Disco ball

Storie in Rete – Space opera (Catherynne M. Valente)

DI ELODIE VUILLERMIN

Nel nostro immaginario, tendiamo ad associare la parola “alieno” a una creatura mostruosa pronta a invadere la nostra Terra per sottometterci o usarci come fonte di cibo. Ma se gli alieni, anziché portare morte e distruzione, ci offrissero la possibilità di salvarci attraverso Arte, Cultura e Bellezza?

Aspetta un po’. Degli alieni che sono Mercuziani senza la consapevolezza di esserlo? Sembra assurdo, ma è così. Ecco a voi Space opera, edito da noi in Italia da 21lettere Edizioni, finalista agli Hugo Award 2019 come miglior romanzo.

(L’Augusto Direttore Alberto Grometto e un Marziano Mercuziano che inneggiano ad Arte, Cultura e Bellezza!!!)

La storia, che unisce un po’ di Guida galattica per gli autostoppisti alle regole base dell’Eurovision Song Contest, comincia con l’invasione della Terra a opera degli Esca, una specie aliena simile a un incrocio tra un fenicottero e un pesce lanterna. Il loro rappresentante, che per tutto il romanzo sarà noto solo come Road Runner (perché buona fortuna a ricordarvi il suo vero nome per intero), non esita a rinfacciare agli uomini la loro natura tossica, ipocrita, egoista e distruttiva. Per lui e le altre specie aliene l’umanità non è trattabile come senziente, quindi perché mai merita di restare ancora in vita?

Eppure c’è un modo per dimostrare a questi fenicotteri spaziali, nonché a tutto l’universo, il contrario sul nostro conto. Si tira quindi in ballo il Gran Premio Metagalattico, una sfida canora tra specie di pianeti diversi, l’unico modo pacifico possibile per risolvere una guerra civile intergalattica. Il pianeta Terra deve prendere parte a questo contest ed evitare di arrivare tra gli ultimissimi posti, altrimenti sarà eliminato.

L’umanità deve perciò eleggere un rappresentante per queste olimpiadi del canto. In realtà non deve nemmeno scegliere, gli Esca hanno già una lista di nomi. Il problema? Gran parte di quei nomi, tipo le Spice Girls o Yoko Ono, sono già morti. A leggere tutta la lista, poi, ci rendiamo conto che gli alieni hanno un concetto distorto di bellezza, se per loro leggende come i Beatles o i Rolling Stones sono spazzatura mentre Skrillex si avvicina di più a un ideale accettabile di musica vera.

(La vera musica secondo gli alieni: Skrillex!)

Ma alla fine, chi canterà in rappresentanza della Terra?

L’incarico spetterà a Decibel Jones, il messia del glam rock, definito dall’autrice stessa “uno psichedelico spilungone ambidestro pansessuale di genere confuso glitter punk economicamente suonato etnicamente ambizioso”. Dovrebbe essere il salvatore della sua specie, un eroe, ma in realtà è un comune umano come tanti, segnato da trascorsi dolorosi. Ha fatto parte di una band, gli Absolute Zeros, che però si è sciolta a causa di incomprensioni e scelte sbagliate, principalmente le sue: è diventato talmente affamato di fama da voler essere il solo protagonista e ha finito per trattare i compagni come membri di supporto e basta. Non solo, l’amico Oort Sant’Ultravioletto si è venduto all’industria del consumo e a incarichi degradanti pur di campare e garantire un futuro alla propria famiglia, scelta che Decibel non ha approvato a prescindere dalle motivazioni dietro di essa. E il terzo membro, Mira, è morto.

Ancora oggi le tensioni tra i due ex amici rimasti in vita, costretti a riunirsi e a collaborare, sono palpabili e la strada per il perdono è lunga e tortuosa. Per tutto il romanzo vediamo Decibel cercare di fare pace con Oort e con il ricordo di Mira, fare slalom estremo tra i sensi di colpa e il terrore di rovinare tutto ciò che gli sta intorno, mentre cerca di comporre una canzone da urlo che stupisca tutti.

Il libro è diviso in sezioni che ricordano i quattro elementi: Terra, Acqua, Aria e Fuoco. Poi c’è la sezione finale, Cuore, corrispondente alla finalissima della gara canora.

La Valente dimostra di saperci fare con l’immaginazione e la costruzione dell’universo narrativo, riuscendo a dare vita a numerose e variegate specie aliene dai nomi bizzarri. Oltre ai già citati Esca, troviamo gli Alunizar, gli Elakhon, gli Utorak, i Keshet, i Voorpret, gli Inaki, gli Yüz e molti altri ancora. Ogni specie è diversa e unica: abbiamo panda rossi che viaggiano nel tempo, virus che sopravvivono tramite i cadaveri deambulanti di chi hanno infettato, alghe marine senzienti, lumaconi corazzati e pelosi, cespugli floreali che parlano e camminano, macchine dall’intelligenza superlativa e persino alieni che ricordano caramelle ma fatti di pelle vetrosa.

Tutti gli extraterrestri hanno il loro modo unico di cantare e suonare. C’è chi usa le ossa dei propri compagni o l’intero pianeta come uno strumento. Alcuni cantano tramite i feromoni. C’è chi compone la canzone perfetta con algoritmi numerici. Altri ancora si fanno mangiare il proprio cuore dal pubblico, in modo che questi possa assimilare le canzoni attraverso il processo digestivo. Spaziano con i generi, dal funk al rock, dal pop al blues fino al jazz e al death metal. E per le esibizioni? Pure lì si sono fatti creativi: scatenano geyser di acqua illuminata da anguille come effetto speciale, si danno fuoco da soli, proiettano giardini orografici sul palco, usano fontane di fiamme e così via.

(L’autrice Catherynne M. Valente)

L’autrice ci stupisce con uno stile ironico, pungente, dissacrante e un registro molto colloquiale. Sembra di sentir parlare un ragazzotto ribelle e amante della musica al posto del solito narratore super serio, impassibile e distaccato. Leggendo avrete l’impressione di essere guidati, passo dopo passo, da un presentatore spiritoso con grandi doti da intrattenitore (tipo il narratore di Novecento di Baricco, per intenderci).

La vita non è complicata, non è pretenziosa, non è unica, e il destino non entra mai in gioco. […] La vita vuole essere. Non può proprio sopportare di non essere. L’evoluzione scalpita, è lì pronta a partire senza preavviso, e saltella da un piede all’altro come un bimbetto in coda davanti alle montagne russe, tutto un fremito mentre pregusta le luci colorate e la musica ad alto volume e i loop a testa in giù tanto che se la fa sostanzialmente nei pantaloni ancor prima di aver pagato il biglietto. E il costo del biglietto è basso basso, proprio stracciato. Pianeti abitabili belli, pianeti abitabili freschi, solo un euro al chilo! Speciale promozione “paghi uno prendi due” su affascinanti e/o minacciose flora e fauna! Ossigeno! Carbonio! Acqua! Azoto! Un vero affare! E, naturalmente, formula all-you-can-eat su tutte le specie intelligenti.

(Space opera, Catherynne M. Valente, pag 10)

Il ritmo della narrazione ricorda molto un concerto, una serata in discoteca o un pazzo karaoke. Ogni scena ed evento, dalla semplice vita di un personaggio umano fino a cose di grande portata come la storia della galassia, viene descritta a ritmo di musica. Ogni parola è come una nota che rimbalza sulla pagina e si mette in fila insieme a tante altre parole per creare l’accordo giusto, quello che risuoni bene dentro l’anima del lettore. Ci sono infinite combinazioni di frasi e quindi di musica. Leggi le scene più veloci e ti sembra di sentire un suono di percussioni in sottofondo, nelle parti dal ritmo più incalzante percepisci le sonorità graffianti del rock, e così via.

Tutto sembra seguire i rimbalzi di quella che l’autrice definisce “un’utile e simpatica strobosfera rimbalzella”. Tutto ha un ritmo, ed è ballabile.

Ogni cosa batte al beat deciso dal Big Bang. Ogni cosa percepisce la grancassa della creazione, dalle stelle al sesso, fino alle canzoni. Ma voi siete in grado di creare quel ritmo? Per poter mettere in piedi una band pop, l’intero impianto della civiltà deve essere pronto e funzionante e deve battere il piede a tempo. Elettricità, poesia, matematica, amplificazione, stoffe, architettura da stadio, scambi efficienti e mimetici, drammaturgia, industria, marketing, la macchina burocratica, critici culturali, trasmissioni audiovisive, effetti speciali, teoria musicale, simbologia, metafore, mezzi di trasporto, finanza, sufficiente relax e calore in eccesso per fare qualcosa oltre a cacciare, tutto, ogni cosa.

[…]

Siete abbastanza gentili, sul vostro pianetucolo, da non spezzare quel ritmo? Da non calpestare i cantanti di canzoni e i romanzieri di romanzi e gli indossatori di seta? Perché sono mostri quelli che lo fanno.

(Space opera, Catherynne M. Valente, pag 142-143)

Tuttavia lo stile, per quanto originale, è difficile da seguire, soprattutto per chi non ha mai letto Guida galattica per gli autostoppisti prima d’ora. Certi passaggi sono costituiti da frasi lunghissime e (almeno a parer mio) inutilmente complicate, talmente sovraccarichi di dettagli da risultare pesanti, spesso senza alcuna virgola a darti un attimo di pausa, e ti fanno perdere il fiato a volerle leggere per intero e ad alta voce. Senza dimenticare quelle specie aliene che nel parlato inseriscono nomi diversi tutti attaccati tra loro (tipo “coincidenzafortunafortunadestinofortuna). I periodi ti lasciano basito, mettono in fila aggettivi o nomi che sembrano non c’entrare nulla gli uni con gli altri. Spesso c’è il rischio di perdere il filo del discorso e il significato delle frasi.

È una narrazione delirante, fuori di testa, che sfocia nel nonsense e nello strampalato il più delle volte. Per quasi tre quarti di libro ci sono digressioni sul passato degli altri pianeti, sulla storia di determinate specie aliene, o aneddoti relativi alle precedenti edizioni del Gran Premio Megagalattico, che rallentano lo scorrere della trama e alla fine rimane poco spazio per la gara canora vera e propria.

Il che è un peccato, perché il romanzo ha comunque i suoi lati positivi. Per esempio, la già citata varietà in termini di specie aliene e il grande lavoro sull’elemento fantascientifico.

Tra l’altro, al di là della gara canora, l’autrice riesce anche a farci riflettere su argomenti complessi con uno humor grandioso. Un esempio? Smentisce la credenza popolare che la vita è unica e preziosa. In realtà fa schifo, è noiosa ed è ovunque nell’universo. E quando ce l’hanno tutti, non ha chissà quale valore.

Oppure, tramite le relazioni tra umano e alieno, apre la strada a numerose riflessioni sui vizi peggiori dell’umanità. Vengono messi in discussione i metodi con cui gli umani si autodefiniscono intelligenti e nelle conversazioni tra Decibel, Oort e il Road Runner vengono posti di continuo interrogativi su quali siano gli effettivi requisiti per essere definiti una specie senziente.
Di certo Space opera non è una lettura adatta a tutti e ci vogliono tanto coraggio e tanta pazienza per capirla fino in fondo. Ma se siete fan dei libri di Douglas Adams e se vi piace lo stile narrativo contorto, esagerato e sopra le righe, vi consiglio comunque di leggerla.

Vorresti leggere un altro articolo facente parte della nostra specialissima rubrica “Storie in Rete”? Allora non hai che da cliccare qua!!!

Vuoi leggere di un altro libro che parla di Alieni? Clicca qua!!!

Vuoi leggere di un film che parla di invasioni aliene? Pigia qua!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP