DI ORIANA FERRAGINA
Per l’uscita della seconda parte della dilogia di film che i francesi stanno dedicando all’opera più famosa di Alexandre Dumas, vorrei mettere a confronto la prima parte di suddetto film, ovvero “I tre moschettieri – D’Artagnan”, e la trasposizione del 2011 ad opera di Paul W. S. Anderson, ovvero “I tre moschettieri”.
Ma andiamo con ordine: di cosa parlano i due film?
Nonostante il fatto che le due pellicole siano state ispirate dallo stesso libro omonimo, le trame non potrebbero essere più diverse: infatti, se il lungometraggio diretto da Martin Bourboulon segue abbastanza fedelmente la storia descritta da Dumas in collaborazione con Auguste Maquet nel romanzo del 1844, il secondo vira talmente tanto, in quanto a scelta rappresentativa, dalla storia originale, dal superare il sottile confine tra trash apprezzabile e immondizia nauseabonda, senza senso e senza né capo né coda; perché sì, effettivamente la trama della collana che viene donata all’amante della regina c’è anche nella seconda pellicola, ma, alla fine, Buckingham non è coinvolto sentimentalmente con Anna d’Austria e lei non è infedele e i moschettieri, nonostante siano del re, seguono molto più la regina che il monarca di Francia, reso un adolescente bamboccione incline ai capricci e agli isterismi; per non parlare del fatto che, per qualche strano motivo, sono solo in tre (quattro, se includiamo il protagonista), invece che un intero corpo militare posto al servizio del re.

Parlando poi del sovrano, non c’è paragone con quello scritto per essere interpretato da Louis Garrel, che, nonostante mostri comunque un re Luigi XIII abbastanza sottomesso al volere del cardinale Richelieu, comunque è apprezzabile e non completamente un bambino viziato come scritto sopra per la sua controparte americana.
Passiamo ora a considerare gli attori protagonisti: i tre moschettieri con D’Artagnan messi a confronto tra loro risultano vincitori i primi. Le prove attoriali delle controparti americane risultano scialbe e senza passione e gli attori sembrano principianti alle prime armi che non riescono a mettere due battute una di seguito all’altra e si mostrano rigidi come manici di scopa. D’altra parte, gli attori francesi rispecchiano appieno quello che Dumas ha scritto nel suo libro, dove le personalità dei protagonisti sono lampanti sin dai primi capitoli dell’opera (che sono gli unici capitoli che ho letto del libro, molto tempo fa, senza finirlo con mio profondo rammarico).
Persino Luke Evans, che nel film del 2011 interpreta Aramis, non è brillante come in altre pellicole in cui ho avuto il piacere di vederlo, risultando troppo fanatico religioso e non il gentiluomo che dovrebbe essere.

Neanche gli antagonisti si riescono a salvare nel lungometraggio targato Anderson, ma se la cavano di certo meglio dei protagonisti: Orlando Bloom, che interpreta Buckingham, trasforma un uomo innamorato e pronto a tutto per rendere felice il suo amore, anche a lasciarlo per il suo bene, in un uomo calcolatore ed eccentrico, intento più a causare guai ed essere sempre alla moda che a comportarsi da vero conte inglese; certo, anche nella pellicola francese, quando D’Artagnan va a recuperare la collana, lo farà durante una delle feste che il conte ha organizzato, ma comunque il personaggio mostra una rigida morale e, appena sente il nome di Anna, è disposto a separarsi dall’unico pegno d’amore che gli è rimasto di lei, pur di proteggerla dalle macchinazioni di Richelieu.
E, parlando del cardinale, forse è uno dei pochi ruoli che si possono salvare nella pellicola del 2011; più per il fatto che a interpretarlo sia il poliedrico e sempre magnifico Christoph Waltz che per come sia stato scritto nel copione: manipolatore, egocentrico e gelido nelle sue decisioni, è forse l’unico personaggio che rimane invariato nei due film; ma questa interpretazione del personaggio storico non riesce, comunque, a salvare la pellicola.

E, concludendo la carrellata dei personaggi antagonisti, parliamo di Milady e delle sue due interpreti: Milla Jovovich ed Eva Green; ovvero l’idiota e la furba. Perché, nonostante la Jovovich sia una brava attrice, non riesce appieno a competere con l’Eva Green del 2023 nel mostrarci l’ambiguità dell’ingegno e la furbizia; oltre al fatto che, in contrasto con la versione francese, Anderson decide di mostrare subito il rapporto che c’è tra Athos e Milady, invece che svelarlo, come succede nel libro, dove scopriamo che il moschettiere e la spia di origini inglesi erano sposati solo verso la fine e non all’inizio. Per non dire del fatto che Eva Green non si vede chiaramente nei panni di Milady che verso la metà della pellicola, rendendo la figura misteriosa e intrigante, nelle poche apparizioni oscure che vediamo prima di quel momento: una donna pericolosa e una vera femme fatale. Al confronto, la Milady di Jovovich è solo una spia che, per arrivare più velocemente ai suoi obiettivi, ricorre al fascino, ma facendolo diventare palese, per poi, immediatamente, pugnalare l’obiettivo alle spalle, senza riuscire a mettere in atto il lungo gioco degli inganni che riesce a mettere su schermo la Green. Egocentrica, ossessionata dall’essere sempre la più furba nella stanza e esasperante su questo punto, l’interpretazione dell’attrice russa naturalizzata statunitense risulta pesante e quanto di più lontano possa essere una femme fatale o il personaggio di Milady.


Ma se fosse solo l’interpretazione degli attori, allora potremmo chiederci che cosa diamine succedeva sul set, dal portare tutti gli attori presenti, tra cui Mads Mikkelsen, nei panni del capitano delle guardie del cardinale Rochefort, e James Corden, nei panni del cameriere di Athos, al boicottaggio del film; ma poi vedi le scelte nella trama e ti cadono le braccia (per impedirti di andare in cerca del file originale e bruciarlo insieme al regista): dirigibili volanti inventati da Leonardo da Vinci, i cui disegni sono stati ritrovati dai tre moschettieri in una cripta sotterranea di Venezia!
E questa è solo la punta dell’iceberg: scontri volanti tra dirigibili, Milady che è uscita direttamente da uno degli spettacoli del circo di Moira Orfei, il capitano Rochefort che si diverte ad allenarsi da solo contro nemici invisibili, risultando imbarazzante non appena entra in scena Richelieu che lo becca in flagrante sul fatto, combattimenti sui tetti di Notre Dame come se fossimo in un film di Mission Impossible e Logan Lerman fosse Tom Cruise invece che il moschettiere D’Artagnan; e queste sono solo le cose peggiori che in questo momento mi sono venute in mente, perché se continuassi riempirei almeno dieci pagine di errori e scelte assurde. E tutto questo avviene in una scenografia fin troppo pulita, per essere una Parigi del 1600; anche quando la sporcizia appare, è solo per poche immagini, e poi i protagonisti diventano di nuovo candidi e puliti, come se avessero una doccia a portata di mano. In confronto, la scena costruita per la pellicola del 2023 è sporca, sudicia e riesce a farti sentire il puzzo in cui nuotano i personaggi.

Le uniche cose che si salvano (e prendete con le pinze il verbo in questione) della pellicola del 2011 sono la fotografia e la musica, che ho apprezzato più per la loro componente tecnica che artistica.
Da notare, comunque, che entrambi i film fanno in modo di far diventare Constance, la donna amata da D’Artagnan, single: nel libro, infatti, la donna è sposata.
In conclusione, se doveste scegliere il film per approcciarvi all’opera di Dumas, andate a vedervi “I tre moschettieri – D’Artagnan” e ignorate completamente la pellicola del 2011; a meno che non vogliate vederla per amor del giudizio imparziale e della settima arte. E se lo fate, vi auguro una buona visione e non perdetevi la seconda parte del film francese, che potrete trovare nei cinema: “I tre moschettieri – Milady”.


Noi dove andremo a vedere la seconda parte di questa dilogia? Naturalmente nel nostro cinema del cuore ❤️, IL REPOSI DI TORINO IN VIA XX SETTEMBRE 15: ANDATECI ANCHE VOI!!!


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