DI PIETRO BERRUTO
“We’re home! I’m so done with the multiverse shit”
Venom
Come il titolo preannuncia, Venom: The Last Dance è l’ultimo della trilogia dedicata all’alieno simbionte e al giornalista a cui è legato. Scritto (e questa volta anche diretto) da Kelly Marcel, giunti al tramonto dell’SSU, The Last Dance è un commiato da parte di tutta la produzione. Fu scelto, perciò, di adattare parte della saga di Donny Cates, scritta alla fine degli anni 2010 e che aveva al centro della sua narrazione la decisione di dare un’origine coerente ai simbionti, dotandoli di un loro demiurgo personale, il dio del vuoto Knull: però, sono Eddie e Venom abbastanza forti da poter affrontare un dio?

La storia
La situazione è identica all’ultima volta: Venom è stato trasportato, per qualche ragione, nell’MCU a causa degli eventi di Spider-Man: No Way Home, ma, sempre a causa di questo film, ritorna sulla sua Terra immediatamente, in quella che sembra una dichiarazione di intenti da parte dei creativi sul non utilizzare il topos narrativo del Multiverso. Eddie Brock è un ricercato perché si pensa che abbia ucciso Patrick Mulligan nel film precedente e lui e Venom vogliono liberarsi da questo fardello decidendo di andare a New York e minacciare uno dei giudici che si occupano del suo caso. Eddie questo non lo sa ancora, ma Knull, imprigionato dai suoi figli simbionti sul pianeta Klyntar, ha scoperto che c’è una chiave per liberarsi ed è proprio in mano al giornalista, motivo per cui manda sulla Terra le sue Xenofaghe, cacciatrici di simbionti, a recuperare i due. A completare lo scenario, all’Area 51, il governo statunitense ha costruito un centro di ricerca sui simbionti: le figure importanti qui sono il militare Rex Strickland e le due cape scienziate Teddy Paine e Sadie Christmas e loro tre hanno in custodia il sopravvissuto Patrick Mulligan, ora legato a un simbionte e loro soggetto di studi, ed è proprio lui a dire loro di cercare Venom, possessore del Codex, la chiave per liberare Knull. Il Codex, come rivela l’alieno nero dopo che lui e Eddie sono stati attaccati da una Xenofaga, è stato forgiato dopo lo scontro con Riot nel primo film, quando Brock è morto e il suo amico ha usato i suoi poteri per resuscitarlo; inoltre, il Codex è visibile alle Xenofaghe solo quando Venom ricopre Eddie totalmente; quindi, i due sono ora costretti a vagare per gli Stati Uniti senza usare i loro pieni poteri. Nel mentre, incontrano la famiglia Moon, un gruppo di gentili e pacifici complottisti in gita all’Area 51, desiderosi di avvistare gli alieni, ai quali chiedono un passaggio per Las Vegas, da dove poi intendono proseguire verso New York. Eddie lega con la famiglia Moon, ma la deve abbandonare per iniziare un segmento narrativo in cui lui e Venom, mentre sono alla città del peccato, spendono tutta la loro fortuna alle slot machine, prima di essere interrotti dalla Signora Chen, personaggio minore dei film precedenti, molto amica del simbionte, che per ballare con lei rivela il suo aspetto, attirando sia l’esercito che le Xenofaghe. Dopo essere stati trascinati nell’Area 51, Eddie sta per essere giustiziato, ma Venom lo salva, di nuovo attirando le Xenofaghe: per combatterle vengono liberati tutti i simbionti nella base, ma con poco successo visto che vengono mangiati quasi tutti, compreso Mulligan. Nel frattempo, anche i Moon si sono infiltrati nella base e cercano di aiutare Eddie e compagnia a scappare. Capendo che per salvare il mondo, che sta per essere invaso da Knull, il Codex (e il suo portatore) va eliminato, Venom lascia Eddie e si unisce alle Xenofaghe, per poi farsi sciogliere nell’acido, sacrificandosi per il bene di tutti, aiutato da Strickland che muore in un’esplosione da lui causata per distruggere tutto definitivamente. Payne e Christmas si salvano grazie al simbionte della prima, Agony l’ultimo rimasto. Eddie, infine, viene salvato e ricoverato, per poi venire costretto al silenzio da parte del governo a patto che la sua fedina penale sia totalmente ripulita: a New York, Eddie pensa ai momenti passati con il suo ormai defunto migliore amico. Nelle scene dopo i titoli di coda: Knull preannuncia il suo arrivo come “King in Black” e si scopre che un frammento di Venom è sopravvissuto legato a uno scarafaggio. Fine.

L’atterraggio
È storicamente difficile creare una trilogia perfetta, in cui il terzo film riesca perfettamente a ricompensare gli spettatori per il tempo passato a guardare i primi due e ancora più difficile ciò risulta se i primi due film non sono particolarmente brillanti. Sarebbe strano se il film fosse bello, o anche solo “carino”. Infatti, non lo è. Venom: The Last Dance è, molto più degli altri, un grottesco aggregarsi di eventi sconclusionato e bizzarro, nonostante ci siano alcune chiare idee dietro di esso. Il punto focale del film è infatti il rapporto che c’è tra uomo e alieno, esattamente come in passato, questa volta, però, consapevole che lo scopo finale è la separazione dei due, Kelly Marcel si vuole concentrare sulle loro reazioni emotive. In effetti, questo punto è proprio la parte più forte del film: si è dato spazio ai due personaggi, definendo bene il loro carattere, dando loro la possibilità di mostrarsi al massimo, e, almeno nel mio caso, facendo affezionare anche lo spettatore. Per quanto scene come quella del ballo, realizzata sulle note di Dancing Queen degli ABBA, sia controproducente per la trama e svilisca la già scarsa intelligenza dei personaggi, in qualsiasi altro contesto, per i miei gusti sarebbe stata ottima: ormai abbiamo superato la shock del primo Venom e abbiamo compreso che questa versione “simpatica” è ormai quella definitiva di questa serie di film. Quello che non funziona è tutto il resto, a partire dai personaggi. Tutto il cast di supporto dei film precedenti è scomparso, con l’eccezione di Mulligan, che continua a essere estremamente sprecato, sia come attore che come personaggio; Strickland è un non-personaggio, incarna uno stereotipo e non è dotato di un vero e proprio carattere, presentandosi come un militare duro ma con buoni ideali, fino a martirizzarsi alla fine, atto più prevedibile che commovente; la dottoressa Teddy Payne ha un abbozzo di storia delle origini, alla quale viene fatto costante riferimento, ma viene esplorata poco e male; ho in simpatia Sadie Christmas, ma solo perché lei si lega al mio simbionte preferito, ossia Lasher, quindi il mio non è un vero giudizio sul suo personaggio, altrimenti dimenticabile; i Moon, per le scene in cui sono presenti, sono dolci e piacevoli, soprattutto nel segmento sul camper, ma la loro presenza successivamente diventa forzata e non necessaria. Il problema di questo cast secondario, in realtà, è che a malapena interagisce con i personaggi principali, non creando con Eddie e Venom alcun tipo di connessione e, per tale ragione, lo stesso accade con il pubblico. Le Xenofaghe, infine, sono delle antagoniste dimenticabili, sia esteticamente, sia per il loro ruolo, esattamente come lo è Knull, relegato su una sedia per tutto il film; di Knull, però, parlerò un’altra volta.

Per il resto, il film è più o meno sulla linea degli altri, quindi elencherò difetti che a questo punto ho già detto: effetti speciali posticci, regia poco interessante, trama piena di buchi, dialoghi innaturali, tante esposizioni poco eleganti. I conflitti della storia si susseguono fra di loro quasi casualmente, come se tutta la storia si reggesse insieme per casualità, perché le cose devono accadere: la maggior parte delle volte che Eddie diventa Venom, mettendo a rischio la propria vita, succede perché Venom stesso ha qualche capriccio in mente. La stessa idea del Codex, mezzo per liberare il dio del vuoto che si viene a generare con la morte dell’ospite, in una specie che DEVE far sopravvivere gli ospiti per sopravvivere lei stessa, è estremamente controproducente e in qualche modo antievolutiva: hanno fatto loro la gabbia di Knull, perché assegnare alla chiave una funzione biologica così utile, se non addirittura necessaria in molti casi? Quanti altri simbionti hanno vissuto la situazione di Venom, visto che pare essere un’occorrenza comune? Questa scusa sembra inoltre un motivo per utilizzare la CGI al suo meglio, limitando in specifici e isolati casi la presenza del mostro nero: va detto, però, che i design degli altri Klyntar sono molto convincenti e distinti tra di loro, dettaglio apprezzabile.

Venom: The Last Dance è come uno studente che ha dieci compiti a casa e non riesce a farli tutti, ma alla fine è contento perché almeno uno gli è riuscito. È un commiato di Tom Hardy, che di nuovo si è impegnato abbastanza, offrendo una performance apprezzabile e perlomeno divertente. Dirò che infine, anche se all’inizio non ero convinto affatto, ho trovato almeno un po’ di bellezza in Venom: poca, ma presente.

Una breve, brevissima, nota dedicata al mio personaggio preferito del film: Cavallo Venom. Cavallo Venom è così figo che Al Ewing l’ha inserito nella miniserie Venom War, facendogli fare dei commenti sulla teoria del fumetto mentre corre imbizzarrito dentro gli edifici. Lunga vita a Cavallo Venom.


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