DI CECILIA ALFIER
Anno: 2024
Regia: Coralie Fargeat (quando gli americani aiutano i francesi in un film cosa potrebbe andare storto?)
Genere: quello che non rivedrò mai più in vita, perché mi devo fermare ogni quarto d’ora per non vomitare. Alias body horror.
NB: dovete vederlo, non solo per cultura, ma perché altrimenti non capirete niente del mio commento.

Elisabeth – Demi Moore potrebbe ritirarsi da Hollywood e vivere immersa nei soldi, invecchiando con un compagno di classe che la adora. Invece no, decide che deve continuare a condurre per sempre un programma di pilates di serie z, circondata da uomini che non sanno mangiare i crostacei (crostacei migliori attori protagonisti) e non si lavano le mani quando dovrebbero. Quindi, per non andare in pensione con quota 50, Demi Moore, la quale ironicamente si fa soffiare l’Oscar da una crostacea più giovane, decide di comprare un farmaco a base di uova, con effetti collaterali simpatici.
La protagonista genera Sue, abbreviazione di Sue-pponente, una sua versione alternativa e più giovane. Le due non vanno troppo d’accordo. Che sorpresa. Io non l’avrei mai fatto di assumere The Substance, non tanto perché sia moralmente sbagliato sdoppiarsi o perché Elisabeth – quando esagera con le ali di pollo – rovina la cute di Sue con cellulite aliena, ma perché l’utilizzo della sostanza richiede la costruzione in autonomia di un kit medico complesso e io sclero anche solo ad aprire la confezione del Vivincì.
A proposito della cellulite aliena, Demi a un certo punto decide di vendicarsi di Sue, sparandosi un intero menù francese, tra l’altro cucinato da lei. Altro che pilates, puoi riciclarti a MasterChef Celebrity. Avrei voluto sinceramente vedere le conseguenze sul corpo di Sue, invece la ritroviamo perfetta nella scena dopo. Il che è strano per un body horror che non è molto gentile con lo spettatore medio, come lo sono io. Ho dovuto stopparlo spesso per eccesso di viscere fuoriuscite e uova sprecate, col risultato che la durata per me è passata da due ore e venti a quattro ore.

Per fortuna, il film mi ha risparmiato la scena di Frank che aspetta Demi Moore al ristorante che avrebbe dovuto ospitare il loro primo appuntamento. Invece, lei decide a caso di dargli buca per diventare joker nella scena dello specchio, che è diventata simbolo del film. Tremenda, ma io pensavo a Frank. Nei film sopporto tutto, budella, sangue, gente che non si lava le mani al bagno, ma attese al ristorante non ce la faccio a guardarle, nemmeno spezzettate. Dove il love interest, che è l’amore della tua vita, non si ricorda e/o non si presenta perché è malato/non vuole rivelarsi/deve combattere gli zombie/deve salvare il pianeta/ha promesso alla nonna di mangiare le sue polpette oppure è morto, ma solo in quella linea temporale (vero, Keanu Reeves in The Lake House? Mannaggia a te!). Le scuse sono le più disparate e io non ne sopporto nessuna.
Quanto avrei adorato, se i due si fossero riconciliati alla fine: Frank l’avrebbe baciata, quando ormai Elisabeth era Frankenstein donna, la mostra di Frankenstein. Nomen omen. Continuo a pensare che il film sarebbe andato diversamente, se Frank avesse visto American Psycho e avesse appreso l’importanza del biglietto da visita. Invece dà a lei il suo numero su un fogliettino da schifo che cade nel fango, nella scena più disgustosa del film.
Chiaro che questa preferisca sdoppiarsi che uscire con te.
E RICORDATI TU SEI UNA, MA RICORDATI ANCHE SEI UNO ZERO.
Per ora è tutto, dalla vostra Gagliarda


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