Easter Egg, Capitolo 9 – Paura

DI ANDREA RAPELLI

Il mese di Halloween è sempre stato ricco di videogiochi appartenenti al genere horror. Ottobre 2025 non fa eccezione: lo dimostrano le uscite di Little Nightmares III e l’aggiunta di Alan Wake II sul Playstation Plus Essential. Ma quali caratteristiche differenziano questo genere di videogiochi rispetto agli altri media? Scopriamole insieme.

(Resident Evil HD Remaster)

Telecamera fissa e Gestione dell’inventario – Invece di seguire liberamente il giocatore, la telecamera resta ancorata a una prospettiva fissa, spesso dall’alto o da un angolo particolare. Questo non è solo un limite tecnico dei primi anni ’90, ma diventa uno strumento narrativo e di tensione. Nei primi capitoli della serie survival horror Resident Evil le telecamere statiche creano suspense perché non permettono di vedere cosa ci sia dietro l’angolo o fuori dall’inquadratura; entrare in una nuova stanza significa esporsi a un pericolo invisibile. Un altro tratto distintivo della serie è la gestione delle risorse dell’inventario. La paura non nasce solo da ciò che non si vede, ma dall’ansia di non avere abbastanza munizioni o oggetti curativi per affrontare gli zombie infettati dal virus T. L’inventario limitato costringe a scelte strategiche: portare con sé più proiettili e armi, più cure, o una chiave per accedere a nuove aree?

(Amnesia: The Dark Descent)

Stato mentale e Illuminazione – Lo stato mentale variabile permette di simulare il pericolo non solo fisico, ma anche psicologico del protagonista tramite allucinazioni ed effetti sonori disturbanti. In Amnesia: The Dark Descent (2010) il giocatore veste i panni di Daniel, un giovane che si risveglia nel buio delle sale del Castello di Brennenburg, in Prussia, nel 1839, senza quasi alcuna memoria di chi sia. La perdita di “sanity” aumenta se il giocatore resta troppo a lungo al buio o nelle vicinanze dei terrificanti nemici che lo braccano. La luce non è più soltanto un effetto estetico, ma un elemento di gameplay da gestire con parsimonia: accendere la lanterna o una candela riduce l’oscurità, ma consuma risorse preziose e aumenta il rischio di essere individuati.

(Outlast)

Impossibilità di difendersi e Visuale in prima persona – Quando al giocatore viene negata ogni possibilità di combattere, gli restano soltanto due opzioni: fuggire o nascondersi. Outlast (2013) ne è l’esempio più emblematico: nei panni di un giornalista deciso a indagare sulle atrocità commesse in un ospedale psichiatrico, il giocatore si trova intrappolato con pazienti pericolosi senza alcun mezzo per difendersi. La scelta della visuale in prima persona aumenta l’immedesimazione, restringendo la percezione a ciò che il protagonista vede (o, nel buio, a ciò che illumina la sua videocamera a infrarossi). In alcuni giochi, la realtà virtuale porta l’horror a un livello ulteriore: il corpo del giocatore diventa lo strumento principale della paura, per una spaventosa esperienza a 360 gradi.

(Until Dawn)

Scelte multiple e Quick time events (QTE) – Quando ogni decisione può avere conseguenze imprevedibili sulla sopravvivenza dei personaggi, il giocatore non sa mai se una sua azione stia per condannarne uno. Until Dawn (2015) si basa sull’idea dell’effetto farfalla: il giocatore controlla a rotazione un gruppo di otto ragazzi in un classico scenario da slasher movie (una baita isolata in montagna) e deve cercare di farli sopravvivere fino all’alba. Ad aumentare la tensione ci pensano i QTE (eventi brevi in cui è necessario premere uno o più pulsanti con il giusto tempismo). In Until Dawn i QTE sono spesso punitivi: sbagliarne uno può portare alla morte istantanea di un personaggio, senza possibilità di tornare indietro. Questa meccanica costringe a restare concentrati anche dopo un jumpscare o durante un inseguimento. La ciliegina sulla torta sono i momenti definiti “Don’t Move”, in cui bisogna tenere il controller immobile: un sistema geniale che sfrutta il corpo del giocatore come parte dell’esperienza.

(Alien: Isolation)

IA imprevedibile e Stealth silenzioso – Quando il comportamento dei nemici si fa più complesso, la paura cresce. In Alien: Isolation lo Xenomorfo si comporta con pattern imprevedibili ed è capace di inseguire, restare in agguato e scovare il giocatore nascosto; non c’è un luogo sicuro sulla stazione spaziale Sevastopol e si può essere uccisi in qualsiasi momento. Come se non bastasse, i nemici sono in grado di percepire i rumori e il suono del rilevatore di movimento, necessario a individuare la loro posizione, costringendo la giovane Amanda Ripley (protagonista della storia) a spostarsi con cautela per non farsi notare, mentre cerca informazioni su sua madre Ellen.

In conclusione, l’horror videoludico si distingue per la sua natura immersiva e personale; non si limita a raccontare una storia di paura, ma la fa vivere al giocatore attraverso l’interazione con lo spazio, il tempo e le meccaniche di gioco. In questo modo, il genere costruisce un percorso che unisce tensione psicologica e lotta per la sopravvivenza, dando vita a un’esperienza unica, difficilmente riproducibile in altri media.

Per la gioia dei più deboli di cuore, chiudiamo qui questo nono capitolo di Easter Egg. Ci vediamo il prossimo mese!

(Alan Wake II)

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