DI ALBERTO GROMETTO
Qualcuno una volta ha detto: «Sembra che i libri gialli siano molto distensivi, anche se non ho capito bene come si fa a trovare distensivo un libro che parla di delitti e di assassini in agguato». Quel qualcuno era Giorgio De Chirico, tra i più celebri e noti pittori e scultori italiani mai esistiti. E aveva ragione da vendere. Ma come mai le cose stanno così?

Beh, tutte le Storie, che sia Letteratura o Cinema oppure Serialità, si sa, sono fatte per farci vivere un che… che nel mondo reale non potrebbe essere vissuto. Una Storia serve proprio a racchiudere un’intensità vera, lavorarla, renderla vivibile e poi gettarcela addosso senza che nessuno muoia. Almeno: senza che nessuno muoia nel mondo reale. Questo ci trasmette una qual certa sicurezza, oltre che un innato e talvolta inspiegabilmente perverso senso di potere: puoi stare in mezzo a gente che si pesta o saltare dai palazzi o esplodere dentro un sottomarino… senza che nessuna di queste cose ti succeda veramente, ma semplicemente tenendo in mano un libro o vedendo un film. E poi, quando si tratta di omicidi, andiamo pazzi: la cosa ci manda letteralmente in brodo di giuggiole! Quando qualcuno viene ammazzato, ne siamo tutti immediatamente eccitati, che sia a sorpresa o meno. E tutto questo, forse, nel caso del GIALLO, risulta ancora più incredibilmente rilassante. Perché, a differenza di altri tipi di storie, nel caso del Giallo sai benissimo che qualcuno muore e che qualcun altro ha ammazzato. Nessuna sorpresa straordinaria, in tal senso. Il bello del Giallo sta nell’assumere connotati interessanti pur parlando sempre di un caso di omicidio da risolvere e al termine del quale viene scovato l’omicida.
Certo è che però vi sono dei Gialli che hanno stravolto e sconvolto le regole e le leggi che governano questo tipo di letteratura/cinema/storie. Oggi qui noi parleremo di due film (uno sarebbe il seguito dell’altro) che, in favore di un’innovazione rivoluzionaria dei classici stilemi, si propongono la sfida di scardinare l’arci-noto Giallo ribaltandolo in maniera fresca, nuova ed originale. Prima abbiamo usato il condizionale: uno SAREBBE il seguito dell’altro. E in effetti la seconda pellicola non ha nulla in comune con quella che l’ha preceduta, se non il personaggio del detective, lo stile e l’intento sopracitato. La Regia e lo Script sono infatti dello stesso padre: il brillante Rian Johnson, che per entrambi i lavori si è portato a casa una candidatura al Premio Oscar come Miglior Sceneggiatura Originale, rispettivamente nel 2020 e nel 2023. Stiamo parlando di: «Knives Out» (2019) e «Glass Onion: A Knives Out Mystery» (2022).

Prima di procedere col nostro personale confronto, ritengo necessario rispondere alla seguente domanda: almeno uno dei due film raggiunge il suo intento, e cioè spiazzare il Giallo e con esso i Giallisti tutti? Ebbene: secondo noi, riescono entrambi egregiamente in questo ambizioso e intrigante risultato!
Il primo capitolo si basa sulla trovata geniale di farci (VERAMENTE O APPARENTEMENTE???) conoscere ad un terzo dall’inizio il nome del colpevole… il che è assurdo, considerando che in linea teorica sarebbe quello l’obbiettivo finale di ogni Giallo.
Il seguito, invece, fa il contrario: e cioè ci rende edotti su chi sia la vittima… e che c’è stato un delitto… quando siamo a due terzi di film. GENIALE!!!
In entrambi i casi è forte l’impronta dello sguardo autoriale, la sua eccentricità formale e contenutistica, la sua stravaganza da un punto di vista registico, di messinscena e per quanto riguarda costumi, scenografie, fotografia, personaggi, colpi di scena, espedienti narrativi, astuzie dialogiche… e quant’altro. Lo stile è decisamente lo stesso: può piacere come no. Al sottoscritto piace molto.
Il primo film gioca, gioca tanto, gioca alla grande, dimostrando un notevole ingegno creativo veramente stimolante e lodevole. In mezzo vi è una famiglia molto ricca nella quale serpeggiano odio e rancori personali, l’omicidio del patriarca, la ricerca dell’assassino, le indagini, una casa e dei personaggi che richiamano volutamente il noto gioco da tavola Cluedo… insomma, tutti i classicissimi cliché di un Giallo ma con tanti di quegli innovativi colpi di scena e scelte sovversive che sconvolgono quella che dovrebbe normalmente essere la struttura di un Giallo. Basti solo pensare al detective Benoît Blanc interpretato da un magistrale Daniel Craig: un simpatico pagliaccio (e forse pure molto scarso come investigatore?), che non è senz’altro il protagonista di questa pellicola. Oppure il fatto ancor più eclatante è che ad un certo punto del film il mistero è già bello che risolto per noi, sappiamo già ogni cosa (forse?) e, nonostante questo, rimaniamo incollati allo schermo.

In numerosi commenti viene sottolineata la critica sociale che questa pellicola porta avanti: i ricchi, anche quando trattano bene la giovane protagonista, infermiera del vecchio patriarca, in realtà non la vedono mai come come un essere umano loro pari, ma come una persona che dovrebbe essere a loro grata a prescindere. Ma al di là di questo, è necessario sottolineare come il fulcro narrativo e la forza di questo KNIVES OUT siano ancorati strettamente al tema VERITÀ/INGANNO. La scintillante protagonista portata in vita da Ana De Armas, attrice eccezionale, è incapace di mentire. Ed è proprio il suo esserne incapace a renderla diversa da qualsiasi altro personaggio di questo e qualsiasi Giallo possibile. Oltre a lei e a Craig, complimenti sonanti a tutto il resto del cast assolutamente in parte, a dir poco perfetto, diciamolo pure: STREPITOSO!
Anche il seguito, questo GLASS ONION, e cioè CIPOLLA DI VETRO, è effettivamente geniale, al netto di alcuni difetti. Oltre che per tutte le ragioni sopraelencate per cui meriterebbe di essere visto, questo film va celebrato per un motivo molto preciso che va evidenziato da subito: un monumentale EDWARD NORTON! Eccezion fatta per Benoît Blanc/Daniel Craig, troviamo altri personaggi, un altro caso e un’altra storia. Lo stile però è quello e la voglia di sovvertire il Giallo è la stessa. Il cast di questo secondo capitolo è perfettamente indovinato come è stato per il precedente, ma parte essenziale della grandezza di tal pellicola risiede in quel GENIO BRILLANTE D’ATTORE che è Norton. Scuotiamo la testa con indicibile sdegno all’idea vergognosa che non abbia ancora mai vinto un Premio Oscar nella sua onoratissima carriera! Il personaggio del nostro amico Edward, alias Miles Bron, è l’anima del caso al centro di questa nuova indagine e, sia per come è stato interpretato sia per come è stato scritto, domina incontrastato. Anche qui v’è la critica sociale, quella secondo la quale la società spesso si lascia sedurre da pittoresche figure ambigue sbucate dal nulla e che, pur non avendo particolari doti, hanno però il talento di saper incantare e ammaliare dalla loro… e tutto è magnifico… fino a quando non ne diventi dipendente e non ti ritrovi in una posizione per la quale non puoi più farne a meno, di tali personaggi.

Ma ancora una volta è sempre la relazione VERITÀ-FINZIONE al centro di tutto, e una nuova brillante riflessione emerge dalla vicenda raccontata. «Glass Onion: A Knives Out Mistery» mette in piedi un caso complesso, complicato e contorto che in realtà è veramente e assurdamente semplice: la soluzione più ovvia, scontata e banale… è quella giusta! Per questo siamo in presenza di una cipolla di vetro: la cipolla ha tantissimi strati… ma se è di vetro, vedi subito con facilità quello che vi si nasconde all’interno. Ecco, questo acuto ragionamento sagace m’ha profondamente colpito e lasciato intellettualmente sbacalito!!!
Trattasi dunque di due pellicole che meritano entrambe un giudizio più che positivo, quasi entusiasta mi azzarderei a dire, date le molteplici chiavi di lettura tematiche che esse ci offrono. La Grande Sfida, per me, tuttavia, la vince indiscutibilmente il primo «Knives Out». Lui rimane il migliore. Rimane il migliore perché è venuto prima. Rimane il migliore perché è stato il primo a ribaltare e rivoluzionare il Giallo. Rimane il migliore perché le sue eccentricità sono maggiormente contenute e dosate rispetto al suo seguito che, pur rimanendo fortemente autoriale e originale e preservando lo stesso intento di scardinare il genere giallo, in fatto di forzature squilibrate e spettacolarizzazioni esagerate supera (almeno un po’) il limite.
Di fatto il maggior difetto di questa cipolla di vetro risiede nella sua barocca eccessività, sebbene la sceneggiatura, proprio come nel caso del suo illustrissimo precedessore, resta scritta da una mano autoriale che merita reverenza, seppur però ipertrofizzata da un budget smisurato e da questa voglia di esagerare più di quanto fatto nel primo capitolo. I continui colpi di scena non sono fini a sé stessi, certe scelte narrative invece sì. Rimane comunque da applausi la sempre eccezionale performance di Craig, che riesce perfettamente a incarnare questo ispettore a metà tra il buffone e il brillante, questa figura dell’osservatore scanzonato e auto-ironico di un mondo stravagante che vive oltre i suoi stessi limiti, mondo da lui dissezionato con uno sdegno raffinato.
Quale che sia il migliore tra i due, questo vi posso dire io. In mezzo ai tanti film che circolano oggigiorno, a tanto cinema che… oggi come non mai… risulta ripetitivo, banale e brutto, pellicole come le due appena analizzate sono immensamente apprezzabili e fortemente incoraggiate da «Mercuzio And Friends», per la loro voglia spasmodica di essere originali e nuovi e diversi.
Che la volontà di osare e tentare non ci abbandoni mai!!!


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