DI DAVIDE PISTARINO
Con questo articolo inauguriamo la rubrica “Il cinema da salvare”, dove verranno recensiti alcuni film meno noti al grande pubblico, ma non per questo meno importanti nella storia del cinema.

In questa rubrica verranno attentamente analizzati i film selezionati e spiegato poi il motivo per cui sono considerati da salvare.
Partiamo da “Cinque pezzi facili”, una pellicola del 1970 diretta da Bob Rafelson che vede come protagonisti il grande Jack Nicholson e Karen Black.
Nicholson e la Black interpretano Bobby e Rayette, una giovane coppia non ben assortita. Bobby è cresciuto in una famiglia borghese, altolocata, ma è un mondo dal quale sente il bisogno di distaccarsi. Venuto a sapere che suo padre è seriamente malato, Bobby torna in famiglia dove è costretto a confrontarsi con i dilemmi irrisolti della sua vita.
Quando pensiamo ai lungometraggi della Nuova Hollywood ci vengono subito in mente film come “Taxi Driver” o “Gangster Story” che tutti noi abbiamo sentito nominare almeno una volta nella nostra vita di spettatori. Anche “Cinque pezzi facili” è un film che esce nel periodo della “Nuova Hollywood”, ma di certo non è una delle pellicole più popolari di quei tempi, anche se ha in sé tratti coerenti con le tematiche dell’epoca, come ad esempio la critica della famiglia tradizionale.
Sia Jack Nicholson che Karen Black l’anno precedente avevano recitato in “Easy Rider” di Dennis Hopper, uno dei film iniziali della “New Hollywood”.

“Cinque pezzi facili” possiede la straordinaria capacità di saper rappresentare la disillusione di una generazione che si era convinta di poter rompere alcuni paradigmi esistenziali tradizionali per poi ritrovarsi, un decennio dopo, allineata con la società consumistica che tanto criticava.
Il protagonista interpretato da Jack Nicholson è la perfetta incarnazione della persona inquieta e irrisolta. Un giovane uomo che ha abbandonato il nucleo familiare e una carriera da pianista per condurre una vita che alla fine non lo soddisfa e ritrovarsi poi smarrito dentro sé stesso.
Il titolo del film si riferisce a un libro di lezioni di piano per principianti. Bob Rafelson ha deciso di usare questo titolo come una metafora della crescita personale del protagonista che si rivela tutt’altro che semplice.
Allora perché, infine, “Cinque pezzi facili” è un film che va salvato? Lo dobbiamo salvare perché è quel film che ha fatto parte di un periodo storico del cinema americano ma che in pochi conoscono o citano quando si parla della leggendaria “New Hollywood” ed è un unico condensato di tematiche tipiche degli anni 60/70, che ricostruiscono alla perfezione un’epoca che tuttora influenza il nostro presente.
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