli ricchi e potenti”. Sì, vero, ho visto. E quindi? Con un monologo di tre minuti abbiamo risolto i problemi del mondo?
Sulla questione della morale voglio tornarci; perché in questa finta critica ai ricchi brutti e cattivi, ad un certo punto Verna dice: spendete soldi solo per fare cose inutili che vi divertono, quando potreste aiutare tante persone.
È bizzarro che una frase del genere sia in questa sceneggiatura, perché rientra benissimo nell’esempio.
Si poteva evitare di produrre un’altra serie tv di media qualità (tranne per certi effetti visivi, questo lo riconosco), che intrattiene poco, non insegna nulla, non lascia il segno. Quanto sarebbe stato più utile donare a chi ne ha bisogno tutti i soldi spesi per la realizzazione di questo prodotto?
Parole al vento.
Quindi, se siete arrivati alla fine di questa disamina, e per caso eravate in dubbio se guardare o meno questa serie, spero che abbiate deciso di non farlo, così da risparmiare otto ore della vostra vita, facendo tante altre cose migliori che si possono fare in otto ore.
Se l’avete già vista: mi dispiace, potevamo decisamente farne a meno.
In tutto questo, io aspetto ancora un prodotto visivo che sia all’altezza delle opere originali di Poe, ma temo che finché a pensarci saranno gli americani non si arriverà a nulla di buono.
Spero che un giorno qualcuno mi smentirà.
Nel mentre, torno a rileggere i racconti di Poe. Nel suo “The Fall of the House of Usher”, quello originale, ad esempio, crea un’atmosfera inquietante fin dalle prime righe, e nelle ultime pagine riesce a mettere angoscia in una maniera che è difficile credere che possa venire trasmessa tramite la parola scritta.
Eppure, Poe ci riesce, perché era dotato di una genialità unica e inimitabile, che non riusciremo a riprodurre mai più.


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