Good Omens Pictured: David Tennant & Michael Sheen

Good Omens 2- Can it be us?

DI ALICE POLIN

Si ringrazia per la preziosissima e fondamentale collaborazione e straordinaria partecipazione attiva SARA LUDERIN, senza la quale questo articolo non avrebbe mai visto la luce.

Neil Gaiman aveva utilizzato tre aggettivi per descrivere la nuova stagione di Good Omens: quite, gentle, romantic.

Ed ecco qui dunque la continuazione della genialità sottile e divertente di Neil Gaiman. Se nella prima stagione avevamo visto Crowley e Aziraphale alle prese con nientemeno che l’Apocalisse biblica, con tanto di Anticristo e Cavalieri (ve li ricordate, Guerra, Carestia, Inquinamento e Morte?), potremmo dire che nella seconda quel che Crowley e Aziraphale devono affrontare sono i sentimenti l’uno per l’altro. Una commediola romantica, dunque? Molto di più. Neil Gaiman riesce a far ridere mentre porta avanti una storia solida, senza mai rinunciare a quel tocco di follia narrativa che aveva contraddistinto già la prima stagione. La satira, morale e religiosa, rimane puntuale e sottilissima, da gustare goccia a goccia. Al centro rimangono loro, Crowley e Aziraphale, rispettivamente interpretati da David Tennant e Michael Sheen che, inutile dirlo, hanno una chimica capace di dare anima alla struttura della narrazione. Nella prima stagione i loro personaggi li capiamo in relazione al resto del mondo (e alla possibilità della sua fine), ora invece andiamo loro più vicino, li spiamo in una quotidianità a due faticosamente costruita e interrotta dall’evento scatenante che dà avvio alla storia.

Il primo episodio, infatti, s’intitola “l’arrivo”, e già subito capiamo che qualcosa di strano e assurdo sta per succedere nelle vite dei nostri protagonisti che stanno trascorrendo tranquillamente la loro esistenza sulla terra. Un uomo, nudo, si presenta davanti alla libreria di Aziraphale, con una scatola in mano. Lo riconosciamo subito: è l’arcangelo Gabriele, che non ricorda assolutamente nulla di sé stesso e non sa perché si trova in quella libreria, ma è convinto di poter trovare protezione lì. Da qui inizia l’impresa dei nostri due protagonisti, un angelo e un demone prima impegnati a scongiurare l’Apocalisse e ora a nascondere lo smemorato arcangelo dall’Inferno quanto dal Paradiso. Senza fare spoiler, possiamo dire che Gabriele è un personaggio importante per l’evoluzione di tutti i personaggi che troviamo in questi 6 episodi.

E mentre Aziraphale cerca di svelare il mistero dietro l’amnesia dell’arcangelo, non mancano gli spezzoni storici sul passato e sul legame dei due protagonisti (e Neil Gaiman ci ha rivelato su Tumblr che, nelle bozze pre-riprese, era contemplata una sequenza sugli anni ’60, dove avremmo avuto la versione al femminile di Crowley e Aziraphale —un pezzetto della loro storia che è stato negato al pubblico, peccato).

“You’re just an angel who goes along with Heaven as far as you can”: è la frase che dice Crowley ad Aziraphale in uno di questi spezzoni sul loro passato, poco dopo che l’angelo ha mentito per la prima volta. Ecco il solito, sottilissimo gioco delle loro parti, dove nero e bianco non solo s’invertono, ma s’annullano a vicenda, fino a sfociare in un sentimento di solitudine così umano. E infatti: “Sounds… lonely”, gli risponderà Aziraphale. Ed è, in qualche modo, una chiave per l’ultimo episodio.

Questa seconda stagione non si appoggia più sul libro che era stato terreno di partenza per la prima e, bisogna riconoscerlo, questo è spesso un rischio (non riapriamo la dolorosa ferita di Game of Thrones citandolo come esempio). Un altro rischio che questa seconda stagione correva era sicuramente quello del queerbaiting. Troppe sono le serie tv che creano chimiche spettacolari tra personaggi, spesso queer, per poi lasciare al fandom il compito di riempire i vuoti, tuttalpiù accontentatosi di scadere in un fanservice che può riuscire quanto no. Et voilà il fenomeno del queerbaiting: un buon modo per attirare pubblico senza mai però che gli autori accettino di prendere in mano la patata bollente della rappresentazione queer in una cultura televisiva e seriale che ha ancora bisogno di sfondare gli schemi dell’eteronormatività. Ecco, la seconda stagione di Good Omens, poco ma sicuro, ha scongiurato entrambi i rischi con un’ineffabile alzata di spalle. La rappresentazione queer trova il suo posto felice, nel giusto equilibrio tra il non lasciare zone d’ombra e il non renderla nemmeno unico scopo e scheletro della storia. Una menzione speciale va a Nina e Maggie, coppia che rispecchia quella principale tra l’angelo e il demone in un fine gioco di parallelismi. Ma oltre a loro, per citare di nuovo Neil Gaiman sul suo Tumblr (e com’è bello quando un autore è così vicino alla comunità che segue le storie che scrive!), se pensate che la storia di Aziraphale e Crowley sia la storia di due umani maschi, “you’ve missed something” (non a caso il fandom di Good Omens spesso si riferisce a Crowley con pronomi femminili, per non parlare di Beelzebub per cui in lingua originale viene usato il neutro). Non di certo una rappresentazione canonica, no: una rappresentazione anarchica, libera da schemi umani ed eteronormativi. Poco ma sicuro.

Ma, rischiando di fare uno spoiler (e qui si saltino le prossime righe per chi ancora non ha guardato questa seconda stagione), c’è qualche polemica riguardo alla questione del consenso. Ma insomma, questo bacio, Aziraphale l’ha subito o l’ha voluto? L’ha respinto o l’ha ricambiato? Qualcuno lamenta una mancanza di consenso. Per chi scrive, invece, lamentare una cosa del genere significa non aver ancora colto alcuni dettagli che sono rimasti domande aperte. Non scordiamoci che questa seconda stagione doveva essere il ponte tra ciò che è successo nella prima e quello che succederà nella terza. La storia, nei suoi punti fondamentali, è delineata sin dall’inizio, ha dichiarato Gaiman. La seconda stagione aveva il compito di preparare ai grandi eventi della terza. E ora il fandom ha un bel daffare a costruire teorie, analizzare dettagli, dialoghi, sfumature (un esempio: che dire della famigerata tazza di caffè portata da Metatron ad Aziraphale? Ha qualcosa a che fare col comportamento dell’angelo? Chi può dirlo. Quel che è certo è che quella tazza di caffè d’asporto è abbastanza famigerata da comparire durante tutta la sigla, al pari della folla degli altri personaggi. Neil Gaiman non manca di giocare con i suoi fan).

Ma torniamo a noi: ogni episodio di questa seconda stagione è un crescendo verso un finale d’intensità (narrativa e d’interpretazione): più si va avanti e più le storie dei diversi personaggi s’intrecciano con la trama principale, incalzando il rapporto tra Crowley e Aziraphale. Il risultato di tutto questo? Secondo molti questa seconda stagione supera la prima (e noi siamo d’accordo). E c’è ben da sperare, perché non si può rimanere orfani di una terza parte. Bigger, louder, final: ha risposto Gaiman quando di nuovo gli hanno chiesto di descriverla con soli tre aggettivi.

Cosa state aspettando? Se ancora non l’avete fatto, andate a vedervi la serie: sì, piangerete, ma promettiamo che ne sarà valsa la pena.

Ami le serie tv? Allora clicca qua!!!

Vuoi leggere di un’altra serie tv? Clicca qui!!!

Idem come sopra!!!

Mercuzio and Friends è un collettivo indipendente con sede a Torino.

Un gruppo di studiosi e appassionati di cinema, teatro, discipline artistiche e letterarie, intenzionati a creare uno spazio libero e stimolante per tutti i curiosi.

Scopri di più →

GO TO TOP