Il focolare – Arthur Schopenhauer

DI EDOARDO VALENTE

Se per me il focolare è un momento della storia in cui l’unione di grandi personalità del passato le ha rese quello che oggi sono per noi, il solitario e misantropo Schopenhauer certo può stonare con questa idea. Ma, in realtà, neanche così tanto.

Il primo evento importante avvenuto affinché Schopenhauer diventasse sé stesso è stato, purtroppo, il suicidio del padre

Il secondo: la socialità della madre.

Gli Schopenhauer erano una famiglia ricca e importante, conoscevano molti intellettuali, e hanno fatto sì che i figli crescessero con una educazione vastissima.

Fin da piccolo, Arthur impara altre lingue oltre al tedesco, tra cui francese, inglese e latino, e viaggia molto per l’Europa con i genitori.

Legge tantissimo, e si appassiona di autori sia contemporanei che del passato.

Dopo il suicidio del padre, sua madre si trasferisce a Weimar, portandosi dietro la sorella di Arthur, mentre quest’ultimo rimane ad Amburgo e tenta di continuare l’attività commerciale del padre.

(Johanna Henriette Trosiener)

Facciamo un passo indietro: chi era la madre di Schopenhauer?

Johanna Henriette Trosiener è stata una figura importante nella letteratura tedesca della prima metà dell’Ottocento, infatti fu la prima nobildonna a pubblicare un libro senza usare uno pseudonimo. E i suoi scritti ebbero anche, per qualche decennio, un discreto successo.

La sua figura era sicuramente interessante, e il suo essere salottiera fece sì che nel suo salotto, appunto, si presentassero grandi personalità. Ospitò i fratelli Wilhelm e Friedrich Schlegel (considerati tra i fondatori del Romanticismo), l’illuminista Christoph Wieland, e, soprattutto, Goethe

(I fratelli Schlegel, Wilhelm e Friedrich)

E mentre lei faceva tutte queste belle conoscenze, cosa combinava il figlio?

Schopenhauer capisce che non è in grado di seguire le orme del padre, la sua inclinazione verso il mondo della cultura e della conoscenza è troppo forte.

Si trasferisce anche lui a Weimar, ma non va a stare dalla madre (con la quale ha un pessimo rapporto), bensì da un suo maestro, un filologo che gli avrebbe insegnato il greco antico.

Insomma: Schopenhauer studia tantissimo (anche in questo ricorda il nostro Leopardi), oltre alle materie umanistiche approfondisce anche quelle scientifiche, e gli viene concessa la laurea in filosofia per merito della sua opera dal complicatissimo titolo: Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente.

È proprio leggendo quest’opera che una vecchia conoscenza della madre fa capolino nella vita del giovane Arthur: proprio lui, Goethe.

(Il grande Johann Wolfgang Von Goethe)

Schopenhauer e Goethe iniziano addirittura una collaborazione, prima di persona e poi tramite carteggio, poiché Goethe sta lavorando alla sua teoria sulla vista e i colori, e pensa che quel giovane promettente possa dargli una mano.

I due, però, finiscono per avere idee diverse, e alla fine ognuno scriverà la propria versione di quella teoria.

Goethe, però, appare un’altra volta: nel momento in cui scrive una lettera di presentazione per Schopenhauer.

Ora, già immaginare questa situazione ha dell’assurdo, se si pensa alla grandezza di queste due figure del passato. Ma perché Arthur aveva bisogno di questa lettera? A chi doveva presentarsi?

Ebbene, nel 1818, in occasione del suo viaggio in Italia (intanto ha imparato anche l’italiano, ovviamente), scopre che sarà a Venezia nello stesso periodo in cui ci sarà anche Lord Byron. In persona.

Purtroppo, per ragioni non meglio precisate, i due non sono riusciti a incontrarsi.

Peccato.

(Lord George Gordon Byron)

Tornando indietro di qualche anno, al periodo degli studi, quello che forse più di altri è stato determinante per accendere quel focolare che fu interno a Schopenhauer, ma che continuamente veniva alimentato dall’esterno, fu Gottlob Ernst Schulze.

(Gottlob Ernst Schulze)

La sua vera base filosofica si forma grazie a lui, che, tra gli altri, gli fece conoscere il pensiero di Kant e di Platone, senza i quali noi, oggi, non avremmo neanche il pensiero di Schopenhauer. 

In quegli anni, inoltre, ha assistito dal vivo alle lezioni di Fichte, gli è stato consigliato di leggere i testi di filosofia orientale, anch’essi determinanti per la sua visione del mondo.

(Johann Gottlieb Fichte)

Ma l’incontro/scontro più bello della vita di Schopenhauer arriva quando, ormai ottenuta una discreta fama, gli viene concessa una cattedra all’Università di Berlino.

Lì insegnava già Hegel, che in quegli anni era considerato il più importante filosofo vivente.

E Schopenhauer, egocentrico, testardo, sicuro di sé, fa la cosa che nessuno al suo posto avrebbe fatto, ma che tutti avrebbero sognato di fare: stabilisce gli orari delle sue lezioni di modo che siano esattamente in contemporanea con quelle di Hegel.

E da lui non ci va nessuno.

(Georg Wilhelm Friedrich Hegel)

Quello di Schopenhauer è sicuramente un “focolare” insolito poiché probabilmente se fosse stato per lui non avrebbe fatto nessuno degli incontri fondamentali della sua vita, tanta era la sua superbia e la sua misantropia. 

Della socialità della madre non ha ereditato nulla, ma almeno grazie a lei è entrato in contatto con le persone giuste.

Una legna che, però, ha alimentato ampiamente il fuoco della vita di Schopenhauer sono stati sicuramente gli incontri immateriali: quelli con la cultura.

La sua biblioteca contava oltre tremila volumi (un numero notevole per l’epoca), senza contare tutti i libri che ha letto prendendoli in prestito, e che quindi non si possono calcolare.

Elencare tutte le materie che ha studiato, approfondito, alle quali si è semplicemente interessato, sarebbe inutile. Si va dalla medicina alla metafisica, dall’Upanishad al magnetismo, dall’anatomia all’astronomia. E poi tanta, tantissima letteratura e filosofia.

Diventiamo ciò che siamo, indubbiamente, per merito degli incontri che facciamo.

Ma è affascinante pensare a quanto possa lavorare in noi, nel nostro spirito, tutto l’immateriale che leggiamo, vediamo, ascoltiamo.

Se aveva ragione Schopenhauer, se la vita è davvero come quel famoso pendolo che oscilla tra noia e dolore, passando per fugaci intervalli di piacere, allora questo piacere si trova sicuramente in quegli elementi che, sommati, generano la fiamma ardente del proprio focolare.

(Il protagonista di questo articolo)

Se questo pezzo ti è piaciuto, leggi gli altri che fanno parte della nostra rubrica “Focolare“!!!

Se ami la Scrittura in ogni sua forma, allora non potrai che cliccare qua!!!

Se credi nel potere sconfinato e immortale delle parole, questo è l’articolo che fa al caso tuo!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP