Silver Surfer è l’angelo della Morte del mondo Marvel. Ovviamente ciò non è così in senso letterale, poiché attualmente nei fumetti l’incarnazione della Morte è l’ex-agente S.H.I.E.L.D. Phil Coulson, ma va bensì interpretato metaforicamente: il ruolo del padrone di Surfer, Galactus il Divoratore di Pianeti, è quello di rappresentare l’entropia finale, la distruzione eventuale di tutto quanto e, quindi, il surfista rappresenta una sua forma più umanoide e palpabile. Galactus, però, non è solo la Morte, bensì il portatore di genocidi di intere società ed ecosistemi: una consolazione di chi è prossimo alla morte è il fatto che ci saranno dei cari a ricordarlo sulla Terra o l’aver lasciato un’eredità nel mondo terreno, ma, se il globo intero viene eliminato, nessuno si ricorderà più di nulla mai più. Naturalmente, sia l’araldo che il suo signore sono colpevoli di ingenti crimini. Questo tema del personaggio di Silver Surfer è parte di lui fin dalla sua creazione, ma è stato ripreso intelligentemente nella miniserie Silver Surfer: Blackdi Donny Cates, firmata anche dall’artista Tradd Moore e dal colorista Dave Stewart. Per quanto sia tecnicamente uno spin-off di Guardiani della Galassia scritto dallo stesso Cates, Silver Surfer: Black non richiede ulteriori letture per essere capito e si può anche considerare un’introduzione al personaggio per i novizi.
Dopo che i suoi compagni Guardiani sono stati spediti in un wormhole, il surfista utilizza tutte le sue energie per rimandarli con sicurezza nel presente, rimanendo però bloccato da solo nel passato. All’alba dell’universo, epoca di dei e mostri, lui è costretto a chiedere asilo ad un pianeta sconosciuto, in realtà quello di Knull, dio dei simbionti, dell’oscurità e del vuoto. Dopo uno scontro, Knull riesce a legare a Norrin Radd del pianeta Zenn-La (vero nome di Silver Surfer) un suo simbionte, ma l’eroe viene guidato nella sua fuga da Ego, il Pianeta Vivente, il primo essere vivente dell’universo, unico alleato in un universo senza nessun altro. Il simbionte, anche se la sua coscienza è stata epurata da Ego, però, continua a crescere dentro Silver Surfer.
Le divinità sono l’essenza assoluta di concetti che gli umani ritrovano in vita: se Galactus è la morte, che cos’è esattamente Knull, anch’esso una divinità primordiale? La morte non è altro che trasformazione della materia, evoluzione dell’universo stesso nel corso del tempo, ma dal vuoto non può uscire nulla, né di buono, né di cattivo. Knull, invece, è l’assenza di luce, di ideali, di buone intenzioni e perciò è per necessità nemico naturale di entità come Galactus e Surfer, che invece incarnano storie, che iniziano e finiscono. Non c’è crudeltà nella morte, come concetto assoluto, ma è proprio qui che risiede il conflitto di interessi di Norrin, perché l’eroe non è un assoluto come il suo padrone o un dio come il suo nemico, ma solo un uomo con straordinari poteri. Quando Norrin si ritrova nel nucleo di Ego perché qualcosa sta crescendo al suo interno scopre che quel qualcosa è in realtà il nucleo embrionale di Galactus, non ancora nato a quei tempi. Qui bisogna tessere gli elogi di Tradd Moore, che riprende le peculiarità stilistiche di Jack Kirby e le riadatta senza fatica ai propri disegni, in tutte le vignette.
Il paradosso del tram davanti al quale si trova Norrin (uccidere Galactus o uccidere milioni di persone) sembra essere facile, ma sotto consiglio dell’Osservatore, che per una volta decide di interferire, lui sceglie di parlare prima con Galan, la forma umana del Divoratore. Ciò che l’eroe capisce dal suo incontro con il suo creatore, è che la morte è davvero inevitabile e uccidendo Galan si introdurrebbe comunque questa costante della vita all’interno del neonato universo. Qui Cates cerca di porre, anche grazie ad una citazione, un parallelismo tra la figura di Silver Surfer e quella di Robert J. Oppenheimer: ciò che accumuna i due è l’essere coloro che hanno portato al resto del cosmo una nuova forma di genocidio istantaneo, brutale e senza pietà. La grande differenza che però separa i due è la possibilità che viene offerta a Norrin di diventare portatore di vita e, perciò, di luce. La sua umanità, nelle sue emozioni e nelle sue complesse sfaccettature, prende quindi forma nel simbionte che lo infetta. Tutti i dubbi e le paure sono nel surfista anche quando l’aiuto di Ego canalizza le energie vitali dell’intero universo dentro di sé. Nel suo scontro finale con Knull, Surfer scopre che la sua energia è positiva e bandisce il vuoto da sé e sconfigge finalmente il dio dell’oscurità. Rimasto ora con pochissime forze, di nuovo solo in un cosmo antichissimo, usa la luce dell’universo per piantare su un pianeta senza nome la vita: sarà chiamato da lì in poi Zenn-La. Il surfista muore, per poi, nella trasformazione che è l’universo stesso, rinascere, diventando milioni di diversi organismi viventi e non nel corso di miliardi di anni. Infine, ridiviene sé stesso, capace di dominare il suo lato oscuro. Silver Surfer non è un dio, è solo un uomo capace di fare grandi cose ed era ciò di cui l’universo aveva bisogno. La speranza ci guidi.
Avendo già lodato abbastanza la scrittura di Cates, sento il dovere di parlare dei disegni e dei colori. Moore brilla luminescente come una stella, e i suoi disegni sfidano le leggi del cosmo. Lo stile dell’artista si rifà alle correnti artistiche della psichedelia e del cubismo, proponendo un fumetto inusuale, che sfrutta forme, disegni e impaginazione non convenzionali. I colori poi sono insieme molto brillanti e privi di sfumature e si adattano magnificamente alle naturali distorsioni dell’opera. Un costante stupore, pagina dopo pagina.
Silver Surfer: Black è un capolavoro contemporaneo, che insieme raccoglie l’essenza del personaggio in cinque soli numeri, rilancia la sua storia su un nuovo percorso e presenta spettacoli costanti in ogni disegno. Consigliato a chiunque.
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