DI GIOSUE’ TEDESCHI
Un signore, un adulto, ci racconta di quando è stato bullizzato da bambino. La cosa strana è che quel pomeriggio di bullismo di cui ci racconta finisce con la sua morte.
“Un grande cigno bianco venne visto volteggiare sopra il villaggio”.
“Mio tesoro, mio adorato bambino, che cosa ti è successo?”.
Questi corti da 17m sono perfetti per essere capiti. Sono perfetti perché 17 minuti ci stanno tutti nell’attenzione. Riesci a pensarli tutti insieme senza bisogno di rivederli e senza timore di perderti i pezzi. In 17m non hai tempo per includere dettagli inutili. Così alla fine resti solo con la storia pura e nient’altro.
Questa storia è la più strana delle quattro. Appuntita come il paletto nel petto di un vampiro e allo stesso tempo candida. Il protagonista parla di sé ma è estraneo a sé stesso per tutta la narrazione. Mentre viveva i fatti era già distaccato da qualunque cosa potesse accadergli e lo è anche mentre li rivive per noi. Perché? Sapeva qualcosa che non ci ha voluto dire? Quale bambino, al principio della vita, riesce ad esserne così distaccato, quasi disinteressato? Non della vita in generale, si badi bene, non a caso quando lo incontriamo per la prima volta sta osservando un uccellino su un albero. La vita gli piace, anche quella che molti altri valuterebbero come noiosa.

L’incidente scatenante è quello con cui si apre la storia: il regalo di una carabina. Perché regalare una carabina a un giovincello? Cosa speri ci faccia tuo figlio con quel potere per le mani? Perché dare a tuo figlio, giovane, indisciplinato e bizzoso un tale potere sulla vita degli altri? Perché tale potere viene dato a colui che non saprà usarlo che per il male? Perché è l’unico che lo userebbe, probabilmente. Perché un bambino, per assurdo diciamolo coscienzioso, giusto, buono in ogni aspetto, non lo userebbe mai un potere del genere. Se anche l’avesse, non farebbe storia da nessuna parte.
In questo corto più che negli altri Wes Anderson prova a dirci qualcosa in più con la sua regia. In particolare ho trovato interessante che i personaggi veri e propri interagiscano spesso con “gli aiutanti” di scena. Perché? Sembra così naturale quando lo si vede per la prima volta, o magari non ci si fa caso nell’insieme delle novità e degli elementi inusuali che vengono introdotti come caratterizzanti in questa serie di corti. Eppure non è normale per niente. Perché vediamo sullo schermo gli aiutanti? Perché li vediamo con la giubba blu, la maglietta bianca, portare gli oggetti di scena ai personaggi? Neanche nel teatro succede qualcosa di simile. Perché qui sì? Perché Anderson ha deciso di darci tutta questa visuale dei retroscena? Al momento in cui scrivo non so ancora dare una risposta. Magari non dovrei pensarci troppo e dire semplicemente “be’, lo fa perché aveva senso“. Forse non avrei torto. Forse semplicemente ha senso e fa ridere vedere il facchino che porta gli strumenti di scena a coloro che li utilizzano. Vederli indossare i nuovi indumenti senza tagli. Vedere la collaborazione e la perfetta interazione tra tutti i piani del set mentre prosegue il bizzarro piano sequenza della vita e nel sincronismo dell’esistenza vanno definendosi gli eventi più crudeli, i soprusi più ingiustificati.
Magari stava cercando di dire qualcosa anche lui, magari aveva semplicemente senso farlo così.
Se ti interessa Wes Anderson e il suo stile, leggiti questo articolo!!!
Qualora invece ti intrigasse Roald Dahl, ti suggeriamo questo pezzo!!!