NOVECENTO di Alessandro Baricco

DI SARA NOEMI SCATOLA

Mi hanno regalato questo libriccino della lunghezza di circa 50 pagine (nell’edizione della Feltrinelli) in occasione del mio ventunesimo compleanno. A essere sincera, io di mia iniziativa non l’avrei mai comprato. Il titolo, Novecento, mi faceva pensare a storie ed eventi del secolo novecentesco da cui non mi sentivo particolarmente attratta. Il fatto che sotto il titolo ci fosse scritto “monologo” mi intrigava poco. La trama sul retro del libro non mi sembrava nulla di speciale. Solo l’autore mi ispirava fiducia. Non avevo ancora letto nulla di Baricco, pertanto questa storia avrebbe marcato la mia prima conoscenza dell’autore. 

Il libro si presenta con una copertina dal colore che definirei petrolio chiaro. Il nome dell’autore in petrolio scuro e il titolo bianco di uguale grandezza occupano lo spazio in alto della copertina. Nel complesso la trovo un’estetica armonica, dai colori che richiamano l’immagine di una barca di metallo che scorre sull’acqua vertiginosa, sempre incerta e poliedrica nell’accompagnare i viaggiatori.

Il libro si apre così:

Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa…e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire…Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi…Eppure c’era sempre uno, uno solo, uno che per primo…la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte…magari era lì che si aggiustava i pantaloni…alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare…e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov’era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l’America.

Se avete presente la storia della Regina delle Nevi di Hans Christian Andersen, saprete che l’inizio del racconto narra di uno specchio, creato da un troll malvagio, in grado di deformare tutto ciò che si rispecchi in esso, di trasformare il bello in brutto, e il brutto in qualcosa di ancora più spregevole. Chiunque si veda nello specchio, sarà annebbiato dal suo potere e non sarà più in grado di vedere il bello nella vita. Un giorno, questo specchio cade e si frantuma, e le sue schegge si spargono per il mondo. Una di queste schegge va a insinuarsi nell’occhio di Kay, il giovane protagonista della storia, il quale  rimane vittima dei poteri dello specchio.

(Hans Christian Andersen)

Tramite questo excursus, la mia intenzione non è assolutamente quella di lasciar intendere che il monologo di Baricco sia stato per me causa di una visione negativa del mondo, anzi, tutto il contrario. Ho voluto evocare l’immagine di una scheggia che entra negli occhi perché è l’immagine migliore per descrivere quello che mi ha suscitato la lettura di Novecento di Alessandro Baricco. 

Novecento è stata per me una scheggia di meraviglia negli occhi che mi ha velato la vista di incanto e mi ha stregato come solo le storie migliori sanno fare. E come quando per Cenerentola la magia si è esaurita allo scoccare della mezzanotte ed è rimasta sola con il ricordo del magnifico sogno che aveva vissuto, così per me, giunta alla fine di Novecento, quel velo di incanto non ha smesso di aleggiare sui miei occhi nei giorni successivi, e quello che mi era rimasto era una sorta di nostalgia per quel che era stato e che si era concluso giungendo inevitabilmente alla fine della lettura. 

Quello che è davvero vincente di Novecento non è tanto la trama in sé quanto il modo in cui il monologo è scritto. Tante piccole combinazioni di parole contribuiscono a rendere Novecento una grande storia. Se fosse scritto in modo diverso non avrebbe lo stesso impatto sul lettore. Per riprendere l’espressione utilizzata dal nostro Augustissimo Direttore Alberto Grometto nel suo articolo su The Suicide Squad, Novecento è un cazzo di capolavoro. E sono sicura che tutte le parole che posso spendere per raccontarvi di questo monologo non si avvicineranno mai all’esperienza che vivrete durante la lettura (naturalmente, se sceglierete di leggerlo, o di ascoltarlo, in quanto su RaiPlay è disponibile il monologo recitato da Baricco in persona, ma credo che leggerlo sia un’esperienza impareggiabile e totalmente diversa).

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