Mare Fuori – st. 1-2

DI GIOSUE’ TEDESCHI

A lavà a cap ao ciucc se pird acq e sapon. 

Finalmente sono arrivato anche io alla fine di Mare Fuori

Dopo l’hype e dopo la banda ma ho finito di guardarlo e adesso posso condividere con voi la mia tutt’altro che autorevole opinione in materia di serie italiane girate al sud. Come qualcuno che ci ha passato un po’ di tempo, al sud, non posso né smentire né confermare alcuno degli stereotipi o delle situazioni mostrate nella serie; spero che nessuno si faccia problemi a riguardo. 

Penso, restando sul generale e generico, che questa serie abbia trovato un buon equilibrio nella narrazione tra la verità di come stanno le cose e l’adattamento allo schermo. Non puoi certo far vedere tutte le cose come stanno davvero, però sembra che chi ha fatto la serie si sia informato un po’ prima di scriverla e sia riuscito di conseguenza a non snaturare dialoghi, situazioni e luoghi in quel modo che rende il tutto imbarazzante da guardare. 

La cosa più bella della prima stagione è l’episodio finale. 

Non è per modo di dire, come “la cosa più bella di Milano è il treno per Torino” (che pure è vero); ma semplicemente perché il montaggio della rivolta in carcere di quell’episodio è fatto veramente bene. Magistralmente composto, sembra di tutt’altro livello rispetto agli episodi prima. 

Questo mi porta alla prima osservazione su questa serie: è un diesel

Nel senso che pure se ci mette un po’ a partire poi quando parte è bella veramente. Mi dà l’impressione che chi ci ha lavorato sia migliorato pure lui mentre giravano. E’ inevitabile pensare questo perché la serie migliora in tutti gli aspetti episodio dopo episodio. 

Certo è da dire che se hanno avuto la possibilità di fare quel montaggio finale è perché c’è stato un attento e sottile lavoro di world building dietro. Raccontare l’ambiente e far capire la mentalità del posto. Sistemare sia i personaggi, che la scena, che la backstory di ognuno è stato un lavoro lungo che ha richiesto molta cura. E ci piace il risultato. 

Una serie così senza approfondire le storie dei personaggi prima del carcere non sarebbe nulla. Quindi meno male davvero che su quelle ci hanno speso tempo. Sono fatte proprio bene, e sono una parte importante del successo che ha avuto. 

L’Oscar va ovviamente alle tracce audio, le musiche sono davvero belle. Sia musicali, che fa piacere ascoltarle anche se non conosci l’italiano, sia belle per i significati e adatte alla serie, al contesto. L’idea narrativa è che siano state scritte da un ragazzo lì nel carcere, e ci si può credere senza passare per imbecilli. 

Non per nulla girano per le discoteche e giocano il ruolo di gadget della serie, che permette di dimostrare che l’hai vista e apprezzata anche senza parlarne. Ivan Silvestrini, il regista, ha comunicato: “_54 milioni di visualizzazioni e quasi 23 milioni di ore di fruizione_“.

Sono convinto che di questi milioni di persone che l’hanno guardata almeno un 20% abbia ascoltato prima le canzoni e poi abbia guardato la serie perché le canzoni erano belle. 

Notiamo anche come ogni personaggio abbia un suo opposto o comunque qualcuno che lo va a completare, appaiare. Non per forza completare in senso romantico, ma anche in senso narrativo. Tutti, o quasi, trovano in un’altra persona quell’esperienza che gli serve per crescere. Alcuni esempi sono Gemma e Cardio, Edoardo e Teresa, Filippo e Naditza, Viola e Ciro

Ho avuto grandi difficoltà ad imparare i nomi, ma le ho sempre. Infatti mi sono preso la libertà di googlarne alcuni mentre scrivo questo articolo. Penso però che sia, almeno questa volta, anche perché la situazione dei personaggi per me risultava così più grande del loro nome che mi sembrava una informazione secondaria e quasi superflua. Tanto quello che conta sono le ‘ngiurie e i soprannomi. I nomi veri loro stessi li usano raramente. 

Bello come qualunque, letteralmente qualunque cosa diventi un rituale per capire da che parte stai, per capire se hai capito chi comanda, chi c’ha il potere, qual è il tuo posto, per umiliarti. Non lo so se è così pure nella realtà ma letteralmente qualunque cosa diventa un rituale. Tanto di cappello per la fantasia e l’arguzia necessarie a cogliere ogni occasione. 

Cosa si fa in cella di isolamento? 

Si sogna Filí, approfittane che è na bella cosa.

E’ sorprendente pensare a quante situazioni di disagio o veramente drammatiche ci siano nel mondo in ogni momento. E’ sorprendente pensare a quante forme possa assumere il disagio. In quanti modi le relazioni tra le persone possono andare male. Per sfruttamento, per soldi, per relazioni di potere, per quello che è. E’ sorprendente vedere un matrimonio e un funerale così vicini tra loro. Questa serie ha veramente di tutto, e nelle prime due stagioni fa veramente l’en plein di argomenti e situazioni. Non su tutti offre una prospettiva nuova ma fa un’ottimo lavoro a parlarne in modo reale. 

Ho avuto l’impressione che in alcuni punti abbiano comunque scelto la strada facile e fatto andare avanti la storia con le vendette. E’ troppo facile metterci un po’ di odio in mezzo e far andare la storia così. Sicuramente le vendette sono una parte importante, l’odio non si dimentica, e nella serie ci sono anche altre motivazioni che non l’odio. Dico solo che a volte, alcune scelte di trama, mi sembrano troppo basate su dinamiche di odio che non ritengo possibili nel mondo reale. Ma magari sono io che sono troppo pacifista. 

Certo è che è difficile portare avanti tutti i fili di tutte le storie insieme. Nonostante siano episodi da un’ora non tutte le varie sottotrame vanno avanti in ogni episodio. Questa immagino sia stata una grande difficoltà nella scrittura della serie, una che hanno saputo affrontare bene. Mi riferisco appunto alla moltiplicazione delle storie. Quando hai così tanti personaggi e per ognuno ti metti a scrivere la storia del suo passato, e per giunta prometti anche allo spettatore che gliela farai conoscere… beh, diciamo solo che se mi faccio una settimanella all’Elba quando torno non hai ancora finito. 

Viene naturale, quando hai tanti personaggi, farne alcuni più interessanti e altri meno. Eppure Mare Fuori ha trovato un qualche ingrediente segreto per far sì che anche le storie più semplici non siano mai noiose. Qual è questo ingrediente? Non ne sono sicuro, ma penso abbia a che fare con le conseguenze. Lasciare allo spettatore il compimento del viaggio emotivo che parte da ciò che successe e arriva a ciò che succede. In questo modo è sempre interessante vedere i personaggi prima che entrassero in carcere perché ogni storia ti lascia qualcosa. 

Altro tocco di classe il parallelismo tra la musica all’IPM (istituto penitenziario minorile) e a Milano. Mi piace che vadano a cercare questi parallelismi durante la storia. Sono anche bravi a non farli sembrare troppo forzati.

Insieme potevamo superare tutto, non doveva dubitare di me. 

O forse le hai regalato un sogno che è troppo grande. Ci hai mai pensato Chiattì?

Poi c’è l’arco delle scelte sorprendenti

Una volta stabilita la situazione di tutti iniziano a lanciarti contro una serie di colpi di scena senza tregua. Per esempio la decisione di Filippo di rimanere a Napoli quando ottiene il permesso per andare a Milano e quella di Beppe di lasciare Latifah. Il suo più grande errore. Ma non un reato. 

Una serie di scelte di merda. Di personaggi che scelgono di rimanere. Quanto è forte l’attaccamento all’onore. Quanto è forte la presa dell’onore sulle persone che si vantano di essere persone corrette. O forse è la forza dell’abitudine? La paura di cambiare strada? O la paura di perdersi davvero? La paura di lasciare indietro qualcosa che non sarà mai più recuperabile?

Lascia un po’ di amaro in bocca pensare che, se questa serie è fatta così bene, è anche vero che una volta entrati in posti come quello, fare entra ed esci almeno un paio di volte è naturale. Nessuno è immune da questa maledizione. Ovviamente dipende dal contesto, il succo è che è difficile cambiare vita.

Ha inoltre un forte impatto vedere le riprese dall’alto. Avere tutti sti ragazzi che si guardano da un lato all’altro del campetto. Stanno lì seduti, a fare niente, a giocare a pallone, giorno dopo giorno. A covare odio reciproco senza un motivo. Senza una preoccupazione al mondo che non siano quelli di fronte a loro. Contenti e contenuti tra i quattro muri che racchiudono tutta la loro vita. E il resto del mondo? Cosa del resto del mondo? Non ci pensano, non gli interessa. Fuori da quei muri, c’è solo il mare.

*Si narra che quando al Chiattillo è stato chiesto: “Perché sei rimasto a Napoli?” lui abbia risposto “Per la trama”.*

Ma a parte le indiscrezioni non confermate, è bello vedere come ogni personaggio sia spinto da vere motivazioni personali in ogni sua azione. E’ la vita. Mi piace che abbia senso. Specialmente per quanto riguarda gli adulti, e in particolare la guardia corrotta: tutto ciò che fa di buono viene da esperienze della sua vita personale. 

Precisa la narrazione di Filippo, vedere come il Chiattillo all’inizio fosse proprio un pesce fuor d’acqua (pun intended) e andando avanti, seconda stagione, abbia invece iniziato ad acquisire la parlata di Napoli. Molto accurato, dà realtà alle cose. 

Questa serie mostra come spesso non si sia direttamente colpevoli del male che accade alle altre persone. Ma in un certo senso si è responsabili lo stesso, o ci si sente responsabili. O si viene coinvolti contro la propria volontà. E’ potere quello? Il potere di coinvolgere gli altri nei propri piani? Nei propri illeciti? Costringere gli altri a fare il lavoro sporco per te, è potere?

Posso fare pochissime critiche a questa serie che mi ha sorpreso nella realizzazione e nei contenuti. Pensavo fosse la solita commercialata e invece, seppure ritiene elementi per il pubblico di massa, non si dimentica di trasmettere qualcosa di profondo allo spettatore attento. 

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